Cinema: virus e patriottismo, Cina volta le spalle a Hollywood


(AGI) – Roma, 31 lug. – Dopo lo scoppio della guerra in Corea (1950), i film americani furono completamente banditi in Cina, dove l’industria fu nazionalizzata nel 1953 sul modello sovietico. Nel 1960 uscì un solo un film americano, “Il sale della terra”, di Herbert J. Biberman (1954), che racconta di una rivolta mineraria in Messico, principalmente opera di artisti i cui nomi comparivano sulla lista nera anticomunista stilata da Hollywood. Dopo le riforme economiche avviate nel 1979 e l’avvento dell’“economia di mercato socialista”, il cinema americano è tornato gradualmente sugli schermi cinesi, anche se ha dovuto subire una rigida censura da parte del governo comunista. L’importazione è stata poi interrotta dal 1990 al 1992, dopo le proteste di Tiananmen. Nel 1994 è stata emanata una nuova regola per rivitalizzare il mercato interno: da quella data potevano uscire ogni anno dieci blockbuster stranieri. Gli studi americani iniziarono allora a investire in coproduzioni in Cina, a Taiwan e Hong Kong, integrando attori quali Jackie Chan, Jet Li, coreografi specializzati in arti marziali come Yuen Woo-Ping e Cheung-Yan Yuen, ed alcuni registi quali John Woo, Ang Lee e Tsui Hark oltre a temi cinesi nelle produzioni americane. Questa tendenza ha interessato principalmente i film di genere, di kung-fu, wu xia pian (film di cavalleria marziale), film di sciabola, film d’azione e film noir, che sono diventati punti di contatto tra le due industrie e le due culture.  Già nel 2012, la Cina è diventata il quarto produttore cinematografico al mondo, con 745 film, dietro a India, Nigeria e Stati Uniti. Costruito a 10 mila chilometri dai leggendari studi americani, l’Oriental Movie Metropolis cerca di farsi un nome sulla mappa del cinema mondiale. Questa “Città Orientale del Cinema”, grande quanto 500 campi da calcio, è cresciuta a Qingdao, città portuale equidistante da Pechino e Shanghai, nota soprattutto per la sua birra, retaggio dell’occupazione tedesca all’inizio del 20° secolo. Fino a pochi anni fa i campi di grano circondavano la piccola collina, mentre ora si affaccia su un nuovo quartiere interamente dedicato al cinema. Lì, con la competenza degli studi britannici Pinewood, sono sorti 40 studi ultramoderni, tra cui “il più grande del mondo” di 10mila metri quadrati e 22 metri di altezza.   Per esperti del settore, il nuovo rapporto tra Hollywood e la Cina è in primo luogo la conseguenza di uno slancio nazionalista e identitario, con da una parte la consapevolezza dei cinesi in merito al complottismo nei loro confronti dilagato in Occidente sulle origini del virus e dall’altra una forte vena patriottica veicolata da film cinesi diventati cult, quale “La Battaglia del Lago Changjin”, uscito il 1 ottobre 2021, giorno della festa nazionale, incentrato su un episodio della guerra di Corea, quando le truppe cinesi respinsero gli avversari americani su un campo di battaglia nordcoreano a temperature gelide.