AGI – “Oggi denunciare gli uomini violenti somiglia un po’ alla battaglia contro la mafia, per ribellarsi al pizzo ci vuole coraggio ed è su questa spinta al coraggio che bisogna lavorare”. Intervistato dall’AGI in vista del 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, l’attore Massimo Ghini premette di sentirsi amareggiato dal fatto di dovere “ancora oggi, nel 2020 scendere in campo contro la violenza sulle donne, ma purtroppo la situazione è ancora questa, serve un momento di riflessione generale, maschile in particolare, e temo che la Giornata internazionale del 25 novembre da sola non sia sufficiente…”.
Le discussioni in casa, fa notare, fanno parte delle vite familiari: “Ho litigato con mia moglie e con le mie precedenti partner anche in modo acceso, ma senza mai valicare limiti invalicabili – chiarisce l’attore, 66 anni – faccio parte di una generazione in cui i mariti e i padri comandavano la famiglia, a quei tempi era anche complicato rompere il muro di omertà”. Il “perbenismo malato”, osserva, “è stato infranto definitivamente nel 1975, con uno degli episodi di violenza e femminicidio più efferati, il massacro del Circeo. Penso che se Donatella Colasanti fosse morta insieme a Rosaria Lopez e non avesse raccontato quello scempio sarebbero state fatte passare come due ragazze che se l’erano cercata, e che magari si erano vendute, come purtroppo accade in qualche narrazione ancora oggi”.
Secondo l’attore oggi “è urgente un’operazione culturale che coinvolga soprattutto le scuole e che vada ad agire soprattutto nelle aree più a rischio, colmando le voragini culturali e disinnescando le situazioni di disagio e difficoltà economica che rischiano di acuire certi fenomeni”. Ma la violenza contro le donne è una piaga che si annida anche dove non c’è il detonatore della miseria e della crisi economica, come nel recente caso che ha coinvolto il manager Alberto Genovese a Milano.
“Il mio disprezzo contro le persone violente e malate che arriva a schiavizzare le persone è totale, la giustizia dovrà fare il suo corso – premette – ma la società dovrebbe anche impegnarsi con un processo educativo, per far sì che non si sia più ammaliati da chi promette droga soldi e vita facile”. Tornando alle violenze domestiche, Ghini osserva: “Sarebbe preferibile parlare di reati contro gli esseri umani in generale. Temo che concentrarci sui femminicidi faccia perdere di vista che, ultimamente, i delitti familiari coinvolgono anche i bambini, e spesso pure gli animali, io condanno tutta la violenza, ovviamente anche quella degli uomini sugli uomini – chiarisce – e mi turba che dopo drammi di questo genere nelle interviste televisive di rito ai vicini di casa si senta dire: “Era una brava persona, non abbiamo mai sentito niente di allarmante”, significa che non si comunica più neanche con chi ci vive vicino , che si è davvero soli e la solitudine sociale può trasformare i disagi in tragedie”.
Anche il cinema, analizza, ha contributo al processo di crescita culturale: “Una volta vedere nei film lo schiaffo alla partner era quasi normale”.
Vedi: "Contro la violenze sulle donne serve un'azione culturale", dice Massimo Ghini
Fonte: cultura agi