Capodanno: lenticchie portafortuna in 8 tavole su 10


Nel menu del cenone in oltre otto tavole su dieci (85%) sono previste quest’anno le lenticchie chiamate a portar fortuna mentre il tradizionale chicco d’uva è servito nel 56% dei casi. E’ quanto emerge dall’analisi Coldiretti/Ixe’ sul Capodanno degli italiani che puntano anche quest’anno sull’accoppiata vincente con il cotechino o lo zampone al quale non rinuncia ben il 70%.
“La produzione in Italia di lenticchia – sottolinea Coldiretti – è di oltre 6 milioni di chili e particolarmente ricercate sono quelle Castelluccio di Norcia Igp ma anche quelle inserite nell’elenco delle specialità tradizionali nazionali come le lenticchie di S.Stefano di Sessano (Abruzzo), di Valle agricola (Campania), di Onano, Rascino e Ventotene (Lazio), molisane (Molise), di Villalba e Ustica (Sicilia) o umbre quali ad esempio quelle di Colfiorito. L’accoppiata vincente è con circa 4 milioni di chili di cotechino e zampone consumati proprio a fine anno con gran parte della produzione nazionale che è certificata come Cotechino e Zampone di Modena Igp, riconoscibili dal caratteristico logo a cerchi concentrici gialli e blu con stelline dell’Unione Europea, ma si rileva anche una apprezzabile domanda di cotechini e zamponi artigianali, anche acquistati direttamente dai contadini nelle fattorie e nei mercati degli agricoltori di Campagna Amica”. (AGI)
(AGI) – Roma, 28 dic. – Non solo lenticchie: tra i piatti portafortuna a fine anno ci sono anche i chicchi di uva. “Ne vanno mangiati dodici, uno per ogni mese dell’anno – ricorda Coldiretti – e di buon auspicio sono anche i melograni simbolo di riparo e protezione dai problemi che il nuovo anno potrebbe portare. E sorprendentemente portano fortuna anche gli spaghetti a patto però di cucinarli interi, senza spezzarli”.
La nascita dello zampone, ricorda Coldiretti, “viene fatta risalire intorno al 1511, anno in cui le truppe di Giulio II, papa guerriero, assediarono Mirandola, fedelissima alla Francia e patria di Giovanni Pico, ancora ricordato per la sua prodigiosa memoria. Gli abitanti della città presa d’assedio, per non lasciare ai nemici i pochi suini rimasti, li uccisero tutti e per non sprecare la carne in un solo momento la affidarono a un cuoco di Pico. Questo personaggio ebbe la brillante idea di tritare tutta la carne e miscelarla, com’era uso nella cucina rinascimentale, con molte spezie. Una volta completata questa operazione inserì il composto nella pelle delle zampe anteriori dei maiali, per poterlo conservare a lungo e cuocerlo al momento opportuno. Nacque così – conclude Coldiretti – il prototipo del famoso e ancora attualissimo zampone di Capodanno”. (AGI)