Cambiamento climatico: ecco quali regioni europee saranno più colpite


Gli effetti del cambiamento climatico si fanno sentire, inutile negarlo. Caldo torrido, alluvioni, “medicane” o uragani mediterranei, distruzione e danni sono ormai quasi una costante. A pagare il conto più salato in Europa, nel 2023, sono stati Portogallo, Spagna e Italia. Nel nostro Paese, tra Emilia-Romagna e Marche, le piogge hanno fatto straripare 23 fiumi, causando ben 14 morti. Un milione le persone colpite, 30 mila costrette a lasciare le case, mentre i danni ammontano a 5 miliardi di euro. A questo elenco tragico si è aggiunta nelle ultime settimane anche la Toscana dove ci sono state, i primi giorni di novembre, sette vittime.
Temperature record a giugno e luglio 2023
Tutta “colpa” del cambiamento climatico e di “eventi meteo estremi” che, nell’Europa Meridionale, hanno fatto classificare giugno 2023 come «il più caldo mai registrato». Ma sono record che sono destinati a durare poco. Il quadro riepilogato nella relazione annuale sullo “Stato delle regioni e delle città”, predisposto dal Comitato delle Regioni europee, preannuncia «temperature destinate a salire» con «significative conseguenze» per ambiente, persone e attività produttive. Se a questi elementi si aggiungono gli incendi, tutto si complica. Come avvenuto in Grecia, in particolare nell’isola di Corfù, dove sono divampati simultaneamente 60 roghi, cui è seguita l’evacuazione di oltre 19 mila persone. Il Copernicus Climate Change Service ha poi confermato che la temperatura media globale per luglio 2023 è stata «la più alta mai registrata per qualsiasi mese».
Ondate di calore fatali
In questo contesto preoccupano i decessi causati dalle ondate di calore, i cosiddetti «eventi meteorologici e climatici ad alto impatto». Un fenomeno che vede al primo posto l’Italia, seguita da Portogallo, Spagna, Grecia e Romania. E poi alcune regioni della Francia del Sud e altre della Germania.I numeri riferiti all’Italia tra il 2015 e il 2022 parlano di 350 decessi per milione di abitante in Toscana, Liguria, Piemonte e parte della Lombardia e (nel continente europeo) buona parte della Spagna. Poco più in basso Sardegna, Sicilia, Calabria e Basilicata con una media compresa tra i 300 e i 350 per milione. Più bassa la percentuale della Puglia con un dato contenuto tra i 150 e i 200 morti per milione. A questi numeri si aggiungono quelli dei decessi legati alle emissioni di inquinanti atmosferici che, secondo l’Agenzia europea dell’ambiente «causano la morte prematura di 315.000 persone all’anno», l’equivalente di un’intera città di medie dimensioni come «Nantes, Timișoara in Romania, Bonn o Bari».
Una conta dei danni in continua crescita
L’altra faccia dei cambiamenti climatici è rappresentata dai danni provocati dagli eventi disastrosi e dai costi per la ricostruzione. La stima indica per il 2017 un importo che oscilla tra i 277 e i 433 miliardi di euro, circa il 2-3 % del prodotto interno lordo dell’Unione europea. Ma anche questa deve essere aggiornata in peggio ed è motivo di allerta tra gli stati europei, soprattutto in Italia, in Spagna e nel sud della Francia dove, nella proiezione per i prossimi decenni sono molte le regioni in cui le infrastrutture critiche rischiano di subire danno per i cambiamenti climatici nell’ordine di un miliardo all’anno.

GLI SCENARI
I danni annui attesi alle infrastrutture critiche nelle regioni europee, dovuti ai cambiamenti climatici, entro la fine del secolo. In milioni di euro
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Secondo uno studio di Eurostat, gli eventi meteorologici estremi, cresciuti del 2% all’anno nell’ultimo decennio, hanno causato nello stesso periodo «oltre 145 miliardi di euro di perdite economiche nell’Unione europea».A pagare il prezzo delle catastrofi legate al clima sono le reti elettriche, quelle di trasporto e i sistemi di informazione e comunicazione. Se non si inverte questa rotta, le regioni costiere sono quelle più a rischio: «Potrebbero subire perdite economiche di circa 39 miliardi di euro all’anno entro il 2050 e fino a 960 miliardi di euro all’anno verso la fine del secolo».
