Chi è Annalena Baerbock, la leader Verde che vuole guidare la Germania 


AGI –  “Io sono il cambiamento, gli altri lo status quo”: non poteva essere più esplicita Annalena Baerbock – di cui oggi i Verdi hanno annunciato la candidatura nella corsa alla cancelleria federale – nel tratteggiare quella che, secondo gli ambientalisti tedeschi, è la chiave della loro campagna elettorale.

E anche la biografia della politologa quarantenne che dal 2018 guida il partito che fu di Joschka Fischer insieme al co-leader Robert Habeck è in linea con tale promessa: sconosciuta ai più finché non venne eletta deputata nel 2013, Baerbock è considerata l’anima “pragmatica” dei Verdi tedeschi, la donna in ascesa capace di tessere reti che vanno ben al di là della classica contrapposizione tra “realisti” e “fondamentalisti” interna agli ambientalisti. 

Pronta alla sfida

Madre di due bambine, ha studiato scienze politiche ad Hannover e diritto internazionale a Londra, per poi trasferirsi nel Brandeburgo, dove dal 2009 al 2013 è stata presidente regionale dei Verdi prima di approdare al Bundestag. Attualmente vive a Potsdam, nel cui collegio elettorale corre tra gli altri contro il candidato alla cancelleria della Spd, il ministro alle Finanze Olaf Scholz.

Esperienza di governo in senso stretto non ne ha (al contrario del “filosofo” Habeck, che è stato ministro all’Ambiente e vicegovernatore nel suo Schlewsig Holstein). “Non sono mai stata cancelliera né ministra, ma sono pronta alla sfida”, ha scandito oggi nell’accettare la candidatura.

Una candidatura in linea con lo ‘Zeitgeist’ 

Il dettaglio più noto della biografia della donna che potrebbe diventare la prima cancelliera verde della Germania è il fatto che da giovane abbia praticato – a livello agonistico – lo sport del salto del trampolino: metafora perfetta, dal punto di vista dei Verdi, per il balzo che rappresenterebbe il suo approdo al posto oggi occupato da Angela Merkel.

Una metafora perfetta anche per il drastico cambio di scenario che implicherebbe la stessa immagine che la Germania ha di se stessa dopo 16 anni di un governo nel segno dell’ex “ragazza dell’est”. In più, Baerbock non solo è giovane, ma è considerata anche molto preparata, oltreché “smart” e colta, in linea con lo ‘Zeigeist’ degli anni Venti, in un’ideale continuità che va dalla neozelandese Jacinda Ardern alla premier finlandese Sanna Marin alla sua collega estone Kaja Kallas.

Figlia di una pedagoga e di un ingegnere, cresciuta in una fattoria nella campagna fuori Hannover, studi di scienze politiche e diritto pubblico ad Amburgo, poi diritto internazionale alla London School Of Economics, Baerbock vanta anche una certa esperienza in politica estera, tra l’altro come consigliera dell’europarlamentare Elisabeth Schroedter; il che non guasta per una futura cancelliera della locomotiva d’Europa.

L’ascesa dei Verdi

Quel che tutti i commentatori riconoscono alla coppia Baerbock-Habeck (che ha promesso di continuare a condurre fianco a fianco la campagna elettorale in vista del voto federale del 26 settembre) è che la formidabile crescita dei consensi che i Verdi conoscono ininterrottamente dal 2018 a oggi porta il loro marchio.

I due – come anche gli altri volti più popolari del partito – sono fotogenici, prediletti dai giornali e praticano un linguaggio molto poco politichese. E soprattutto, hanno saputo gettarsi alle spalle l’infinita lotta tra “realos” e “fundos” (realisti e fondamentalisti, appunto) che per tanti anni ha bloccato l’uscita dei Verdi tedeschi dal loro recinto.

Come hanno ribadito infinite volte, il loro progetto è chiaro: per cambiare il Paese è necessario governare, e per fare questo bisogna sapere andare oltre i vecchi confini ed accettare la stessa idea di “potere” (parola che fino a qualche anno fa era quasi considerata un insulto nel mondo ambientalista tedesco). 

Una presenza capillare nei governi locali

Un progetto che sono riusciti già ampiamente a realizzare: i Verdi governano attualmente in 11 Laender su 16, peraltro in svariate costellazioni. Ossia con la Cdu di Frau Merkel in Assia e nel Baden Wuerttemberg (con il governatore verde Winfried Kretschmann), con la Spd e la Cdu in Sassonia, Brandeburgo e Sassonia-Anhalt, con la Spd e la Linke a Berlino, a Brema e in Turingia, con la Spd e i liberali dell’Fdp in Renania Palatinato (la cosiddetta coalizione ‘semaforo’ che secondo molti potrebbe fare da modello per una futura maggioranza nazionale), con i cristiano-democratici e i liberali nello Schleswig Holstein.

Al tempo stesso, i Verdi hanno ottenuto importanti successi elettorali in Baviera, in Assia e alle elezioni europee, e hanno conquistato anche la posizione di primo cittadino in diverse città, tra cui Hannover, governata da Belit Onay, di origini turche. Per avere un termine di paragone esatto: i Verdi alle elezioni federali del 2017 si erano dovuti accontentare dell’8,9% dei voti, oggi nei sondaggi viaggiano stabilmente tra il 20 e il 23% dei consensi.

Tutto questo fa sì che quello che, neanche tre mesi fa, da qualche giornale veniva definito “scenario da sogno” per la formazione ambientalista sembra realizzarsi passo per passo, rendendo plausibile l’ascesa di Baerbock alla cancelleria.

A congiurare a favore dei Verdi anche l’evidente crisi dell’Unione Cdu-Csu, che dopo un boom di popolarità nella prima fase della pandemia da coronavirus, ora nei sondaggi è finita ben al di sotto della soglia psicologicamente cruciale del 30% (dieci mesi fa era addirittura il 40%). Il che rende immaginabile una rincorsa dei Verdi, mentre gli altri partiti appaiono sostanzialmente “congelati” nelle loro posizioni: a cominciare dall’Spd di Scholz, da tempo immemorabile ferma intorno al 15-16%.

Indispensabili per qualsiasi governo

In sostanza, sia che prenda forma l’ipotesi di un’alleanza con la Cdu, sia che dovesse prevalere il ‘semaforo’ con Spd ed Fdp, con questi numeri un futuro governo non potrà prescindere dai Verdi. Le gole profonde berlinesi giurano che la strategia della campagna elettorale verde è già scritta: una narrazione tutta “speranza, innovazione e nuovi orizzonti” alla Barack Obama, un “Yes we can” in salsa ambientalista.

Gli analisti concordano: per una narrazione del genere, Baerbock è perfetta. Non solo perché praticava con agilità il trampolino: colei che potrebbe prendere il posto di Merkel, tra le altre cose è impegnata in un’associazione a favore dei profughi, è stata la grande mediatrice nel difficile accordo che l’anno scorso ha portato alla nuova legge sulla donazione degli organi, difende il diritto di scelta nell’eutanasia ma mostra sempre attenzione alle sensibilità della Chiesa.

Al tempo stesso, bada anche a non far offuscare dalla sola lotta ambientale i temi dei diritti, della sanità, cosi’ come del lavoro e delle dinamiche industriali. Secondo lei e Habeck una combinazione cruciale se i “Gruenen” intendono davvero porsi come prospettiva realistica di governo in un mondo post-merkeliano.

Source: agiestero