Bellanova: «Riuniamo tutti i riformisti del centrosinistra, saremo una forza»


Per l’ex ministra di Italia Viva «vanno azzerati i ‘millefiori’ per dare vita a un soggetto unitario» Vogliamo diventare irrilevanti? Io no. Vogliamo spendere i prossimi cinque mesi a parlare del congresso? Io no. C’è il maggioritario, torniamo alla polit
Nella foto Teresa Bellanova Aldo Torchiaro Non c’è dubbio. Tra chi è andato a votare, però… Anche per poter affrontare meglio le prossime sfide. Forse è il momento di chiarire le posizioni. C’è la candidatura di Marattin. · 15 Giu 2024

Il progetto degli Stati Uniti d’Europa è serio va fatta analisi degli errori e va rilanciato insieme agli altri soggetti
Teresa Bellanova, Italia Viva, chiede una riflessione sul futuro dell’iniziativa Stati Uniti d’Europa: «Analizziamo cosa ha funzionato e cosa no», dice al Riformista. Il percorso congressuale di Iv è tracciato, mentre Carlo Calenda conferma di voler guidare la costituente che punta ad allargare Azione. «Vanno fatti i conti con il sistema maggioritario, le operazioni ‘Millefiori’ non portano da nessuna parte», è la conclusione di Bellanova. Il sindaco di Cagliari, Massimo Zedda, guarda anche ai riformisti come interlocutori necessari, anzi indispensabili per mettere insieme una grande coalizione capace di rifare un nuovo Ulivo: «Tutte insieme le opposizioni hanno già il 53%, dobbiamo sottoscrivere un programma unitario, semplice e realizzabile».
Teresa Bellanova, già dirigente sindacale e poi parlamentare dem, è tra le fondatrici di Italia Viva ed è stata Ministra delle politiche agricole, alimentari e forestali. Alle elezioni europee è stata candidata con Stati Uniti d’Europa nel collegio Italia Meridionale.
Che bilancio trae da queste elezioni?
«Sono innanzitutto colpita dalla scarsa partecipazione al voto: da questa dipende la qualità della democrazia ed è un allarme, quello dell’astensionismo, da non sottovalutare».
«…Noi abbiamo registrato una sconfitta grave. Siamo stati puniti per le divisioni e perché non siamo stati considerati credibili. Io non ho alcuna voglia di partecipare a liti da cortile – quelle per cui sono andata via dal Pd, le guerre per bande – e penso che andrà analizzata questa sconfitta con molta lucidità».
Proviamo a farlo in poche battute?
«Abbiamo subito una sconfitta grave. Gravissima al nord, che doveva essere per noi il territorio più agevole: i settori produttivi, l’innovazione non hanno investito sui riformisti. O almeno su quello che noi abbiamo rappresentato. Al Sud il risultato è leggermente diverso, abbiamo superato il 4% ma forse dovremmo chiederci se è la forza del progetto o se sono le candidature che abbiamo messo in campo. E se quelle candidature possono essere il fulcro di un progetto politico da rilanciare e ricostruire».
Lei, Bellanova, non si è risparmiata in questa campagna…
«Il progetto degli Stati Uniti d’Europa l’ho sentito subito come la migliore risposta in questo momento per contrastare il vento antieuropeista delle nuove destre. Ero andata a trovare Emma Bonino e ho dato un contributo alla nascita e alla costruzione di questo percorso. Io non dovevo essere candidata, fino all’ultimo. Poi non mi sono risparmiata. E non sono andata a prendere i voti nelle sale – dove ci sono le persone che già sanno – ma ho girato le contrade più sperdute in Sila e in Basilicata. Tenendomi fuori, per coerenza personale e politica, dai luoghi dove c’erano alleanze che non mi convincevano».
Una occasione persa per affermare il ruolo dei riformisti?
«Già. E per dire nei luoghi del confronto europeo che riformismo non signifca moderatismo, ma capacità di ascolto, di analisi e di risposta sui problemi concreti del territorio e delle persone. Avevamo l’occasione del proporzionale, preziosa per misurare il progetto con il voto, ma non lo abbiamo raggiunto. E davanti alla guerra alle porte e alla destra che avanza, i riformisti italiani non saranno presenti nel Parlamento Europeo. Una responsabilità della quale farsi carico».
