In attesa della conferenza stampa di martedì prossimo a Napoli appello di Confedercontribuenti affinché si salvino le 300 imprese del CIS.
Roma, 15 ottobre 2016 – 300 imprese con i loro titolari ed operai lasciati allo sbando assieme alle famiglie e all’indotto. Il tutto sarebbe partito dalla concessione di un maxi finanziamento da parte di un pool di banche.
Nel 2005 il fondatore e presidente del consiglio di amministrazione Gianni Punzo riesce a far ottenere al CIS da un pool di banche un megafinanziamento di circa 300 milioni di euro a tasso variabile del 3,60% con relativo acquisto di derivati. Per ottenere questo finanziamento concede alle banche un’ipoteca indistinta su tutto il Centro per 750 milioni di euro. Si iscrive all’Ufficio Italiano Cambi come intermediario finanziario con l’intento di erogare ai singoli soci un sub-mutuo. Chi voleva ottenere questo sub-mutuo doveva dare in garanzia e in pegno, il contratto di leasing. Con questo sub-mutuo di 500 mila euro per ogni 500mq di capannone, garantito pertanto da un’ipoteca di circa 1.250.000,00 euro, i soci rinunciano al riscatto e ottengono un finanziamento a tasso fisso del 5,60% in 155 rate mensili con scadenza ottobre 2018. In questo modo finanzia i soci, affinché molti di essi sarebbero stati spinti ad investire in Interporto per l’acquisizione di nuovi lotti.
Interporto Campano SpA. che costruisce capannoni per la logistica è una Società più amata da Punzo, perché lì ci guadagnava molto di più, ma irrimediabilmente compromessa per i debiti con le banche.
Dal 2011 Punzo comincia a non versare più alle banche le rate di sub-mutuo riscosse dai soci giustificando tale scelta col fatto che le banche avevano riconosciuto sul mutuo a tasso variabile l’anatocismo per 30 milioni di euro.
Ma Punzo continuava a riscuotere le rate di sub-mutuo dai soci, senza passare ad essi lo stesso beneficio ottenuto dalle banche e anzi pare concedeva ad Interporto, società in conflitto di interesse con il CIS SpA, finanziamenti per circa 40 milioni di euro e pagava consulenze per circa 10 milioni di euro a famosi studi legali.
Oggi questo sub-mutuo che Punzo ha erogato risulterebbe nullo per vari motivi tra i quali l’eccesso di garanzia del credito.
Praticamente con un credito residuo di 180 milioni le banche, con il consenso dell’organo amministrativo del CIS SpA, tengono in ostaggio un patrimonio immobiliare di 750 milioni di euro. Sul contratto di submutuo, grava un’ ipoteca, il pegno sul contratto di leasing, la girata in bianco del contratto di leasing e per finire un contrattino a parte, denominato “Impegno al consenso per le scelte future”.
Il finanziamento ad Interporto ha compromesso la situazione finanziaria del CIS fino a condurlo in area fallimentare. Nel 2014 iniziano le prime dichiarazioni di fallimento nonostante il contratto di submutuo è in violazione al divieto di patto commissorio, per mancanza di causa concreta, per anatocismo e per usura. Pertanto è NULLO.
“Perché i giudici delle sezioni fallimentari di Nola e Napoli di fronte a alle numerose richieste di fallimento, presentate sempre dalla stessa società verso i propri soci, non hanno avuto qualche dubbio ed hanno dichiarato frettolosamente i fallimenti? – interviene Carmelo Finocchiaro presidente nazionale di Confedercontribuenti.
Con l’alibi delle morosità si mette in atto un vero e proprio progetto che tende a diminuire giorno per giorno il valore immobiliare del CIS. I capannoni liberati volontariamente dai soci non verranno mai venduti. I soci in difficoltà che vorrebbero vendere un capannone in eccesso o anche l’unico, vengono ostacolati con vari artifici ma, soprattutto col ricorso alla clausola di gradimento. Si realizzerebbe giorno dopo giorno il vero progetto del signor Punzo che sarebbe quello di accumulare più capannoni possibile da destinare al grande progetto definito Zona Franca. Un’idea sponsorizzata pare fino a tre anni fa ma, poi, improvvisamente “nascosta”. Tre anni di operazioni a danno dei soci CIS per portarli sull’orlo del fallimento e sottoporli a un ricatto: la manovra con le banche o il fallimento del CIS.
“Zona Franca” sarebbe un progetto che prevede il SACRIFICIO delle isole del CIS 4, 5 e 6. con i relativi probabili acquirenti legati al commercio extracomunitario.
Oggi non si parla più, di questo progetto forse per non dare nell’ occhio?
La scelta di finanziare Interporto sarebbe stata finalizzata anche con lo scopo di sminuire il valore societario del CIS SpA e per indurre i soci ad accettare obbligatoriamente la manovra delle banche.
“Le banche vogliono appropriarsi del CIS SpA per rivalersi dei debiti che il signor Punzo ha contratto con altre società che nulla hanno a che fare con il CIS SpA. Nonostante siano in corso indagini continuano le azioni esecutive per la vendita degli immobili delle aziende e in molti casi dei beni personali degli imprenditori” – continua Finocchiaro.
“Con la cessione di questi capannoni si perderà ogni speranza di autonomia gestionale. Esattamente il contrario di quello che serve per rilanciare il ruolo di molte aziende in difficoltà. Bisogna fermare assolutamente l’esproprio delle imprese ed intervenire sui responsabili di tale situazione che riguarda 300 imprese, i loro dipendenti e le famiglie. Come Confedercontribuenti chiediamo a nome degli imprenditori CIS che si verifichino eventuali responsabilità del Consiglio di Amministrazione e Collegio Sindacale del CIS, dell’organo di vigilanza di Banca d’Italia nonché del consiglio di amministrazione degli istituti di credito coinvolti. Non possiamo accettare che per compiacere a poteri più o meno forti si faccia chiudere il più grande centro commerciale d’Europa” – conclude Finocchiaro.