L’ISTAT ha pubblicato il “Rapporto sul Benessere equo e sostenibile”, giunto quest’anno alla ottava edizione. Tale documento è strutturato secondo un sistema di indicatori, modificato ogni anno, in modo tale da tenere sotto osservazione i fenomeni che hanno modificato la società italiana negli ultimi dieci anni; assumono grande importanza al riguardo, chiaramente, le conseguenze derivanti dall’emergenza sanitaria da Coronavirus nel 2020.
In materia di innovazione, ricerca e creatività, la diffusione dell’ICT tra le famiglie e gli individui è aumentata nel 2020, portando al 69,2% la quota di utenti regolari di Internet, ferma al 43,9% nel 2010. Ancora indietro, purtroppo, le donne (65,8%), i più anziani (44% per la classe di età 65-74; 12,9% per gli ultrasettantacinquenni) e chi vive nel Sud Italia, con uno scarto di 9 punti percentuali rispetto ai residenti nel Centro-nord (72,3%). Nel 2020 un terzo delle famiglie italiane non dispone di computer e accesso a internet da casa. Le differenze si accentuano ancor di più se teniamo in conto il titolo di studio: dal 7,2% delle famiglie in cui almeno un componente è laureato si passa al 68,3% di quelle in cui in cui il titolo più elevato è la licenza media. Non dispongono di connessione a Internet e pc il 12,6% delle famiglie in cui è presente almeno un minore e il 70% delle famiglie composte da soli anziani. Aumenta lo svantaggio delle famiglie del Mezzogiorno: nel 2020 il gap rispetto al Nord è di 10 punti percentuali, 3 in più rispetto al 2010.
Il nodo italiano del “digital divide”
In crescita, ma in misura ancora insufficiente, l’applicazione delle tecnologie digitali alle vendite delle imprese e alla gestione dei servizi comunali alle famiglie. Nel 2020 poco più di un’impresa italiana su dieci vende via web a consumatori finali (11,5%). Non sorprende dunque che l’Italia sia ancora nelle ultime posizioni della graduatoria europea, nonostante la crescita costante e un gap più che dimezzato dal 2013 (da -5 a -2 punti percentuali). Nel 2018, soltanto un Comune italiano su quattro ha dichiarato di offrire interamente online almeno un servizio per le famiglie, risultato incoraggiante se guardiamo il livello riscontrato nel 2012 (9,9%) ma l’offerta resta tendenzialmente circoscritta a un solo servizio (soltanto il 10% dei Comuni ne offre almeno due; appena il 5% almeno tre). Piccole imprese e piccoli Comuni riscontrano notevoli difficoltà nel compiere il salto tecnologico verso la digitalizzazione: la propensione a utilizzare il canale di vendita web è quasi doppia tra le grandi imprese (20,4%) rispetto alle piccole (11,3%) mentre nell’offerta di servizi interamente on line il gap tra i Comuni con almeno 60mila abitanti (77,1%) e quelli fino a 5mila abitanti (16,5%) è di 60 punti percentuali.
Innovazione e competenze digitali
L’Italia, nel 2019, era al di sotto della media europea (68%) per quanto concerne le competenze digitali di base degli occupati nella fascia d’età tra i 25 e i 64 anni (soltanto il 53%). Stesso discorso per gli occupati in professioni scientifico-tecnologiche con formazione universitaria: il divario tra l’Italia (17,6%) e la media Ue28 (23,9%) resta ampio nonostante la crescita costante avvenuta negli ultimi dieci anni nel Paese (13,4% nel 2010). In linea con la media UE, invece, il risultato inerente all’ambito dell’occupazione in settori o professioni culturali (3,6%). Tutti e tre gli indicatori evidenziano lo svantaggio del Mezzogiorno, lo stesso accade per le migrazioni dei giovani laureati italiani (25-39 anni) che, anche nel 2019, fanno registrare una penalizzazione severa (-33,5 per 1.000) per questa area del Paese.
Infine, genera grande ottimismo il settore dell’innovazione: durante il triennio 2016-2018 l’indicatore si attesta al 55,7% (+7 punti percentuali rispetto al triennio precedente), anche con guadagni significativi nel Mezzogiorno (48,1%; +7,9 p.p.) e per l’insieme delle piccole imprese (10-49 addetti) (53,3%; +7,6 p.p.). Non regge tuttavia il passo la crescita degli investimenti in prodotti della proprietà intellettuale e in ricerca e sviluppo (R&S): i primi crescono soltanto dell’1,1% tra il 2018 e il 2019 contro il +13,2% della media europea mentre la spesa per R&S resta sostanzialmente stabile all’1,45% del Pil nel 2019, ben al di sotto della media europea (2,14%) e distante dall’obiettivo dell’1,53% fissato a livello nazionale nell’ambito della strategia “Europa 2020”.
fonte: maggioli editore