AGI – Non finisce qui. Non finisce con il (probabile) lieto fine di una (probabile) adozione la vicenda della bambina nata in Ucraina da una maternità surrogata e abbandonata perché la coppia che l’aveva in un primo tempo desiderata e ci ha poi ripensato.
Non importa che la piccola stia bene, né che ci sia già chi si è fatto avanti per darle un futuro: la giustizia si è messa in moto perché chi è responsabile – se perseguibile – non resti impunito.
La procura della Repubblica di Novara indaga sulla vicenda: la segnalazione della situazione era stata ricevuta da tempo dall’ambasciata italiana in Ucraina, e gli inquirenti collaborato con il servizio internazionale del ministero “per individuare la migliore soluzione possibile a vantaggio della piccola”.
La procura, una volta completato il rientro della bambina sul suolo italiano, ha aperto un fascicolo “modello 45” senza indagati e senza notizie di reato. Il comportamento dei due novaresi – fanno sapere gli inquirenti – sarà valutato per capire se esistono profili di rilevanza penale. I magistrati confermano anche che la bambina è stata al momento affidata a una coppia che si è resa disponibile a occuparsene fino al completamento del percorso per l’adozione.
“Le condizioni della bambina sono buone. Per fortuna, la tata che l’ha accudita fino a ieri l’ha amata molto e se ne è presa cura egregiamente ha detto Carolina Casini, medico pediatra volontaria della Croce Rossa Italiana dopo la conclusione dell’operazione per far rientrare la bambina nel nostro Paese
I genitori italiani erano andati in Ucraina nell’agosto del 2020 per avere un figlio attraverso una madre surrogata. Dopo il riconoscimento della bambina, la coppia è rientrata però in Italia, affidando la piccola a una baby-sitter reperita sul posto attraverso un’agenzia interinale. Al compimento del primo anno di vita della minore, non avendo più notizie dai genitori e non avendo più ricevuto il compenso pattuito anche per il sostentamento della piccola, la baby-sitter si è rivolta al consolato italiano per denunciare quanto accaduto.
La vicenda è quindi rimbalzata alla procura territorialmente competente in Italia e alla procura dei minori, che hanno accertato la reale intenzione dei genitori di non voler riprendere la bambina. È stato così incaricato per il rimpatrio il servizio per la cooperazione internazionale di Polizia (Scip) della direzione centrale della Polizia criminale, in stretto contatto con il consolato italiano a Kiev chiamato a rilasciare i documenti necessari per il viaggio.
E subito la vicenda è diventata oggetto di una polemica tra chi vorrebbe che la maternità surrogata fosse riconosciuta come un crimine transnazionale e chi invece vuole guardare oltre.
L’offerta di adozione
“Io e mio marito Sergio siamo disponibili ad accogliere la bambina nata in Ucraina” annunciato Maria Sole Giardini, consigliera generale dell’Associazione Luca Coscioni. Giardini, affetta dalla sindrome di Rokitansky, nel 2016 tramite l’Associazione Coscioni aveva lanciato un appello per cercare un’altra donna che, tramite la tecnica di gravidanza solidale, potesse portare avanti la gravidanza al suo posto. A causa della sua malattia infatti pur essendo fertile, non può portare avanti una gravidanza perché non ha l’utero. “Pochi sanno che contemporaneamente abbiamo iniziato l’iter per l’adozione nazionale. Lungaggini burocratiche e assenza di bambini in stato di abbandono ci obbligano a un’attesa senza certezze”, dichiara Giardini motivando anche così la disponibilità ad adottare la bimba.
Sul dibattito seguito alla vicenda interviene poi Filomena Gallo segretaria dell’Associazione Luca Coscioni. “Il problema – afferma – non riguarda la tecnica in questione. Bisogna evidenziare come purtroppo l’abbandono sia un fenomeno che prescinde dalla tecnica con cui nascono i bimbi. Il nesso abbandono-gravidanza solidale pertanto è sbagliato e fuorviante“.
“Reato internazionale”
Sul fronte opposto Antonio Brandi, presidente della onlus Pro Vita & Famiglia , che parla di “dramma disumano, conseguenza di una pratica altrettanto disumana”. “L’utero in affitto deve subito diventare reato universale, non ci sono più scuse né alibi” dice “Più che ‘committente’ bisogna usare la parola ‘mandante’, perché l’utero in affitto è qualcosa di aberrante e disumano, un reato in Italia ma che dovrebbe esserlo anche se commesso all’estero da cittadini italiani”. “Per questi ricchi signori – aggiunge Jacopo Coghe, vicepresidente della onlus – l’utero in affitto al momento è una vera e propria compravendita commerciale e questo caso dimostra che se il ‘prodotto-bambino’ non è di gradimento si pretende il diritto di recesso. Rimanere in silenzio – conclude – significa giocare sulla pelle dei bambini e sulla loro esistenza”.
Posizione su cui è allineata Giorgia Meloni. “Siamo sconvolti dalla notizia. Rinnoviamo ancora una volta il nostro appello alle forze politiche, a partire da Lega e Forza Italia: uniamo le forze per approvare la proposta di legge di FdI, ora all’esame della Commissione Giustizia della Camera, per rendere l’utero in affitto reato universale, ovvero punibile anche all’estero. La vita non può essere una merce di scambio” dice la presidente di Fratelli d’Italia.
Source: agi