Il Leone d’oro per il miglior artista alla Biennale Arte di Venezia è stato assegnato a Mataaho Collective, il collettivo formato dalle artiste maori Bridget Reweti, Erena Baker, Sarah Hudson e Terri Te Tau, che ha creato, si legge nella motivazione, “una luminosa struttura intrecciata di cinghie che attraversano poeticamente lo spazio espositivo. Facendo riferimento alle tradizioni matrilineari dei tessuti, con la sua culla simile a un grembo, l’installazione – prosegue la motivazione – è sia una cosmologia che un rifugio. Le sue impressionanti dimensioni sono una prodezza ingegneristica che è stata resa possibile solo dalla forza e dalla creatività collettiva del gruppo. L’abbagliante modello di ombre proiettate sulle pareti e sul pavimento rimanda a tecniche ancestrali e fa pensare a usi futuri delle stesse”.
Leone d’argento dell’esposizione internazionale “Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere”, alla britannica di origine nigeriana Karimah Ashadu per il suo video “Machine Boys” abbinato alla scultura in ottone “Wreath”, che “stravolge le ipotesi di genere sullo sguardo e su ciò che è considerato appropriato commemorare”, che “cattura la vulnerabilità di giovani uomini provenienti dal nord agrario della Nigeria, emigrati a Lagos e finiti a bordo di mototaxi illegali”. L’Australia si è aggiudicata il Leone d’oro per la miglior partecipazione nazionale con il padiglione di Archie Moore che ha disegnare a mano con il gesso un monumentale albero genealogico della First Nation: “così – recita la motivazione – 65.000 anni di storia (sia registrata che perduta) sono iscritti sulle pareti scure e sul soffitto, invitando gli spettatori a riempire gli spazi vuoti e a cogliere la fragilità intrinseca di questo archivio carico di lutto”. Menzione speciale come partecipazione nazionale alla Repubblica del Kosovo, con l’installazione di Doruntina Kastrati sul tema del lavoro industriale femminilizzato e dell’usura del corpo delle donne lavoratrici.
Due le menzioni speciali ai partecipanti, conferite alla americano-palestinese Samia Halaby, per il dipinto “Black is Beautiful”, e all’argentina La Chola Poblete, prima artista queer premiata alla Biennale, per il “lavoro critico sulle storie di rappresentazione coloniale da una prospettiva trans-indigena”.
Leone d’oro alla carriera, infine, ad Anna Maria Maiolino, artista brasiliana ma nata a Scalea, in Calabria, e alla turca turca, nata in Egitto e residente a Parigi, Nil Yalter. (AGI)
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