di Alessandro Maran
Il presidente conservatore della Corea del Sud Yoon Suk Yeol – coinvolto in una faida con la maggioranza legislativa centrista sul bilancio e sugli scandali – ha dapprima annunciato la legge marziale d’emergenza per proteggere il Paese dalle «forze comuniste», per poi revocarla poche ore dopo: una serata e una notte di caos e follia. Che cosa è successo e che fine farà la democrazia della Corea del Sud?
La saga è stata “piuttosto scioccante per molti coreani”, ha detto alla CNN l’esperta di Corea Ellen Kim del Center for Strategic and International Studies (https://edition.cnn.com/…/martial-law-south-korea-intl). Trattandosi della prima dichiarazione di legge marziale da quando la Corea del Sud è passata alla democrazia negli anni ’80, la misura ha evocato dolorosi ricordi dell’ex dittatura militare del paese, scrive Kathleen Magramo della CNN.
Dell’ordine iniziale di legge marziale, Mitch Shin scrive per The Diplomat: “In un annuncio televisivo, Yoon ha menzionato le forze anti-stato e gli elementi pro-coreani del nord come la ragione principale della sua decisione di dichiarare la legge marziale, ma non ha offerto prove chiare sul perché abbia preso una decisione così drastica. Invece, ha incolpato soprattutto il principale partito di opposizione e lo ha persino accusato di aver rovesciato il governo usando il suo potere nell’Assemblea nazionale. I requisiti per dichiarare la legge marziale non sono stati chiaramente soddisfatti, poiché non c’era alcuna emergenza relativa a un attacco militare o una minaccia alla sicurezza pubblica”. I manifestanti si sono radunati rapidamente e l’Assemblea nazionale ha votato contro la misura. Yoon l’ha revocata circa sei ore dopo la sua imposizione. “Come risultato” di tutto ciò, scrive Shin, “Yoon è ad un passo dalla fine della carriera di presidente”. I legislatori dell’opposizione hanno chiesto le sue dimissioni ed è stata presentata una mozione di impeachment (https://asia.nikkei.com/…/South-Korea-opposition-seeks…).
In generale, gli analisti affermano che negli ultimi anni la democrazia della Corea del Sud è vittima di una politica avvelenata. Mentre l’ex (e futuro) presidente degli Stati Uniti Donald Trump veniva condannato per frode in un tribunale di New York la scorsa primavera, S. Nathan Park del Quincy Institute for Responsible Statecraft con sede a Washington raccontava a Catherine Kim di POLITICO Magazine che proprio la Corea del Sud spiccava come un esempio dei pericoli del perseguire penalmente gli ex leader nazionali. La condanna per corruzione dell’ex presidente sudcoreana Park Geun-hye nel 2018 ha innescato un circolo vizioso di indagini politicizzate, spiegava S. Nathan Park (https://www.politico.com/…/south-korea-president…). Lo stesso Yoon ne è stato parte, scrive Euan Graham per il blog The Strategist dell’Australian Strategic Policy Institute: “Sebbene pochi avrebbero potuto prevedere la mossa impetuosa di Yoon, in Corea del Sud o all’estero, i suoi metodi antidemocratici sono in bella mostra da un po’ di tempo, ricorrendo a tattiche di pressione legale contro i suoi oppositori politici e i loro familiari (…) Ciò è passato in gran parte inosservato a livello internazionale, perché le principali iniziative di politica estera di Yoon – rivitalizzare l’alleanza con gli Stati Uniti e perseguire un riavvicinamento con il Giappone – sono state ampiamente e giustamente accolte con favore da Washington e dai suoi alleati” (https://www.aspistrategist.org.au/south-korean-leaders…/).
“L’aspetto più incoraggiante di questo bizzarro episodio è stato il voto unanime dell’Assemblea nazionale di 190 a 0 per abolire la legge marziale, con 18 membri del partito al governo di Yoon che si sono uniti all’opposizione”, scrive Graham. “Se alla Corea del Sud è stato risparmiato l’incubo e l’imbarazzo di un ritorno al governo militare, lo si deve in buona parte al coraggio dei suoi rappresentanti eletti, che erano sotto minaccia fisica. Le immagini dello staff parlamentare che si barricava all’interno e opponeva resistenza ai soldati armati con estintori hanno catturato in modo toccante il momento in cui la democrazia sudcoreana era letteralmente sotto assedio, sotto la minaccia delle armi. È pura fortuna che non si siano verificate perdite di vite umane, anche se è improbabile che ciò risparmi la vergogna dei militari che hanno preso parte all’assalto all’Assemblea nazionale”.
Sul futuro a breve termine della democrazia sudcoreana The Economist scrive: “Da un lato, se Yoon dovesse davvero fare marcia indietro e venisse sostituito tramite un processo costituzionale, il sistema sudcoreano avrebbe superato un enorme stress test. Ma il fatto che abbia fatto ricorso a una misura così estrema indica un malessere più profondo. La polarizzazione politica si è radicata profondamente, con i campi opposti che si considerano nemici mortali. La cattiva condotta dei leader politici, seguita da aggressive azioni penali nei loro confronti, è fin troppo comune (…) La figuraccia recente potrebbe diventare un’opportunità per il paese di riflettere e riorganizzarsi, oppure potrebbe alimentare ulteriori divisioni e inimicizie” (https://www.economist.com/…/martial-law-in-south-korea…).