Catalogna e Scozia: elementi comuni e criticità


di Nicola Caserio

Quello della Catalogna e quello della Scozia sono probabilmente i due movimenti indipendentisti più noti nell’Europa contemporanea. L’attenzione sull’indipendentismo catalano si è riaccesa di recente a seguito dell’approvazione da parte del Congresso spagnolo della contestata legge sull’amnistia per un grande numero di indipendentisti catalani, in gran parte accusati di azioni incostituzionali a seguito del referendum (illegale) per l’indipendenza della Catalogna del 2017. L’approvazione della legge è fondamentale per la tenuta del secondo governo Pedro Sanchez, premier e leader del Partito Socialista Operaio Spagnolo (PSOE) dal 2018 e rieletto nel 2023 con una stretta maggioranza, che basa la sua sopravvivenza sull’alleanza con i partiti indipendentisti catalani.
Come forme di nazionalismo minoritario o regionalismo, i movimenti catalano e scozzese condividono alcune caratteristiche: la rivendicazione di una forma di singolarismo storico, la proposta dell’indipendenza come soluzione politica ad una crisi economica, i riferimenti ad una identità distinta da quella dello Stato centrale. Ma i due movimenti sono divisi da differenze significative: nella risposta delle istituzioni nazionali, nella natura dei rapporti con lo Stato centrale, e anche nell’esperienza storica delle due regioni.

Radici storiche
La storia – reale e presunta – assurge ad un ruolo importante nella legittimazione dei movimenti indipendentisti. In entrambi i casi, è rivendicata l’idea di una sovranità soppressa forzatamente dagli Stati centrali.

Elemento fondante della retorica indipendentista catalana è l’eredità del sistema politico-amministrativo di autogoverno della Generalitat e delle Cortes Catalanes, risalente alla nascita del Regno d’Aragona nel XII secolo.

Nel caso scozzese, le ragioni storiche del separatismo risiedono nella storia secolare del Regno di Scozia e del suo Parlamento, smantellato nel 1707 con l’Atto di Unione con l’Inghilterra e ricostituito solo nel 1999.

La narrativa dei separatisti è poi scandita dall’esperienza della ribellione e dell’oppressione da parte dello Stato centrale, simbolizzata da avvenimenti storici che agiscono come punti di riferimento emotivi per la lotta indipendentista. La frizione tra lo Stato centrale e la Catalogna avvenne con la Guerra di successione spagnola (1701-1714), che segnò la fine del sistema amministrativo della Generalitat e una svolta in senso assolutistico e centralistico del potere. Nel caso scozzese, le guerre di indipendenza del XIII secolo e le insurrezioni giacobite – iniziate dopo l’Atto di Unione – testimoniano la resilienza e l’attaccamento della Scozia alla sua libertà.

Entrambe le regioni conobbero periodi di oppressione: la dittatura franchista significò una forte repressione degli elementi fondanti dell’identità catalana, come la lingua, che venne resa illegale; mentre gli Scozzesi, sconfitti nella Battaglia di Culloden del 1746, subirono la repressione dei costumi e le tradizioni scozzesi, come la cultura dei Clan delle Highlands.

Le risposte istituzionali in Catalogna e Scozia
Le risposte delle istituzioni – nazionali e internazionali – all’indipendentismo catalano e scozzese sono piuttosto diverse. Il referendum che si tenne nel 2017 in Catalogna fu considerato illegale dall’allora governo di Mariano Rajoy, che ricorse all’Art. 155 della Costituzione per commissionare la regione e sospenderne l’autonomia. Il referendum aveva determinato la vittoria dell’opzione secessionista con oltre il 90% delle preferenze, ma con una partecipazione di poco superiore al 40% degli aventi diritto. Seguirono inchieste giudiziarie che comportarono l’arresto di alcuni dei principali leader catalani per accuse di sedizione e malversazione, e la fuga del Presidente della Generalitat Carles Puidgemont. Anche Brussels condannò il referendum e ha sempre sostenuto l’impossibilità per la Catalogna di restare automaticamente nell’UE nell’ipotesi di una secessione dalla Spagna.

