di redazione
Mentre la verità sull’assassinio di Giulio Regeni viene pervicacemente negata all’Italia, mentre Patrick Zaki viene trattenuto in carcere tra minacce, percosse e torture, il consorzio europeo Mbda, di cui l’italiana Leonardo possiede il 25%, rafforza (i propri affari e) l’esercito egiziano di Abdel Fattah al-Sisi con la vendita, consegna già effettuata, dei micidiali missili a lungo raggio “Scalp” di sua produzione.
La consegna riguarda il primo stock di una commessa per armamenti più complessiva che, secondo il quotidiano online “La Tribune”, che ne ha dato notizia nello scorso mese di settembre, risale al 2015 ma è stata ritardata per l’opposizione degli USA. Il contratto, firmato a quanto pare nello scorso mese di novembre, prevede l’acquisto di oltre 100 pezzi per una cifra vicina ai 135 milioni di euro.
Uno degli Scalp di produzione Mbda, appare in un video diffuso sui social dal ministero della difesa egiziano sulle esercitazioni aeree congiunte tra l’Egitto e la Francia.
La commessa del 2015 riguardava anche 24 cacciabombardieri Rafale sui quali montare i missili a lungo raggio. All’inizio l’operazione di export, condotta dai francesi, era stata bloccata dal governo degli Stati Uniti, rivendicando la paternità dei progetti per alcune delle componenti e delle tecnologie utilizzate per la produzione degli “Scalp”. Il blocco è stato tolto nel 2019 dall’amministrazione Trump, dando via libera alla vendita dei missili al regime di al-Sisi
La proprietà del consorzio Mbda, leader in Europa nella produzione di missili, appartiene per il 37,5% ciascuno ad Airbus (multinazionale con sede in Francia) e Bae System (società inglese del settore difesa e aerospazio) e per il 25% all’italiana Leonardo, ex Finmeccanica, partecipata al 30% dallo Stato che ne è il maggiore azionista. Chissà se alla progettazione dei missili ha dato il suo contributo il neo-ministro della transizione ecologica, Roberto Cingolani, fino a pochi giorni fa responsabile dell’innovazione tecnologica di Leonardo, non contrario al nucleare il cui problema – ha dichiarato – non è la pericolosità della fonte, ma i “diversi veti di varia natura” posti sulla produzione, a partire dai referendum.
Mbda Italia spa, controllata dalla casa madre, occupa 1.300 dipendenti con stabilimenti a Roma, La Spezia e Bacoli (Napoli).