…Come Oggi 27/12 Banca Mondiale, FMI e OMC: la sacra trinità


di Antonino Gulisano

Il 27 dicembre 1945, con la firma dell’accordo istitutivo, nacque formalmente la Banca Mondiale, con il nome “Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo”. Tali accordi vennero sottoscritti in seguito alla famosa conferenza diBretton Woods, che aveva riunito i rappresentanti di 45 Stati tra il 1° e il 22 luglio 1944.  

La Banca Mondiale nacque con lo scopo di sostenere la ricostruzione dei paesi colpiti dalla Seconda Guerra mondiale, l’IBRD attualmente conta 189 Paesi (per aderire all’IBRD è necessario essere membri del FMI). L’adesione italiana è avvenuta con la legge 23 marzo 1947, n.132.

Obiettivo principe della banca Mondiale è di ridurre la povertà e sostenere lo sviluppo sostenibile nei Paesi a reddito medio – alto. A tal fine, concede crediti ordinari, ovvero con tassi di interesse vicini a quelli di mercato, che in genere hanno un periodo di grazia di 3-5 anni e un periodo di rimborso di 15-20 anni.

I principali settori d’intervento includono il miglioramento della capacità di gestione amministrativa, i trasporti, la salute e gli altri servizi sociali di base.

I finanziamenti sono accompagnati da servizi di assistenza per utilizzare al meglio i fondi erogati. In alcuni casi i programmi sono co-finanziati da altre istituzioni. Il capitale dell’IBRD è costituito solo per una minima parte dalle quote sottoscritte dai Paesi membri al momento dell’adesione, le linee di credito sono finanziate principalmente attraverso l’emissione di obbligazioni sui mercati internazionali.

La Banca Mondiale (BM) è la principale organizzazione internazionale per il sostegno allo sviluppo e la riduzione della povertà. Mentre il FMI ha ricevuto il compito di promuovere la stabilizzazione delle relazioni monetarie e finanziarie internazionali, la BM doveva sostenere la ricostruzione dei Paesi usciti devastati dal conflitto mondiale.

Completata la ricostruzione delle economie dei Paesi europei e del Giappone, la BM diresse la sua attenzione verso i Paesi in via di sviluppo (PVS). L’azione della BM si è pertanto gradualmente focalizzata intorno a tematiche quali lo sviluppo del capitale sociale e del capitale umano, la crescita del settore privato, il miglioramento della capacità di Governo e l’alleggerimento del debito.

Nel corso degli gli anni ’80, la BM ha promosso vasti programmi di finanziamento del bilancio pubblico dei PVS e delle economie emergenti, spesso accompagnati dalla richiesta di adottare riforme strutturali e politiche di liberalizzazione commerciale e finanziaria, privatizzazione e deregolamentazione.

Durante gli anni ’90, la BM ha avviato un’opera di revisione strategica ed ha individuato nella riduzione della povertà il fine principale del proprio operato. Dalla metà degli anni 90, la BM ha inoltre incrementato l’importanza della lotta alla corruzione e del consolidamento del buon governo.

Oggi nell’ambito dell’attuazione dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, la BM ha individuato la propria priorità d’azione nel raggiungimento di due obiettivi: la riduzione della povertà e la promozione di una crescita inclusiva e sostenibile (Shared prosperity).  

A differenza di altri donatori internazionali, la BM concede solo in minima parte assistenza sotto forma di dono. Per lo più, la BM elargisce crediti ai Governi dei Paesi membri o a favore di progetti sui quali vi sia una garanzia del Governo di uno Stato membro. La BM incentiva comunque i Governi a collaborare attivamente con la società civile ed il settore privato, al fine di favorire la diretta partecipazione delle popolazioni ai progetti sostenuti.

I principali criteri in base ai quali la BM orienta la sua attività d’assistenza sono la selettività (conditionality) e il partenariato (partnership). Il principio della selettività richiede che l’aiuto allo sviluppo sia diretto a quei Paesi che dimostrano di perseguire solide politiche macroeconomiche ed una buona capacità istituzionale.

La BM è formalmente un’Agenzia specializzata delle Nazioni Unite. A differenza del sistema ONU, il sistema di voto in seno alla BM è ponderato sulla base della quote di capitale versate dai suoi membri/azionisti.

Il principale organo decisionale della BM è il Consiglio dei Governatori (Board of Governors), composto da un Governatore e da un Vice nominati da ogni Paese membro, per un periodo di 5 anni (l’Italia è rappresentata dal Governatore della Banca d’Italia).

L’organo che gestisce l’amministrazione dell’Ente è il Consiglio di Amministrazione (Board of Directors), composto da 25 Direttori Esecutivi nominati o eletti dai Paesi membri. Le decisioni sono prese a maggioranza ed il potere di voto è proporzionale alle quote. Il Direttore Esecutivo per l’Italia rappresenta anche Albania, Grecia, Portogallo, Malta, San Marino, Timor Leste. I Direttori Esecutivi della BM esercitano altresì le funzioni di Direttori Esecutivi dell’IDA, dell’IFC e della MIGA. Organo di vertice della BM è il Presidente, il quale ha un mandato quinquennale (rinnovabile), presiede alle riunioni del Consiglio Esecutivo ed è responsabile per la gestione complessiva dell’istituzione.

I principali appuntamenti sono gli “Annual Meetings” e gli “Spring Meetings” che rappresentano l’occasione per discutere di un’ampia serie di questioni collegate alla riduzione della povertà ed agli sviluppi dell’economia mondiale.  

