Bus Mestre: perizia per far luce su ruolo guardrail


È diventato il ‘buco’ nel guardrail il centro dell’inchiesta della Procura di Venezia sull’incidente del bus precipitato a Mestre che martedì sera ha causato la morte di 21 passeggeri. Il procuratore Bruno Cherchi annuncia che nei prossimi giorni affiderà l’incarico di una consulenza a periti di “provata competenza” per ricostruire storia e caratteristiche della barriera lungo il cavalcavia della Vempa.
Intanto si è vista di nuovo la Polizia Locale effettuare dei rilievi sul luogo. Il bus è caduto perché c’era quel ‘vuoto’ di un metro e mezzo? Non per l’assessore comunale ai trasporti, Renato Boraso. “Sono davvero indignato… qualcuno mi deve spiegare come può un varco tecnico che è sempre esistito, di appena 1,5 metri, che serve per fare la manutenzione, essere la ragione per cui un mezzo di 13 tonnellate è caduto da quel cavalcavia. Mi chiedo e mi piacerebbe sapere: come mai il bus non ha frenato, né mai controsterzato? Vogliamo capire che striscia per una decina di metri contro il guardrail e questo non cede mai?”. In queste ore sono tutti lì, giornalisti di varie televisioni europee, ciclisti di passaggio, curiosi, a camminare girando video coi telefoni avanti e indietro sul bordo della strada, vicino alla rosa e al girasole stretti attorno a un palo arrugginito a ricordare chi non è tornato da quel volo di sotto. Ma prima questo ‘buco’ non sembra fosse un tema di attualità.. Perlomeno ad ascoltare la testimonianza di Alessandro Causin, titolare di una storica società di auto e bus a noleggio che parla anche per gli autisti suoi dipendenti. “È un percorso che facciamo spesso ma non abbiamo mai notato questo eventuale buco – dice all’AGI -. Non so peraltro se possa avere avuto un’influenza sull’incidente. Da quello che mi risulta, credo che quello fosse un varco di servizio. C’è anche da dire che forse la ringhiera mezza arrugginita, con lo sfondo della ferrovia, si poteva perdere alla vista dell’occhio”.

Anche Giovanni, un tassista che fa continuamente lo stesso percorso, afferma di non essersi “mai accorto” che ci fosse un’anomalia.  La sua idea, da esperto conducente, “è che l’autista abbia avuto un malore e perso il controllo”. Su questa ipotesi presto arriveranno le prime risposte dell’autopsia eseguita dalla Procura sul corpo di Alberto Rizzotto, il quarantenne di Conegliano alla guida del pullman. Di certo andava molto piano come riferisce Massimo Fiorese della società `La Linea´, proprietaria del mezzo: 6 chilometri orari al varco, in corrispondenza di quello che è stato definito il buco del guardrail e  36 quando il bus ha cominciato sbandare.
Oltre alla consulenza sul guadrail e sul parapetto, ne sono in programma altre come quelle sul telefono dell’autista e sulle batterie al litio. “La giustizia non è uno show, ha i suoi tempi e non ci facciamo condizionare dalle esternazioni di soggetti” è la considerazione all’ennesima domanda sul ruolo del guardrail. Mentre le salme vengono rimpatriate dopo il nulla osta della magistratura, negli ospedali restano quindici persone, nove in terapia intensiva. I feriti più lievi vengono sentiti dagli investigatori. “Ma non è facile, non solo in senso fisico ma anche psicologico – spiega Cherchi -. Molti di questi feriti hanno perso i parenti stretti, sono in condizioni molto delicate. Stiamo cercando di avere un atteggiamento equilibrato tra le esigenze dell’indagine e la situazione di ciascuno in un contesto molto drammatico». Sui racconti di chi è stato già sentito, “parliamo di soggetti che tornavano a casa dopo una giornata in giro, molti erano stanchi, qualcuno dormiva o non si è accorto di niente; c’è una varietà di reazioni”.  (AGI)
MAD