Il sito Internet che dovrebbe promuovere le bellezze naturali e artistiche del Belpaese, costato ai contribuenti decine di milioni di euro, non ha mai raggiunto gli obiettivi che si era prefissato. Oggi è affidato a una società esterna ma, per gli esperti del web, rimane inadeguato, con tanti errori, grafica vecchia, bug, poca accessibilità, vulnerabilità agli attacchi. Così l’Italia continua a perdere terreno sulla rete, mezzo decisivo per attrarre visitatori. Le considerazioni di Ettore Minniti, segretario nazionale e del coordinamento turismo di Confedercontribuenti
di redazione
Il turismo in Italia è una miniera d’oro da sfruttare e saper sfruttare con intelligenza, programmazione, proposte, pianificazione, confronto, dialogo.
Il settore turistico sta vivendo momenti di crisi a causa dell’emergenza pandemica, tant’è che molte PMI sono sull’orlo del default.
In questo ambito un elemento fondamentale appare la comunicazione ovvero la capacità di fare marketing del nostro patrimonio culturale, storico, ambientale: un Paese che ti lascia a bocca aperta dalle Alpi alle isole per i beni architettonici e paesaggistici di cui dispone, senza tralasciare il settore dell’enogastronomia.
Il web potrebbe rappresentare un elemento per il rilancio di un comparto in cui l’informazione e la promozione la fanno da padroni, basandosi sulla condivisione di esperienze. Oggi si parla di social tourism e “turismo 2.0”, sono alcuni dei mezzi per veicolare contenuti e generare viaggiatori informati e che informano. Attraverso il web dunque si fa marketing e questo mezzo rappresenta una carta vincente.
Il settore del turismo nel complesso genera quasi il 15% del Pil, ma il Belpaese ha notevoli potenzialità per rafforzare la capacità di attrazione dei flussi internazionali. Le attività promozionali sono importanti. Importante appare il coordinamento tra Ministero e Regioni per un’auspicabile sinergia.
L’aveva capito Berlusconi che, per promuovere il turismo nel nostro Paese su Internet, aveva fatto realizzare, con il ministro Luca Stanca nel 2004, il portale Italia.it, costato ai contribuenti per la sua realizzazione circa 45 milioni di euro, senza ha mai raggiungere gli obiettivi che si era prefissato, tant’è che viene oggi definito come il ‘portale della vergogna’.
Chiuso da Franceschini, viene riaperto nuovamente da Berlusconi con un investimento di 10 milioni di euro. Oggi è affidato a una società esterna, la quale non può cambiarne l’aspetto grafico e i tanti errori pacchiani in esso contenuti. Così l’Italia continua a perdere terreno sulla rete, mezzo decisivo per attrarre visitatori.
Il sito ha solo 550mila follower sui principali social, l’omologo spagnolo 2 milioni, quello inglese supera i 3 milioni. Per non parlare di “visit Dubai” che in tre anni è passato da 3 a 7 milioni. Per restare in Italia, il sito del turismo della Regione Sicilia conta quasi 4mila follower.
Il sito, per gli esperti del web, appare inadeguato: tanti errori, grafica vecchia, bug, poca accessibilità, vulnerabilità agli attacchi. Tradotto solo in cinque lingue, mentre gli omologhi viaggiano verso le trentadue traduzioni in tutte le lingue del mondo.
Un fallimento annunciato. Uno spreco, un pozzo senza fine di denaro pubblico. I milioni di euro spesi non sono serviti a rispettare i requisiti di accessibilità previsti dalla legge Stanca per i portali della Pubblica amministrazione.
“Un sito, quello di Italia.it, mal gestito – dichiara Ettore Minniti, responsabile del settore turismo di Confedercontribuenti – ci lasciano perplessi le dichiarazioni del ministro del turismo Massimo Garavaglia che progetta un restyling del sito istituzionale per il turismo, con un investimento di 110 milioni di euro con i soldi del Recovery Plan. Dopo 14 anni dalla sua istituzione – continua Minniti – siamo ancora all’anno zero, non è possibile continuare a buttare soldi pubblici. Basti pensare che l’Italia, come brand, è passata in quindi anni dal primo al nono posto. È evidente che qualcosa – conclude Minniti – non ha funzionato e bisogna porvi rimedio con urgenza”.
L’Italia, in questi anni, è stata penalizzata da molteplici fattori legati a business, tecnologia, politica e innovazione, ma rimane in buona posizione proprio grazie a turismo e cultura.
Nel report del World Economic Forum, che misura la competitività del settore turismo, l’Italia è stabile all’ottavo posto, ma cresce il gap nei confronti dei competitori europei come Spagna, Francia e Germania. È un risultato dovuto esclusivamente alle risorse culturali (4° posto) e naturali (7° posto), mentre siamo 64esimi per sostenibilità ambientale e 129esimi per competitività dei prezzi.
Tra concorsi, ricorsi, e tant’altro per la gestione del sito, da parte dei privati, i problemi sembrano insormontabili. Da tempo Enit (Agenzia nazionale per il turismo) preme perché all’Agenzia del turismo sia affidata la responsabilità del sito, senza avere risposte dalla politica.
Quello che dovrebbe essere il nostro biglietto da visita nel mondo, costato oltretutto un patrimonio, ha sul turista italiano o straniero scarso appeal.
Occorre cambiare la strategia comunicativa, che non può essere solo informativa, ma deve far leva sulle leve emozionali ed esperienziali che vedono coinvolti come attori principali i nostri territori.
Diceva Massimo D’Azeglio “Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani”; oggi occorre rifare una classe politica all’altezza del Belpaese, per evitare gli sprechi nella pubblica amministrazione o le tre male bestie indicate da Luigi Sturzo: lo statalismo, la partitocrazia e lo sperpero di denaro pubblico.