Di Augusto Lucchese
Presentarsi all’ora zero del nuovo anno in assoluta solitudine, non per effetto di eventuali turbamenti psicologici ma volutamente, a fronte del preciso rifiuto dei vari diktat che l’odierno vivere sociale vorrebbe imporci, oltretutto in maniera ben poco congeniale.
Come già avvenuto per la ricorrenza del Natale, ha preso campo la convinta scelta dello spirito assetato di pace e profondamente dedito al silenzio, pur se la scelta potrebbe apparire come una decisione quanto meno anomala.
Non rimane che ribadire la ferma convinzione di tirarsi fuori dalla incorreggibile pochezza della gente ubriacata di sciocco consumismo, di vacua apparenza, di condizionante frenesia da smartphone, di deleterie ciance politiche, di soggettivi, egocentrici e magari sciocchi dialoghi.
E’ stata una scelta fortemente meditata, pur se essa potrebbe sembrare una incongruente critica al modo di comportarsi del prossimo e potrebbe essere vista come una sorta di donchisciottesca sfida contro i “mulini a vento” dei diffusi attuali sistemi di vita.
Scansare, magari ricorrendo a qualche strumentale giustificazione, ogni alternativa godereccia, fatta di gozzoviglie gastronomiche, di insulsi luoghi comuni, di talvolta ipocriti auguri, di montagne di pacchi regalo, di chiasso conviviale o di grida quasi isteriche di qualche partecipante fuori di testa, oltre che di incivili frastuoni e di selvaggi botti esterni, può sembrare una rinuncia alla pur indispensabile socialità.
Dare il benservito al triste e sconvolgente 2023, brindando speranzosamente da soli al 2024, potrebbe essere scambiato per una sorta di irrefrenabile tendenza ad un deprecabile isolazionismo.
Non è così e, viceversa, in “beata solitudo”, nel silenzio dei propri vitali spazi casalinghi, è ben facile trovare una salutare pace interiore, un senso di intimo appagamento, un disiato equilibrio psicologico.
Non è detto che non si possa attendere da soli il fatidico passaggio di testimone da un anno all’altro, magari standosene silenziosamente assisi dirimpetto alla TV o accanto alla tavola apparecchiata con un po’ di insolita ricercatezza, da festa comandata.
E’ stato presente altresì il salutare conforto della musica, invero concentrata nel primo giorno dell’anno, irradiata da parecchie strutture televisive (di alto lignaggio o solo di accettabile buona volontà) che hanno organizzato, più o meno soddisfacentemente, simposi musicali di alto livello.
Il primo di tali “concerti”, dai connotati del tutto nostrani, è piuttosto giovane (anno di nascita 2004) e trova la sua collocazione nella splendida cornice del Gran Teatro “La Fenice” di Venezia.
L’ormai tradizionale appuntamento con il “Concerto di Capodanno” ha incluso quest’anno rinomati e stupendi brani musicali, magnificamente eseguiti dalla Orchestra del Teatro La Fenice in una cornice a dir poco sfarzosa e favolosa. Alcuni di essi sono stati brillantemente interpretati dai solisti Eleonora Buratto (soprano) e Fabio Sartori (tenore), mentre ha dato prova di straordinaria preparazione e bravura il Coro dello stesso Teatro.
Il programma della entusiasmante rassegna, sapientemente intercalati, ha compreso:
* Johannes Brahms: – Sinfonia n. 2 in re maggiore Op. 7
* Giuseppe Verdi: – I due Foscari “Alla gioia…”, “Tace il vento, è queta l’onda” – Tosca “E lucean le stelle” – Tosca “Vissi d’arte” – La Traviata “Di Madride noi siam mattadori” – Nabucco “Va pensiero sull’ali dorate” – La Traviata “Libiam ne’ lieti calici”
* Giacomo Puccini: – Manon Lescaut “Intermezzo” – Madama Butterfly “Coro a bocca chiusa” – Madama Butterfly “Un bel dì vedremo” – Turandot “Nessun dorma” – Turandot “Padre Augusto”
* Amilcare Ponchielli: – La Gioconda “Danza delle ore” .
Ad impreziosire l’evento hanno pensato i bravissimi allievi della Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala di Milano.
Nel corso della trasmissione sono stati anche ricordati i settant’anni della televisione italiana mettendo in scena alcuni accenni musicali tratti dal Guglielmo Tell (sigla della apertura delle trasmissioni del Tg1), dal famosissimo “Carosello”, da “Studio Uno”, da “Pinocchio”, “Gian Burrasca”, dalla sigla della “Eurovisione”.
Anche quest’anno, la direzione della magnifica orchestra sinfonica del celebre e redivivo teatro veneziano, è stata affidata al valente direttore d’orchestra Fabio Luisi, subentrato a Daniel Harding.