Le conseguenze per i settori produttivi
A risentire degli eventi meteorologici estremi saranno i settori in cui si lavora all’aperto, come l’edilizia e l’agricoltura: «La produttività del lavoro diminuirà, soprattutto nelle regioni mediterranee. Le ondate di calore renderanno il lavoro all’aperto duro e potenzialmente mortale». Basti un dato: in giornate di calore estremo, con temperature oltre i 32 gradi, «in Spagna si è registrata una perdita di produttività pari a mezza giornata di sciopero».
L’ostacolo al turismo
Non meno importante il capitolo turismo. Perché con i cambiamenti climatici e l’aumento delle temperature si potrebbe determinare uno spostamento dei flussi verso aree meno calde, con una conseguente riduzione delle fonti di reddito per le regioni che basano una parte della loro economia sull’industria delle vacanze. «Un aumento della temperatura globale – rimarca ancora la relazione – dovrebbe avere effetti devastanti su questa attività economica, che è fondamentale in molti piccoli villaggi, città e regioni di Cipro, Grecia, Spagna, Italia, Croazia, Portogallo e Malta».
LA PREVISIONE
Evoluzione prevista della domanda turistica regionale in uno scenario di riscaldamento globale di 2 gradi rispetto al 2019
In un quadro che vede le temperature crescere da 1,5 sino a 4 gradi, il crollo maggiore, per quanto riguarda lo scenario europeo, è per le regioni meridionali e, in modo particolare, in Italia. In questo caso si ipotizza che le regioni più colpite possano essere la Sardegna, la Sicilia, la Calabria e la Puglia con un calo del settore pari a un -9,1%. A seguire Veneto, Lazio, Toscana.
Il ruolo delle regioni nell’affrontare l’emergenza
Da qui la necessità di trovare soluzioni a livello locale dove «le catastrofi climatiche hanno un impatto profondo». «Le regioni e le città – sottolinea il Comitato delle Regioni – svolgono un ruolo fondamentale in un’ampia gamma di misure di adattamento dall’ammodernamento delle infrastrutture critiche per resistere alle inondazioni, alla messa a punto di scuole, ospedali e case di cura locali adatti alle ondate di calore; dalla protezione delle zone costiere dall’innalzamento del livello del mare agli investimenti in una gestione efficiente dell’acqua per contrastare la siccità, nonché dalla ristrutturazione degli spazi pubblici in generale per fornire aree di ombra e raffreddamento».
La politica di coesione
L’Unione europea può svolgere un ruolo importante in questo contesto, che registra «un deficit di finanziamento di circa 40 miliardi l’anno». «Nel periodo 2021-27, la politica di coesione investe 12,5 miliardi di euro nell’adattamento ai cambiamenti climatici e nella prevenzione dei rischi – ricorda la relazione – pari al 3 % del suo bilancio totale per 7 anni, mentre l’intero investimento nella transizione verde rappresenta circa il 30%». Un altro fronte su cui si dovrà intervenire è quello della disparità, perché «i cambiamenti climatici e le catastrofi avranno un impatto sempre più disomogeneo tra le regioni europee» e interesseranno, i territori vulnerabili, le famiglie povere e i gruppi sociali emarginati. «La missione dell’Unione europea sull’adattamento ai cambiamenti climatici si concentra sul sostegno alle regioni, alle città e alle autorità locali. L’obiettivo è di accompagnare entro il 2030 almeno 150 regioni e comunità europee verso la resilienza climatica».
di Davide Madeddu -fonte: https://www.ilsole24ore.com/