Che cosa vede chi sta per morire


AGI – Dalla percezione di separazione dal corpo fino alla sensazione di trovarsi a casa: le esperienze pre-morte sono accomunate da situazioni molto particolari, e le persone che hanno affrontato questi momenti riportano ricordi molto lucidi e consapevoli, associati a temi universali e memorie personali.

Queste, in estrema sintesi, le conclusioni di uno studio pubblicato sulla rivista Annals of the New York Academy of Sciences e condotto dagli scienziati della Critical Care and Resuscitation Research presso la New York University Grossman School of Medicine. Il team, guidato dallo scienziato Sam Parnia, ha valutato le prove scientifiche per analizzare i ricordi legati alle esperienze di fine vita.

Il gruppo di ricerca interdisciplinare comprendeva esperti e specialisti dell’Università di Harvard, della Baylor University, dell’Università della California a Riverside, dell’Università della Virginia, della Virginia Commonwealth University, del Medical College of Wisconsin e dell’Università di Southampton.

Stando a quanto emerge dall’analisi, i progressi nella rianimazione e nella medicina di terapia intensiva hanno portato a un aumento significativo nel numero di persone in grado di ricordare esperienze di pre-morte. Gli studiosi sottolineano che queste situazioni non sono coerenti con l’ipotesi di allucinazioni, illusioni o esperienze indotte da droghe psichedeliche, ma seguono uno specifico arco narrativo che implica percezione di separazione dal corpo, senso di riconoscimento della morte, visione mirata della propria esistenza, analisi critica delle esperienze vissute, sensazione di trovarsi a casa.

Ricerche precedenti, aggiungono gli esperti, supportano le testimonianze simili relative a questi episodi. “L’arresto cardiaco – afferma Parnia – costituisce la fase finale di una malattia o di un evento che causa la morte di una persona. Grazie alle moderne tecniche di intervento, la morte non è uno stato assoluto, quanto piuttosto un evento che, per quanto possibile, deve essere studiato scientificamente”.

Le cellule cerebrali non si danneggiano immediatamente a seguito dell’interruzione dell’attività cardiaca, il che permette alla ricerca di approfondire eventi fisiologici e mentali che si verificano in relazione alla morte. “Ci sono poche ricerche sulle esperienze di fine vita – rileva Parnia – ma si tratta di informazioni importante che potrebbero cambiare la coscienza umana dell’oltremorte”.

Il gruppo di ricerca sta cercando di sviluppare delle nuove tecniche di rianimazione in modo da migliorare l’erogazione di ossigeno al cervello e incrementare la prevenzione di arresto cardiaco. “Speriamo di approfondire le dinamiche legate alle esperienze di fine vita – conclude Parnia – e comprendere meglio cosa accade all’organismo quando il cuore si ferma”. 

Source: agi