Scelta parecchio azzeccata sia per la bravura dimostrata che per la simpatia riscossa. E’ raro, oltretutto, vedere un direttore d’orchestra che dirige senza la rituale “bacchetta” il numeroso e variegato complesso a lui affidato.
Il giovanissimo tenore Fabio Sartori ha riscosso un entusiasmante consenso cimentandosi con successo nel famosissimo brano “Nessun dorma” dalla Turandot di Puccini che ha riportato alla mente l’indimenticabile superlativo Pavarotti che ne aveva fatto il suo cavallo di battaglia.
Le struggenti e malinconiche note di “va pensiero sull’ali dorate” hanno suscitato una indescrivibile e intensa emozione.
Il concerto s’è concluso, come ormai consuetudine, con il frizzante e impareggiabile brano de’ La Traviata “Libiam, libiam ne’ lieti calici” che ha letteralmente elettrizzato il pubblico in sala, nei palchi e nell’affollatissimo loggione.
Per la cronaca la prima esecuzione della Traviata avvenne proprio nel Teatro La Fenice, nel marzo dell’anno 1853.
Nel complesso è stato uno spettacolo meritevole di ogni riconoscimento, sia per la celestiale musica che per la bravura dell’orchestra e del coro del Teatro la Fenice.
Si può ben dire che ogni cosa sia andata a meraviglia, ove si escluda la consueta, incresciosa e mercantile mentalità di taluni “irresponsabili” della Televisione di Stato succubi della spregevole tendenza a dare spazio alla sconcia pubblicità, infierendo senza scrupoli sull’aspetto culturale e formativo della trasmissione.
L’altro concerto d’inizio anno, quello di Vienna, più tradizionale e blasonato, è nato circa 80 anni addietro e quasi mai è mancato all’appuntamento del primo gennaio.
Il Concerto di Capodanno dell’Orchestra Filarmonica di Vienna, meritatamente affermatosi tra gli eventi musicali più importanti e seguiti al mondo (sembra che addirittura si tratti di qualche miliardo di spettatori) è stato trasmesso in mondovisione in 90 Paesi, si è tenuto, come sempre, nel Musikverein, il centro della musica classica viennese.
All’interno della “Sala d’Oro” si è esibita l’orchestra filarmonica, diretta quest’anno dal maestro tedesco Christian Thielemann che già aveva diretto il Concerto di Capodanno del 2019.
Il programma di quest’anno è stato imperniato attorno all’opera gioiosa e vivace di Johann Strauss e di alcuni suoi contemporanei, dal valzer alla polka, ponendo in risalto un gran finale con il trittico Ziehrer, Bruckner e Strauss che hanno trionfalmente scaldato il pubblico.
La parte principale del Concerto è stata, per l’appunto, dedicata in gran parte agli Strauss, come del resto avviene quasi sempre in occasione del grandioso spettacolo di inizio anno.
Dopo il valzer dedicato a Ischler, il programma del Concerto di Capodanno ha incluso la “Nachtigall-Polka,”, il “Die Hochquelle, Polka mazur”, il “Neue Pizzicato-Polka”, la “Estudiantina-Polka aus dem Ballett “Die Perle von Iberien”, ponendo in risalto l’affiatamento e la superba concertazione di tutti gli strumenti coinvolti.
Polke, valzer, marce, si sono susseguiti in un crescendo d’entusiastico consenso tributato dal pubblico presente nella monumentale sala.
Non poteva mancare, in chiusura, la strabiliante Radetzky Marsch, composta nel 1848 da Johann Strauss in onore del famoso Generale che era rientrato trionfalmente a Milano dopo avere sconfitto i Piemontesi di Carlo Alberto di Savoia e avere riconquistato il lombardo-veneto.
L’irrefrenabile apporto dei cadenzati applausi da parte del pubblico ha integrato, come del resto accade ogni anno, la marzialità del notissimo brano musicale che per gli austriaci rappresenta una sorta di secondo inno nazionale.
Sono state, nel complesso, circa tre ore di autentico, intimo e appagante godimento. Come se, in quel lasso di tempo, si fossero dischiuse le porte di un autentico Paradiso.
Come se le brutture del periodo che si sta attraversando fossero per un momento scomparse. Come se per controbattere la solitudine, pur se non paventata, fosse insperatamente sopraggiunta la citata Musa che, offrendo un intenso avvicendarsi di celestiali motivi, ha ridato coraggio, serenità e fiducia.
Un solo triste pensiero ha offuscato il complessivo stato di grazia del momento: il ricordo di periodi ormai lontani, sicuramente irrecuperabili, quando era oltremodo gioioso condividere con altri l’entusiastico apprezzamento delle tante struggenti melodie che i geni della musica dei tempi passati ci hanno tanto generosamente lasciato in eredità.
Non nascondo che l’invadente commozione e il dominante stato d’animo di di appagamento spirituale, ha fatto sì che, in taluni momenti, qualche lacrima rigasse le guance.