Nel decennio 2013 – 2023 la crescita italiana nell’export agrifood è stata del 27% rispetto al 12% della media europea. Un risultato che ha portato i prodotti agroalimentari italiani venduti all’estero a sfiorare i 64 miliardi di dollari, circa il 10% dell’export europeo (679 miliardi di dollari), collocando il nostro Paese al quarto posto nel 2023 per sviluppo dell’export in Europa. Sono alcuni dei dati contenuti nella ricerca realizzata dal CERSI dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, in collaborazione con Fiere di Parma, presentata a Cibus, in occasione del convegno inaugurale “Dinamiche competitive internazionali nel settore agroalimentare”.
Il nostro Paese ha registrato una crescita in tutti i quattro principali comparti dell’agroalimentare: nel dairy la quota di mercato passa dal 3,46% dal 2013 al 4,75% del 2022, con un valore dell’export di 5,4 miliardi di dollari); nei prodotti a base di cereali il valore dell’export nel 2022 è di 8,3 miliardi di dollari, corrispondenti a una quota di mercato dell’8,34% (era il 7,95% nel 2013), nelle conserve e nei preparati di frutta e verdura l’export del 2022 vale 5 miliardi di dollari, con una quota di mercato del 6,46% (6,38% nel 2013) e nel settore beverage l’Italia ha anche scalato una posizione, passando dal terzo al secondo posto del ranking, con un valore nominale dell’export nel 2022 pari a 12,6 miliardi di dollari, corrispondenti ad una quota di mercato dell’8,5%.
A conferma di quanto è emerso dai dati precedenti, in questi settori Francia e Germania hanno subito un’erosione delle proprie quote di mercato. Mostrano un trend di crescita anche Belgio, Olanda e Polonia.
A livello globale, l’Europa mantiene la leadership mondiale, con una quota di mercato del 2022 superiore al 40%; in particolare dal 2020 si può notare una leggera riduzione della quota di mercato dell’Europa a vantaggio di America e Asia: nel 2022, il 22,4% del food export mondiale è asiatico, mentre il 29,5% americano. Quote di mercato inferiori rispetto a quella del nostro continente, ma sicuramente rappresenta una dinamica “erosiva” da tenere sotto osservazione.
L’andamento emerge più chiaro se si guardano le serie storiche indicizzate, assumendo come base l’anno 2013. Qui emerge chiaramente la diversa velocità relativa di crescita (e decrescita) negli anni delle macroaree. Il dato mondo, infatti, è la composizione di un’ America e un’Asia capaci di totalizzare rispettivamente +51% e +49%, a fronte di Europa cresciuta “solo” del 33%.
L’agroalimentare made in Italy continua quindi a viaggiare con una marcia in più registrando una crescita accelerata rispetto ad altri grandi Paesi Europei, a partire da Francia e Germania.
La ricerca, presentata da Fabio Antoldi insieme a Daniele Cerrato, Professore di Economia Aziendale, International Business e Corporate Strategy all’Università Cattolica del Sacro Cuore, evidenzia come si tratti di una tendenza strutturale, frutto della capacità dei nostri imprenditori, che hanno saputo cogliere opportunità di sviluppo nei mercati esteri e che ha mostrato visione strategica e orientamento di lungo termine. Elementi che confermano come l’Italia resti una terra di eccellenze.
“Questi dati suggeriscono che, in un contesto macroeconomico e in un arco temporale caratterizzato da grande incertezza su tanti fronti, le imprese italiane del settore agroalimentare hanno mostrato grande capacità di adattamento ai cambiamenti nell’ambiente e sono state in grado di sostenere e sviluppare la propria competitività sui mercati internazionali più di quanto non sia accaduto in altri paesi europei”, ha affermato Fabio Antoldi Professore di Strategia Aziendale e Imprenditorialità all’Università Cattolica del Sacro Cuore e Direttore del CERSI.
Segnali di ottimismo anche da parte del Presidente di ICE Matteo Zoppas: “Stiamo vivendo un momento di incertezza e variabilità, che per quanto riguarda il valore del Made in Italy non va interpretato in termini negativi. Nel 2023 infatti le esportazioni italiane hanno toccato i 623 miliardi di euro in linea con il 2022 ma in crescita di circa il 30% rispetto al 2019. L’agroalimentare ha chiuso con un export pari a 62 miliardi di euro di fatturato, + 6% rispetto al 2022, ma un +41% rispetto al 2019. Un risultato che, visto la scenario congiunturale internazionale, si può definire eccezionale. Il food è cresciuto grazie soprattutto all’impegno degli imprenditori, che anche nelle difficoltà hanno saputo tenere dritta la barra, sapendo superare i cigni neri degli ultimi anni. Questa è la forza del Made in Italy per cui i nostri clienti nel mondo sono disposti a pagare di più pur di poterlo acquistare. Un valore che va tutelato, supportando gli imprenditori nel promuovere le produzioni di eccellenza a livello internazionale”.(AGI)
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