Il Fondo Monetario Internazionale è fortemente criticato dal movimento no-global e da alcuni illustri intellettuali quali il premio Nobel Joseph Stiglitz, il premio Nobel Amartya Sen, Noam Chomsky e Jean-Paul Fitoussi. I critici accusano il Fondo Monetario di essere un’istituzione manovrata dai poteri economici e politici del cosiddetto Nord del mondo e di peggiorare le condizioni dei paesi poveri anziché adoperarsi per l’interesse generale.

Inoltre il sistema di voto (che chiaramente privilegia i Paesi “occidentali”) è considerato da molti iniquo e non democratico. L’FMI è accusato di prendere le sue decisioni in maniera poco trasparente e d’imporle ai governi democraticamente eletti che si trovano così a perdere la sovranità sulle loro politiche economiche.

Joseph Stiglitz, nel suo libro “La globalizzazione e i suoi oppositori” (Globalization and Its Discontents), uscito nel 2002, e in una serie di interviste e articoli, dimessosi da poco dalla vicepresidenza della Banca Mondiale, rileva il fatto che pur essendo un ente pubblico non ha una gestione democratica né trasparente, inoltre accusa il Fondo monetario di aver imposto a tutti i Paesi una “ricetta” standardizzata, basata su una teoria economica semplicistica, che ha aggravato le difficoltà economiche anziché alleviarle.

Inoltre, Stiglitz sostiene come la crisi finanziaria asiatica e la transizione dall’economia pianificata al capitalismo in Russia e nei paesi ex-comunisti dell’Europa orientale, che i prestiti dell’FMI in questi paesi sono serviti a rimborsare i creditori occidentali, anziché aiutare le economie dei paesi assistiti. Inoltre nei Paesi ex-comunisti l’FMI ha appoggiato coloro che si pronunciavano per una privatizzazione rapida, che in assenza delle istituzioni necessarie ha danneggiato i cittadini e rimpinguato le tasche di politici corrotti e uomini d’affari disonesti.

Negli anni ottanta il Fondo Monetario Internazionale (assieme alla Banca Mondiale) ha cercato di promuovere l’industrializzazione nell’Africa sub-sahariana, talvolta ottenendo buoni risultati ma spesso fallendo. Infatti in Senegal le politiche neoliberiste di eliminazione dei protezionismi doganali hanno contribuito alla scomparsa di interi settori industriali.

Le critiche nei confronti dell’FMI hanno trovato un ulteriore argomento quando nel 2001 l’Argentina (Paese che i tecnici dell’FMI consideravano “l’allievo modello”) è andata incontro ad una terribile crisi economica. L’FMI è stato accusato di avervi contribuito con le sue indicazioni o quantomeno di non aver fatto nulla per impedirla.

Critiche al FMI sono mosse anche dal premio Nobel per l’economia Amartya Sen che, in un’intervista rilasciata a Massimiliano Melilli de “l’Unità”, alla domanda dell’intervistatore «Professore, il potere della “sacra Trinità” – Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale e Organizzazione mondiale del commercio (OMC) – fonda la sua egemonia su politiche economiche esclusiviste. Quali strumenti possiedono i Paesi del Sud del mondo per ottenere finalmente riconoscimento e legittimazione?», così risponde:

«Non vi è dubbio che queste istituzioni siano ormai da cambiare. Per più motivi e perché rappresentano, seppure con pesi diversi, lo stesso potere. L’architettura economica mondiale va riformata in tempi brevi, con equità e giustizia. L’attuale situazione è preoccupante ma lascia anche ben sperare per il futuro. Da un lato, Fondo Monetario Internazionale e Organizzazione mondiale per il commercio poggiano la loro attività, a più livelli, sulla posizione del Paese più forte, gli Stati Uniti. Dall’altro, noto che, nonostante la ferrea architettura che governa l’economia globale, la Banca Mondiale, gradualmente, sta passando da posizioni rigide a posizioni meno rigide. Noto un atteggiamento mutato, d’attenzione, rispetto a tutti i temi messi in campo dai movimenti new-global. È un segnale importante, da non sottovalutare, anche nell’ottica dei Paesi del Sud del mondo. James Wolfensohn, presidente della Banca Mondiale, ha dichiarato che considera prioritaria l’eliminazione della povertà in Africa, beh, evidentemente, qualcosa è cambiato nelle vecchie relazioni politiche ed economiche».

Ancora, Noam Chomsky critica aspramente l’FMI con argomenti simili a quelli di Stiglitz, riportiamo qui a titolo di esempio un passo del suo libro: «Secondo questo schema, la costruzione di un nuovo sistema mondiale è coordinata dal gruppo dei 7 [paesi più industrializzati, dal Fondo Monetario Internazionale, dalla Banca Mondiale e dal “Gatt” (General Agreement on Tariffs and Trade), da ricordare anche la valutazione della Banca Mondiale, secondo la quale il 31% delle esportazioni manifatturiere del Sud sono soggette a barriere non tariffarie contro il 18% di quelle del Nord, o la relazione del 1992 dello Human Development Program dell’ONU, che riesamina il divario crescente tra ricchi e poveri (attualmente, l’83% della ricchezza mondiale è nelle mani del miliardo di uomini più benestante, mentre il miliardo dei più indigenti, alla base della scala, ne possiede solamente l’1,4%); il raddoppio di tale divario dal 1960 è attribuito alle direttive del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, e al fatto che ben 20 su 24 paesi industrializzati sono più protezionisti oggi di quanto lo fossero un decennio fa, compresi gli Usa che celebrarono la rivoluzione reaganiana raddoppiando in proporzione il numero dei prodotti importati sottoposti a misure restrittive.»

Chomsky, ad una domanda postagli dall’Economist, ha risposto che: «Il risultato finale di decenni di prestiti per lo sviluppo è che i paesi poveri hanno recentemente trasferito più di 21 miliardi di dollari all’anno nei forzieri dei ricchi».