Cosa scrivono gli altri (Il Foglio – Non solo Calenda e Gualtieri, Letta alle prese con le amministrative)


  • Il Foglio Quotidiano
  • Marzo 2021
  • Valerio Valentini

Roma. A sentire lui, era chiaro sin dall’inizio che l’operazione era ancora a mezz’aria. “Lo fanno per risolvere i loro problemi interni e per mettere noi con le spalle al muro”, spiega di bon mattino Carlo Calenda ai suoi consiglieri, indossando una volta tanto, lui, i panni di quello che predica la calma. “Ma io non mi lascio impressionare: ormai sono in campo, e vado fino in fondo”. E forse, sulle prime, l’atteggiamento del leader di Azione pareva tradire un eccesso di baldanza. Solo che poi, a metà pomeriggio, davvero nel Pd tutto s’ingarbuglia. Perché Enrico Letta non ha certo nulla da eccepire sulle qualità di Roberto Gualtieri. A offenderlo, semmai, è il modo con cui la candidatura dell’ex ministro dell’Economia è stata annunciata. Con delle indiscrezioni fornite alla stampa, mentre il neo segretario sta ancora prendendo possesso della sua stanza al Nazareno. E insomma la fuga in avanti del Pd romano, desideroso di scansare l’impaccio delle primarie, rischia di mettere proprio Letta in mezzo alla baruffa. E così l’ex premier mette a verbale che no, nulla è stato ancora deciso. “E del resto – precisa una nota – il segretario non ha ancora avuto modo di aprire il dossier delle amministrative”.

Che non sarà certo una partita facile da gestire. Anche perché proprio in vista delle comunali d’autunno, il cambio di strategia annunciato da Letta nel suo discorso d’insediamento verrà messo alla prova. “Ricostruire un campo largo di centrosinistra prima di aprire ai grillini? Vedremo se alle parole seguiranno i fatti”, ci dice Matteo Richetti. “Per ora, il Pd ha una strana concezione di alleanza, per cui loro impongono il nome del candidato sindaco e noi lo appoggiamo”, prosegue il pretoriano di Calenda, tessitore in quell’area di centro che, non solo nella Capitale, può rappresentare uno spauracchio per i dem. A Torino, a esempio, lunedì le delegazioni di Italia viva e di Azione si sono incontrate per abbozzare un documento che prospetta una candidatura al di fuori del perimetro del centrosinistra. Dove, manco a dirlo, nelle scorse settimane s’è provato a mettere in discussione la corsa di quello Stefano Lo Russo che, strenuo oppositore del grillismo sabaudo, veniva visto dalla sinistra del Pd locale come un ostacolo a un apparentamento col M5s nel ballottaggio che verrà. E così prima s’è sondato, invano, l’ex juventino Claudio Marchisio, cercato perfino dai leader torinesi di Leu; poi è toccato alla uscente Chiara Appendino proporre, senza fortuna, un accordo giallorosso sotto la Mole. Ma nel frattempo Matteo Salvini potrebbe aver azzeccato la mossa confermando la volontà di candidare un civico come Paolo Damilano che ben poco ha a che spartire col trucismo leghista, e che ha in passato sostenuto anche esponenti del Pd come Piero Fassino. “E a quel punto perché, se i dem imboccano la via dell’alleanza col M5s, noi dovremmo precluderci altre strade?”, si chiede il calendiano Claudio Lubatti.

E del resto anche a Bologna, di fronte a un candidato dem come Matteo Lepore, che guarda all’asse col M5s, Calenda ha mandato i suoi emissari a parlare con Gian Luca Galletti, l’ex ministro dell’Ambiente di Renzi e Gentiloni, che nel capoluogo emiliano viene visto con favore anche da un pezzo di centrodestra. E l’intesa, tutta da imbastire, prevede che nel caso di uno schiacciamento del Pd sul M5s, Azione e Iv possano convergere proprio su Galletti, sempre che sul suo nome non metta prima il cappello Salvini. A Napoli i centristi pensano invece a una candidatura civica, ma tengono buoni rapporti anche con l’ex sindaco Antonio Bassolino, tentato dall’ennesima sfida. “La stagione disastrosa di De Magistris – ha spiegato Calenda agli attivisti partenopei – la si supera con una coalizione riformista, non certo con il M5s”, che a Napoli potrebbe perfino ottenere la guida della coalizione elettorale con Roberto Fico.

E sta qui, insomma, quella che Matteo Renzi definisce “l’impossibilità di dialogare con tutti”, per cui “Letta dovrà scegliere tra noi e i grillini”. E’ in quest’ottica che il senatore di Scandicci lavora per federare un centro che per ora resta tribolato da liti e personalismi. Fosse per lui, utilizzerebbe il palco della Leopolda di novembre come il proscenio su cui celebrare la pacificazione generale dei vari leader moderati. Che però per ora tentennano, spiegano che l’ombra dell’ex premier resta troppo ingombrante, e mandano avanti i pontieri. Ma le amministrative di ottobre, dove i simboli dei vari partiti potranno anche essere accantonati per dare vita a coalizioni unitarie, potranno essere un buon banco di prova.