L’autore di Collasso e fondatore dell’accelerazionismo è il pensatore che più di altri incarna la nostra epoca digitale, distopica e sempre meno comprensibile
“Collasso: sindrome cinese planetaria, dissoluzione della biosfera nella tecnosfera, crisi terminale delle bolle speculative, ultravirus e rivoluzione spogliata di ogni escatologia cristiano-socialista”. Queste febbrili righe, che pur nella loro difficile interpretazione sembrano scritte ieri, risalgono invece al 1994 e sono tratte da uno dei più noti saggi di Nick Land, Meltdown, da poco riapparso assieme ad altri testi nel volume Collasso (Luiss University Press).
È solo una delle tante profezie – ma il termine corretto è iperstizioni: fenomeni che una volta enunciati condizionano il corso degli eventi (in maniera non dissimile dalle profezie che si autoavverano) – di questo filosofo britannico oggi sessantenne. Per essere una delle figure che più ha prefigurato il tempo in cui viviamo, il nome di Nick Land è tuttora sconosciuto al grande pubblico, nonostante la riscoperta abbastanza recente legata al (temporaneo) successo dell’Accelerazionismo: corrente filosofica da lui prima fondata e poi ripudiata (come vedremo più avanti).
Per avere solo una rapida idea del suo impatto sulla nostra epoca, basti pensare che potrebbe essere lui il diretto ispiratore del motto “move fast and break things” che ha condizionato l’approccio travolgente, incurante, a volte caotico di molte delle più importanti startup del mondo digitale: “L’accelerazionismo di Nick Land si collega alla convinzione della Silicon Valley che i mercati debbano muoversi a grande velocità e che la tecnologia debba essere disruptive”, scrive per esempio il saggista Nicholas Blincoe, che di Land fu studente.
L’ombra di Nick Land si staglia in maniera però ancora più inquietante su un altro dei fenomeni che caratterizzano la nostra epoca: l’ascesa della alt-right che ha portato alla vittoria di Donald Trump e, più in generale, ha contribuito a donare all’estrema destra un fascino tutto nuovo. Come può un quasi sconosciuto professore di filosofia i cui testi più importanti risalgono alla metà degli anni Novanta aver giocato un ruolo di tale importanza? Per capirlo, bisogna partire dall’inizio.
Gli esordi e gli studi
Nato nel 1962 da qualche parte in Gran Bretagna, Nick Land lascia tracce di sé nel momento in cui inizia a insegnare Filosofia – non ancora trentenne – all’università di Warwick, non lontana da Birmingham. In una fase in cui nei paesi anglofoni già imperversa la filosofia analitica, i suoi riferimenti principali sono tutti prettamente continentali: Deleuze, Guattari, Bataille, Lyotard e soprattutto Nietzsche (su cui torneremo più avanti).
Fin da subito, è chiaro che Nick Land non rappresenta il docente di Filosofia dell’immaginario collettivo. “Quando bussavo al suo ufficio sentivo sempre in risposta un frenetico rumore: era lui che rimetteva a posto in tutta fretta il suo armamentario per l’hashish, dopodiché si udiva un ‘chi è?’ quasi senza respiro. Lui era strafatto e il suo ufficio puzzava. Ma era in grado di irradiare un’eccitazione che rendeva la filosofia appassionante”, racconta sempre il suo ex alunno Nicholas Blincoe.
Nei suoi anni alla Warwick, il progetto fondamentale di Land è quello di “accelerare la cultura”: permettere a nuove idee di prosperare, liberandosi dal mondo vecchio e polveroso dell’accademia tradizionale. Ed è proprio a questo scopo che, attorno al 1994, Land dà vita al Cybernetic Culture Research Unit (Ccru), uno dei primi movimenti ad affrontare i temi dell’intelligenza artificiale e del ruolo dell’umanità in un mondo dominato dalla tecnologia. I resoconti delle riunioni e delle conferenze del Ccru raccontano di anfetamine, musica elettronica e jungle (antenata dell’odierna drum&bass), testi sincopati e ricchi di cyber-neologismi, dando vita a un’atmosfera più simile a quella di un evento notturno in qualche club underground che a ciò che ci si attende da un dipartimento accademico.