E adesso?
«Non dobbiamo fare l’errore di consegnarci all’irrilevanza. Il 4% non lo abbiamo raggiunto, per poco o molto che sia. E va preso atto che il Terzo polo non resuscita. Non perché io ritenga che i riformisti non devono stare insieme, ma perché davanti alla realtà di un confronto che è stato così aspro tra noi nelle settimane passate, quel progetto non si rimette in piedi. Presone atto, che si fa? Si archivia anche il progetto degli Stati Uniti d’Europa? Se si riparte da qui, cominciamo a ragionare su come dare gambe a questo progetto, come riconoscere la pluralità dei soggetti che lo compongono». «Con il proporzionale non abbiamo raggiunto l’obiettivo. I prossimi appuntamenti saranno tutti con il maggioritario, a meno che qualcuno non pensi davvero che questa maggioranza voglia cambiare la legge elettorale. Non lo faranno mai. E allora noi non possiamo pensare di presentarci alle elezioni con i millefiori».
Non è un guanto di sfida alla dirigenza di Italia Viva?
«Io le prove di lealtà le ho date tutte. Mi sono dimessa da Ministro, quando mi è stato chiesto. Ho preso atto di buon grado che bisognava cambiare i vertici del partito. Per me è una questione politica. I riformisti hanno il dovere di riflettere se consegnarsi all’irrilevanza, e andare un po’ di qua e un po’ di là, oppure fare una scelta politica molto chiara, rivendicando autonomia e qualità della proposta, ma dicendo con chiarezza dove collocarci».
Al congresso presenterà una mozione, una candidatura?
«Non ho ruoli di direzione, sono una militante. E non mi candido a niente. Se ci saranno le condizioni, e sarà gradita la presenza di persone che non sono interessate a scontri che dividono l’atomo, sono interessata a una discussione politica. Cerco di capire se si può mettere in campo la politica perché di questo c’è bisogno».
«Bene. Forse ce ne saranno altre. Ma siamo sicuri che rinchiudersi nei prossimi cinque mesi per fare una discussione congressuale sia ciò di cui la comunità di Italia Viva ha bisogno oggi? Io no».
C’è chi dice: si sciolgano Iv e Azione, si azzeri tutto e si riparta con un progetto che include ambedue le forze.
«Però se ascoltiamo quello che dice Calenda, e cioè che non ha in animo di sciogliere Azione, questa ipotesi si esaurisce qui. E io non posso discutere su quello che dovrebbero fare gli altri: non si fa politica su quello che vorremmo ma su quello che possiamo determinare».
Pensa a una federazione tra Italia Viva, +Europa, radicali, socialisti e libdem?
«Sono all’antica, mi piace fare un passo alla volta. Primo: non va archiviata Stati Uniti d’Europa. Secondo: va capito in quale perimetro vogliamo esercitare la nostra azione politica. +Europa con Emma Bonino va ringraziata per lo sforzo che ha fatto dal punto di vista umano e politico. Anche perché per fare questa lista in quel partito si sono consumate divisioni. Con il Psi e con Libdem abbiamo fatto un’intesa. Allora non facciamo errori: seguiamo questo percorso, facciamo una analisi del voto insieme, cerchiamo di capire dove insieme abbiamo sbagliato, quali sono i limiti del lavoro fatto e come si può ripartire insieme, rafforzando i punti dove siamo stati forti».
Matteo Renzi deve fare un passo indietro?
«Matteo Renzi ha la leadership che gli deriva dall’essere Matteo Renzi. Il punto non è se fa un passo indietro, di lato o avanti. Il punto è se si investe in un percorso politico che vede anche altre voci, anche altre personalità. Iv senza Renzi non ci sarebbe, e chiedergli di farsi da parte non avrebbe senso. Ma dobbiamo capire come andare oltre i nostri limiti, come spostare in avanti la forza che tutti insieme possiamo avere e lavorare a un soggetto più inclusivo. Radicato sul territorio, con figure che sanno tessere relazioni e costruire quel consenso di cui si ha bisogno, se vogliamo dare gambe alle idee».

Fonte: Riformista