In Scozia, invece, il referendum del 2014 fu il risultato di un accordo con il governo guidato da David Cameron e si risolse con la vittoria degli unionisti e con una grande affluenza elettorale. Il governo centrale concesse il referendum come “evento generazionale” e non ha mai approvato la possibilità di un’ulteriore consultazione. Ciononostante, il referendum e la sua fase preparativa favorirono un dibattito pubblico sulle conseguenze dell’indipendenza. Anche nel caso scozzese, l’UE, attenta a non foraggiare i movimenti separatisti negli altri Paesi, non ha mai accolto le istanze separatiste. Motivazioni: tra economia e identità
Oltre al richiamo alle radici storiche che di certo accomuna i movimenti separatisti di Catalogna e Scozia, a contribuire alla narrativa delle istanze autonomiste in entrambi i casi sono anche motivazioni economiche. Molto rilevante per il rafforzamento del sentimento indipendentista catalano è stata la crisi economica che ha colpito la Spagna all’inizio degli anni dieci: i partiti nazionalisti hanno proposto come soluzione al malcontento sociale l’idea dell’indipendenza, che avrebbe permesso alla regione di gestire le proprie risorse anziché devolverle allo Stato centrale. Anche la crisi dei partiti politici tradizionali ha contribuito ad un maggiore favore elettorale per gli indipendentisti . Pesa indubbiamente anche la percezione della Catalogna come motore propulsore dell’economia spagnola – il Pil catalano contribuisce per il 20% a quello nazionale -, penalizzata però dalla redistribuzione delle risorse tra le altre comunità. Anche il fattore identitario è significativo, soprattutto con la rivendicazione della lingua catalana, soffocata in era franchista ma che ha oggi acquisito uno status speciale.

Le motivazioni economiche sono anche ampiamente utilizzate nel movimento per l’indipendenza scozzese, in cui predomina la visione di una Scozia in grado di controllare e beneficiare delle sue risorse naturali – in particolare i giacimenti petroliferi nel Mare del Nord – e con un mercato del lavoro e un approccio all’immigrazione più equo e progressista. Negli ultimi anni, il nazionalismo scozzese si è in qualche modo agganciato al sentimento europeista e al malcontento per la Brexit – gli Scozzesi votarono a maggioranza per restare nell’UE – e promuove dunque la speranza di una Scozia indipendente e parte dell’Unione. La rivendicazione identitaria è in qualche modo secondaria rispetto alle motivazioni politiche ed economiche, anche perché la Scozia già conserva un diverso sistema educativo, giudiziario e una diversa religione rispetto a quelli inglesi. Ciononostante, alcuni elementi della tradizione scozzese sono entrati a far parte della cultura di massa e le hanno garantito una certa riconoscibilità a livello globale.

Affinità e differenze tra i movimenti
I movimenti indipendentisti catalano e scozzese sono accomunati da alcuni elementi, come il richiamo ad una storia di indipendenza e ribellione all’autorità centrale e la percezione di una identità distinta e minacciata dallo stato centrale. È importante sottolineare come, di fatto, la Catalogna non fu mai uno stato indipendente nella definizione moderna del termine, e di come le vicende storiche possano essere usate per infarcire la narrativa indipendentista. In entrambi i casi, la questione delle radici storiche del nazionalismo si interseca con la prospettiva di migliori opportunità economiche che deriverebbero dalla sovranità delle risorse.

A tal riguardo, entrambi i progetti mancano di una strategia reale : le questioni della valuta da adottare, dei rapporti con l’UE e con la comunità internazionale, del clima di incertezza con cui l’indipendenza verrebbe accolta dai mercati, non sono state adeguatamente affrontate dai leader separatisti se non con vaghi slogan.

Una differenza sostanziale tra le due esperienze è stata la reazione istituzionale: nel caso scozzese, il referendum del 2014 è stato negoziato con il governo centrale, che di fatto si è aperto alla possibilità di una secessione e posto le basi per un dibattito pubblico nazionale; nel caso catalano, il referendum del 2017 è stato dichiarato illegale e i suoi promotori sono stati perseguiti penalmente. Ciò è influenzato anche dalla struttura costituzionale dei due Stati: la Spagna è dotata di una Costituzione rigida che sancisce l’indivisibilità dello Stato, mentre il Regno Unito è una unione di nazioni costituenti basata sul principio del consenso. Inoltre, i partiti nazionalisti catalani sono molto più eterogenei – dalla sinistra radicale all’estrema destra – e divisi rispetto a quelli scozzesi, tradizionalmente alla sinistra dello spettro politico .

È interessante guardare ai rapporti tra i due movimenti: se per gli indipendentisti catalani la Scozia è un modello da seguire, gli Scozzesi si sono mostrati cauti nell’affezionarsi alla causa catalana, anche per non inimicarsi la Spagna in vista di un’ipotetica candidatura all’UE.

Fonte: Orizzonti Politici