Conte alla prova delle Camere


AGI – Centosessantuno è il sogno, uno più dell’opposizione il bagno di realismo, uno di meno la fine. Giuseppe Conte inizia il suo rapido ma affannoso passaggio in Parlamento dopo il ritiro della delegazione di Iv da parte di Matteo Renzi.

Si comincia con la meno ostica, la Camera, che dovrebbe agevolmente assegnare la fiducia, si vedrà se assoluta o relativa, al governo. Alle 12 il Presidente del Consiglio svolgerà le comunicazioni, poi il dibattito, la sanificazione dell’aula e alle 17 la replica del premier, infine le dichiarazioni di voto e la fiducia per appello nominale. Martedì l’aula più insidiosa per l’esecutivo, quella del Senato, dove Conte si presenterà alle 9,30 per ricevere l’esito del voto di fiducia verso le 20.

Tutti si dicono certi che il premier terrà un appello alla responsabilità davanti ai problemi del Paese e richiamerà il perimetro europeista e antisovranista di questa maggioranza, ammettendo alcuni errori dell’esecutivo, senza toni vendicativi verso Matteo Renzi, un modo per lasciare la porta aperta innanzitutto ai singoli parlamentari di Iv. Un discorso che verrà ascoltato anche nelle stanze del Quirinale. Sergio Mattarella nel week end non ha volutamente avuto contatti con i leader politici: quel che aveva da dire l’ha detto, ora il suo ruolo di arbitro deve essere senza alcuna sbavatura.

Nessun consiglio, nessun suggerimento, nessuna pressione; se il governo avrà la maggioranza, fosse anche solo relativa, ne prenderà atto anche se resterà aperto il nodo della forza politica necessaria a un governo che deve affrontare prove storiche. Se invece il governo cadesse si aprirebbe la crisi e il Capo dello Stato dovrebbe entrare in campo, avendo tutelato l’imparzialità del suo ruolo, per aprire le consultazioni.

Le varie ipotesi si sono già squadernate più volte e vanno da un nuovo esecutivo con la stessa maggioranza e un nuovo premier (ma Pd, M5s e Leu ora lo escludono), a un governo di larghe intese (equilibrio difficilissimo ma non impossibile) fino a elezioni anticipate (il cosiddetto worst case per il  Colle, a maggior ragione nel bel mezzo di una pandemia, ma che nessuno più esclude a priori). Intanto le diverse forze politiche dispongono le truppe sul campo di battaglia.

Per il Pd il vicesegretario Andrea Orlando assicura: “il tentativo di far cadere il governo non riuscirà non ce lo possiamo permettere”. “Per il Pd o c’è questa coalizione o non ce n’è un’altra e Conte è il punto di equilibrio di questa coalizione. Noi non siamo interessati a mettere uno nostro al posto di Conte senza spiegare al Paese perche’ avviene questo passaggio” assicura, per poi notare che “la porta l’ha chiusa purtroppo Renzi e ieri l’ha ulteriormente blindata continuando ad attaccare il Pd”.

Luigi Di Maio la riassume così: “al momento attuale c’è una crisi aperta, aperta da Renzi in modo irresponsabile” ma “Conte in Aula parlerà e lì ci sarà una distinzione tra costruttori e distruttori”. Anche perché, spiega l’esponente M5s, “trovo folle pensare ad elezioni nel mezzo di una pandemia, ma voglio chiarire subito che tra governi stiracchiati, governicchi e governissimi allora meglio il voto”.

Tranchant Maria Elena Boschi, capogruppo Iv alla Camera, che riflette le parole dure di Renzi: “non abbiamo mai detto ‘mai più’ nella coalizione, ma mi pare che Pd, 5Stelle e Leu con il presidente Conte preferiscano affidarsi a Mastella per la ricerca dei responsabili. Responsabili che non si sa neppure se ci siano”.

Il centrodestra, che si riunirà nuovamente alle 11, prepara una risoluzione unitaria contro il governo e intanto Matteo Salvini ribadisce: “Io non ci rimarrei mai così al governo. Se Conte non ha i numeri le strade sono due: o le elezioni oppure se Mattarella ritenesse il centrodestra ha progetti e poche cose da fare velocemente per tirare fuori il paese dalla pandemia”.

Quanto al pallottoliere è sempre più incerto man mano che si avvicina l’ora X. Se alla Camera la maggioranza appare scontata, ma non altrettanto scontata appare la maggioranza assoluta, al Senato i numeri ballano ancora e la ‘caccia’ ai singoli senatori è ancora aperta da una parte e dall’altra della barricata. C’è chi parla di 155 sì certi per l’esecutivo, altri minimizzano a 151, nulla è dato per scontato. Ma a poche ore dal voto arriva la dichiarazione della senatrice a vita Liliana Segre: “ho deciso di dare la mia fiducia al governo” perché “questa crisi politica improvvisa l’ho trovata del tutto incomprensibile”.  

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Fonte: politica agi