Chi era la ragazza che diede un volto (e un sorriso) alla Repubblica Italiana


C’è un’immagine che da più di settant’anni accompagna la festa del 2 giugno e, in generale, ogni volta che si ricorda il referendum che sancì il passaggio dalla monarchia alla repubblica.

È il volto sorridente di una bella ragazza che sbuca, letteralmente, dalla prima pagina del Corriere della Sera con il titolo a nove colonne sull’esito del referendum del 1946.

Una foto solo in apparenza spontanea, in realtà costruita con accortezza e selezionata tra numerosi provini, opera di Federico Patellani, che nel 1939 aveva abbandonato la professione di avvocato per dedicarsi a tempo pieno al fotogiornalismo e aveva trovato nel ‘Tempo’, testata fondata da Alberto Mondadori, la ribalta ideale per il tipo di lavoro in cui credeva, quello, per intenderci, mutuato dalla rivista americana ‘Life’ e che puntava tutto sulla forza dell’immagine.

Ma se molto sappiamo dell’autore dello scatto, nulla per anni si è saputo della ragazza che, suo malgrado, è diventata simbolo dell’Italia postbellica e che è stata portata in corteo  praticamente ogni 25 aprile.

Chi si è incaricato di scoprire di chi fosse quel volto è Mario Tedeschini Lalli, decano del giornalismo e pioniere dell’informazione del web, che con Giorgio Lonardi ha deciso di usare uno degli strumenti della rete, il crowdsourcing, per una inchiesta sui generis.

L’idea ha funzionato e dopo 70 anni la ragazza della foto ha ritrovato il suo nome.

Chi era il fotografo

Tedeschini Lalli e Lonardi si sono presi la briga anche di ricostruire la carriera di Patellani, per la verità uno dei nomi più noti dell’epoca, quando i fotografi non si chiamavano ancora paparazzi e le guerre da documentare con la Leica erano appena alle spalle.

Amante del cinema, amico di cineasti, praticante del “fototesto” (racconto fotografico sostenuto da brevi testi didascalici), Patellani è stato fotografo e documentarista militare durante la campagna di Russia. Rientrato in Italia dopo due anni di internamento di Svizzera, aveva ripreso il suo lavoro con un viaggio di documentazione nell’Italia distrutta con Lina Bo e Giuseppe Pagani.

La storia della foto

Nella stampa originale, conservata con tutto l’archivio Patellani dal Museo della Fotografia contemporanea di Cinisello Balsamo, scrivono Tedeschini Lalli e Lonardi nella prima parte della sua inchiesta pubblicata su Medium la donna appare ancora più bella. Sorge anche il sospetto che l’immagine pubblicata sia stata non solo ritagliata, ma parzialmente corretta (le labbra appaiono più chiuse), oppure che il fotografo abbia selezionato per il suo archivio ufficiale un fotogramma diverso da quello scelto dalla rivista.

La foto è evidentemente “posata” e nei provini a contatto di due rullini è possibile osservare i diversi tentativi fatti prima di arrivare alla celebre immagine: c’è la donna che legge il giornale; c’è la donna pensosa ritratta accanto a un giornale murale; c’è la donna raggiante che stringe il giornale in una mano e alza l’altro pugno al cielo. Poi Patellani ha l’idea “giusta” e fa scattare una ventina di volte la sua Leica mentre la ragazza infila la testa nel giornale e a un certo momento anche la mano sinistra (ecco il perché del buco sul giornale in alto a destra che compare nella foto definitiva).

Chi era la ragazza

Sull’identità della giovane donna si erano fatte molte ipotesi. Che fosse una familiare di Patellani, ad esempio, perché nei provini compaiono anche alcuni scatti privati. Ipotesi però esclusa categoricamente dal figlio del fotografo – scomparso nel 1977 senza rivelare il nome della modella.

Deve passare un anno dall’appello lanciato da Tedeschini Lalli  e Lonardi perché una fonte anonima si faccia viva e sveli il mistero. “Finalmente trovo il tempo affinché sia dato giusto onore alla figura sorridente che con il suo volto giovane sbuca dalla pagina del corriere della sera dal lontano 1946” dichiara la fonte, nella ricostruzione pubblicata nella seconda parte della inchiesta.

Ed ecco che finalmente salta fuori il nome: Anna Iberti, futura moglie di Franco Nasi, uno dei primi giornalisti del Giorno. Ed è a questo punto che Tedeschini Lalli e Lonardi si mettono al lavoro alla vecchia maniera: scavare un po’ per arrivare alla famiglia e trovare conferma. Libri, vecchie annate di giornali, annunci di nozze e necrologi in cerca di nomi e di fonti, fino alla notizia che la ragazza è proprio lei Anna e che è mancata nel 1997.

Nel giugno 1946 Anna Iberti aveva 24 anni e non era ancora sposata. Dopo le magistrali aveva insegnato brevemente e in quel momento lavorava come impiegata nell’amministrazione del quotidiano socialista Avanti!. Il padre Alberto, caporeparto in una delle fabbriche automobilistiche milanesi era un vecchio socialista. 

Franco Nasi aveva la stessa età di Anna e anche lui probabilmente lavorava al quotidiano socialista al momento del referendum. Ma quando la corrente socialdemocratica si staccò dalla maggioranza PSI la redazione dell’Avanti! si divise dando vita alla Umanità, dove Anna Iberti passò a lavorare con Nasi che ne divenne il capocronista.

Si sarebbero sposati nel giugno 1949, accompagnati da trafiletti augurali di tutta la stampa milanese, senza distinzioni politiche. Testimoni di nozze alcuni dei più noti giornalisti del dopoguerra, come Paolo Murialdi e Mino Monicelli, anche loro all’epoca all’Umanità. Negli anni successivi Franco Nasi avrebbe lavorato, fra le altre testate, per il Corriere della Sera, poi a lungo e in due riprese per il Giorno, come inviato della Stampa e vicedirettore della Domenica del Corriere. Anna, invece, avrebbe lasciato presto il lavoro, per vivere una vita di madre di famiglia e di forte impegno sociale ad esempio come volontaria per i progetti del CAM, il Centro ausiliario per i problemi minorili.

La foto, scoprono Tedeschini Lalli e Lonardi, era stata scattata sul tetto del“Palazzo dei giornali” di piazza Cavour a Milano, dove aveva la redazione l’Avanti! Quale sia stato l’intreccio di conoscenze e casualità che portò Patellani a scegliere proprio Anna Iberti è destinato a restare l’unico mistero della prima storia fotografica repubblicana.

 

 

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Fonte: cronaca agi