"Biden si ricordi di desecretare i file su Kennedy". L'appello di Stone dal Festival del cinema di Roma


AGI – Agguerrito più che mai, Oliver Stone si presenta alla conferenza stampa della Festa del Cinema di Roma puntando sempre l’indice contro i media e i servizi segreti. Il tema è uno di quelli che più gli sta a cuore: l’omicidio Kennedy. Alla Festa, infatti, presenta JFK – Destiny Betrayed, serie in quattro puntate da lui firmata, dedicata all’assassinio del presidente Usa.

E lo fa a 30 anni di distanza dal suo famoso film ‘JFK – Un caso ancora aperto’. Il nodo cruciale è rappresentato dai documenti desecretati sul caso, uno dei più controversi del secolo scorso ma Stone aspetta che venga data la possibilita di accesso a tantissimi altri file che potrebbero rivelarsi utili.

L’opera si avvale, grazie al contributo delle voci narranti di Whoopi Goldberg e Donald Sutherland, di scienziati forensi, medici, esperti di balistica, storici e testimoni. Tutto per dimostrare che la teoria del complotto sul caso Kennedy è reale più che mai.

“Sono passati 30 anni – spiega Stone – quel film si basava su fatti noti, fino al 1998 sono stati esaminati migliaia di documenti ma la Cia ha distrutto diversi dati come quelli del viaggio di Kennedy in Florida e a Chicago. Trump aveva promesso che sarebbe stato dato il via libera alla desecretazione di altri documenti ma stiamo ancora aspettando, ha cambiato programma dicendo che tutto sarebbe stato fatto il 26 ottobre di quest’anno, adesso quindi”.

“Ma oggi abbiamo un nuovo presidente, abbiamo Biden, un cattolico. Ci sono almeno altri 20mila documenti. Vediamo se se ne ricorda”. Secondo Stone, “c’è una concentrazione di fatti e circostanze sul caso Kennedy. Ma nessuno ha il coraggio di fare qualcosa. Hanno paura dei media. Perchè i media – spiega ancora il regista – come apri bocca ti danno del pazzo. è cosi da 60 anni ed è tremendo. Kennedy era ambasciatore di pace, e nessun presidente Usa era stato in gradi di sfidare le agenzie di intelligence. è un muro di gomma”.

Stone sostiene che “bisogna fare luce sul caso Kennedy, altrimenti siamo tutti fregati. Compresi i paesi Nato come il vostro”. E ricorda quando il giovane presidente Usa fu ricevuto dal Papa: “Fu un incontro freddo – afferma – Kennedy apriva alla sinistra, la Cia non voleva, era in corso Gladio…. Kennedy iniziò una rivoluzione, sono riusciti ad uccidere quello spirito. Non si puo’ giocare con gli americani e con l’intelligence. In Usa si prende molto sul serio la guerra. Si investe molto sugli armamenti, anche se alcuni caccia fanno schifo. Ma non fa niente, si deve continuare a spendere a discapito dell’istruzione, per esempio”.

Rispondendo ad una domanda sulla posizione assunta da Tom Hanks che avrebbe sposato la tesi anti complottista del ricercatore Vincent Bugliosi, Stone è lapidario: “è un attore, un ottimista con il mito americano, un ottimista non un realista”.

Ancora, Stone rivela che “negli anni ’90 una persona che non aveva nulla da perdere mi ha dato alcuni dati relativi al complotto. Lui c’era, era lì per proteggere Kennedy. Mi ha parlato di corto circuito. Kennedy era giovane, con un fratello, Robert, che poteva far parte della dinastia. E che poi voleva riaprire le indagini. Robert infatti chiamò la Cia e gli disse: siete stati voi? Ted non aveva il controllo della Cia, e i militari lo odiavano.

Stone ha presentato alla Festa del cinema anche ‘QAZAQ – History of the Golden Man’, da lui prodotto e diretto dal regista ucraino Igor Lopatonok. Si tratta di un’opera in cui Stone è in veste di intervistatore di Nursultan Nazarbayev, il primo presidente del Kazakistan, al potere dal 1990 e ritiratosi nel 2019. Quella che ne deriva è una lunga chiacchierata anche un po’ controversa – tra il maestro di Hollywood e l’ex capo di Stato parlando politica, costume, cultura e vita privata. QAZAQ si arricchisce della colonna sonora realizzata da Carlo Siliotto, tra i più autorevoli esperti a livello internazionale di musica tradizionale kazaka.

“Mi ha molto colpito quest’uomo, 40 anni al potere, in un Paese come quello non era possibile gestire le cose senza pugno duro. In più occasioni – dice Stone – è stato messo alla prova. A differenza di quanto accaduto in Ucraina che ha perso la propria onestà intellettuale e dove chi è contro il regime viene preso per traditore, lui si è mantenuto calmo… Non è successo lì quello che è successo in Ucraina”.

Dal pubblico arriva una domanda sulla fake news e l’importanza di Facebook: “A titolo personale posso dire che Internet è di grande utilità. Ma grandi testate – afferma – mantengono vive le bugie. Il popolo Usa ha sofferto vedendo calare il salario, eccome. Con Facebook si è potuta promuovere la conoscenza ma anche le idee di Trump. Le fake news? Sono oltre 60 anni che si fanno circolare i motivi della bomba sganciata a Hiroshima. E tanti altri esempi”.  

Source: agi