Attorno a lui si radunano pensatori che poi avranno ruolo importanti nel pensiero filosofico e politico dei decenni successivi: Mark Fisher, Luciana Parisi, Steve Goodman, Sadie Plant, Robin Mackay e altri ancora. È in questi anni che enuncia il suo testo più famoso, il già citato Meltdown, dove Land si presenta come una sorta di cyber-Nietzsche, esprimendosi con brevissimi e suggestivi periodi, a tratti assolutamente incomprensibili eppure (letti nella loro interezza) in grado di restituire una visione di ciò che sta pulsando sotto il terreno socio-economico: “Il governo collassa rovinosamente. La sua recessione dispiega uno scenario di guerra urbana di arterie comunicative, fortificazioni e zone di fuoco incontrollato, pattugliate da una combinazione di forze aeromobili intensive della polizia di Los Angeles e organizzazioni di sicurezza privata nazi-borderline”. In un’epoca di sorveglianza, estrema destra, rivolte che arrivano fin nel cuore della più potente democrazia e altro ancora, leggere queste righe non ricorda tanto un romanzo distopico: dà invece forma ai nostri più cupi timori per il futuro.
L’illuminismo oscuro
La febbrile esperienza del Ccru non durerà però a lungo: tra il 1997 e il 1998 il gruppo originario inizia ad abbandonare Warwick (dove era visto tutt’altro che di buon occhio), mentre il movimento fondato da Nick Land scivola tra le braccia dell’esoterismo, della numerologia, dell’occulto e del millenarismo, diventando sempre più simile a una setta religiosa. “Me ne sono andato prima che precipitasse nella più completa follia”, ricorda – parlando con il Guardian – Robin Mackay. Già nei primi anni 2000, il Ccru è un ricordo del passato, mentre Nick Land (dopo un crollo nervoso causato anche dall’abuso di sostanze) scompare dalla scena pubblica.
Ricomparirà qualche anno più avanti a Shanghai, folgorato da una Cina che, ai suoi occhi, appare come “il più grande motore politico di sviluppo economico e sociale che il mondo abbia mai visto”. Una nazione che, grazie all’unione di marxismo e capitalismo e a uno sviluppo che procede a ritmi frenetici, incarna per molti versi lo spirito accelerazionista. È qui – distaccandosi ormai completamente dai suoi discepoli, che daranno invece vita all’Accelerazionismo di sinistra – che Nick Land diventa il teorico del cosiddetto Illuminismo Oscuro: teoria politica neoreazionaria, che rifiuta l’egualitarismo e unisce ultraliberismo e conservatorismo sociale.
Vi ricorda qualcosa? È anche a partire dalle nuove teorie di Land che su internet – e in particolare su Reddit – iniziano a radunarsi gruppi di nerd che fanno loro le teorie dell’Illuminismo Oscuro, mescolandole con meme, pratiche magiche e altre follie. Solo che questo movimento non si fermerà sui forum, ma darà un contributo sostanziale all’elezione di Donald Trump, perfetta incarnazione delle teorie reazionarie, accelerazioniste, ultracapitaliste, apocalittiche di Nick Land. Che, così, porta in qualche modo a compimento la sua visione del “Collasso”, con il più classico meccanismo dell’iperstizione.
E adesso? Uno dei suoi ultimi saggi degni di nota è dedicato, non stupirà scoprirlo, ai bitcoin. Per il resto, poco si sa di cosa stia combinando questo personaggio: un filosofo distopico e cyberpunk (corrente da lui spesso citata) che già nel 1994 aveva colto alcuni tratti fondamentali del futuro che sarebbe venuto, descrivendoli però con un linguaggio degno di Ghost in the Shell: “Al segnale del virus che ci connette alla matrice, varchiamo la soglia e scivoliamo nella macchina, che attendeva la convergenza con il nostro sistema nervoso. La nostra maschera umana cade, la pelle si rimuove facilmente e rivela scintillanti componenti elettroniche”.
Fonte: wired.it/