BARI – Poche centinaia di euro per volta, con cadenza più o meno regolare, un flusso modesto per ogni singolo versamento e senza una scadenza precisa, lasciando tutto nel vago. Un sistema estorsivo ed usuraio «slow», che si propone come solidale e sostenibile, nella logica del malaffare dal volto umano. Una strategia quella del «guinzaglio largo» per non soffocare i «clienti» dedicata in special modo ai piccoli contribuenti.
L’humus mafioso – II racket delle estorsioni e dei prestiti a tassi usurai è un fenomeno criminale in significativa ascesa negli ultimi anni, soprattutto in alcune zone ad alta densità mafiosa, che garantisce introiti sicuri e rappresenta un valido strumento di fidelizzazione della clientela. Il fenomeno è sempre più esteso, sfaccettato e radicato e non mira ad entrare solo nelle Ss (società semplici) o nelle Srl (società a responsabilità limitata), nei negozi e nei cantieri, ma anche nelle famiglie e nella vita personale dei singoli individui.
Pesci piccoli – Domanda e offerta si incontrano in vari modi. I protagonisti sono solo gli esattori dei clan ma ci sono anche piccoli criminali che a volte mantengono a volte millantano contatti con la grande criminalità organizzata. A infilare la testa del cappio dei cravattari non ci sono solo commercianti ed esercenti ma anche impiegati, commessi, operai, rappresentanti di commercio, madri di famiglia. Bussano alla porta di questi taglieggiatori come ci si presenta allo sportello di una finanziaria, di un istituto di credito, sapendo di non poter mettere sul piatto garanzie concrete ma comunque decisi a firmare cambiali senza una data di scadenza.
In ballo non ci sono solo grosse cifre ma anche piccoli prestiti che vanno sotto i 200 euro e non superano la soglia dei 1000 euro.
Il salto nel buio – Lasciarsi cadere in questa specie di buco nero, capace di inghiottire interi patrimoni familiari, è un attimo. Una scelta estrema che arriva quando, dopo aver bussato a tutte le porte possibili non restano alternative oppure quando, per vergogna, per pudore non si è capaci di chiedere aiuto ad amici e parenti. E il credito viene aperto per mantenere in vita la propria azienda prima che affondi definitivamente nei debiti oppure per pagare le spese di un matrimonio. La soglia delle motivazioni però si sta pericolosamente abbassando.
Beni voluttuari – Gli investigatori stanno assistendo ad un aumento dei prestiti per consumi e spese che potremmo definire beni di consumo voluttuari, i «consumer discretionary» e «information technology» secondo la terminologia anglosassone, abbigliamento, prodotti e servizi per il tempo libero, la tecnologia sempre più avanzata e che non si ferma più a telefoni cellulare i tablet. Il tutto dettato da un livello dei consumi sempre più insostenibile. Ecco che la richiesta di un prestito non è più solo una questione di sopravvivenza ma diventa una scelta anche culturalmente accettata, condivisa, della serie «così fan tutti» perché è necessario stare al mondo con agio. Questa l’ultima evoluzione del fenomeno, così come emerge dai casi che si accatastano sulle scrivanie degli inquirenti.
Il fenomeno criminale – Ci sono i piccoli taglieggiatori, piccoli cravattari e poi c’è la malavita organizzata. Ci può essere estorsione ed usura senza mafia a Bari, ma non può esserci mafia senza racket. E non ogni forma d’estorsione e di usura è racket. Il racket del pizzo nella città dei 12 clan (la relazione semestrale della Direzione distrettuale antimafia inserisce nella categoria le famiglie di camorra Strisciuglio, Misceo, Mercante-Diomede, Fiore-Risoli, Anemolo, Di Cosola, Lorusso, Palermiti-Parisi, Di Cosimo-Rafaschieri, Capriati e Velluto, alcune in auge altre sul viale del tramonto) ha caratteristiche e regole che, lo distinguono dalle semplici attività estorsive.
Il vademecum del racket – Regola prima. Il racket non ricatta «una tantum» ma secondo scadenze regolari (ogni mese, ogni cinque, con le feste comandate, Natale, Pasqua, Ferragosto). Regola numero due: «Pagare tutti per pagare meno», se in un quartiere ci sono cento esercizi commerciali, cento cantieri edili, la richiesta di pizzo non può essere fatta solo a dieci di loro. Regola numero tre. L’importo della «tassa» deve essere proporzionale alle dimensioni dell’impresa ricattata e in qualche modo «condivisa» dalle stesse vittime.
Il potere dell’immagine – Le organizzazioni criminali baresi non possono fare a meno di queste entrate perché non possono fare a meno del racket. Il racket è il momento in cui si realizza l’identità della mafia e del mafioso, è l’essenza stessa della mafia: forza di intimidazione, carisma, potere di controllo. Il problema per la vittima non è solo quello di cedere una parte del proprio reddito ma attraverso il pizzo e la restituzione del prestito, lasciare entrare la malavita in azienda. L’estorsore e il cravattaro possono a un certo punto avanzare altre pretese, magari chiedere di entrare in società con una quota di denaro sporco. Si crea così un secondo livello più profondo di contaminazione.
L’infiltrazione legale – In questo contesto, secondo la relazione degli analisti della Dia relativa al secondo semestre 2018 , «le compagini criminali più strutturate della città di Bari, oltre ai tradizionali traffici delittuosi, appaiono sempre più interessate all’infiltrazione legale, specie quella connessa al settore degli appalti pubblici, all’edilizia e al commercio. Questi gruppi, manifestano competenze tecniche sempre più elevate ed una marcata propensione ad investire in settori economici emergenti, come quello del gioco d’azzardo e delle scommesse on line».
Il passepartout utilizzato dalla malavita per entrare nel mondo della imprenditoria locale spesso è proprio la tangente, il piccolo ricatto. «Le estorsioni – afferma la Dia – costituiscono a Bari ancora la più emblematica forma di controllo del territorio. Nel caso in cui sono riconducibili a bande di giovani delinquenti, vengono spesso realizzate in forma violenta, anche ricorrendo all’uso delle armi. Sostanzialmente diversi appaiono, invece, – spiegano gli analisti – i metodi adottati dai più alti livelli criminali, che mirano ad acquisire posizioni di monopolio o il controllo economico del territorio».
Aziende sotto pressione – Il confine tra estorsione ed usura a volte è molto labile. Chi non versa la prima rata della protezione, deve versare la seconda con gli interessi che crescono per ogni ritardo di pagamento. E poi ci sono i dati. Nel bilancio delle imprese del commercio, sotto la voce «oneri fissi», insieme a taccheggio, furti e rapine ci sono anche e soprattutto estorsioni ed usura. Fenomeni criminali che continuano a pesare in maniera insopportabile sulla situazione patrimoniale, finanziaria ed economica del mondo del commercio barese. Stando ad una indagine della Confcommercio, realizzata con il supporto di GfK Italia (istituto di ricerca su mercato e consumatori) l’effetto combinato di questi reati starebbe provocando sui fatturati delle imprese perdite di milioni di euro.
La ricerca ha permesso di stabilire che ben il 58% degli imprenditori pugliesi e in particolare della provincia di Bari avrebbero avuto una esperienza diretta o indiretta con la criminalità (il dato nazionale è fermo al 23%). Il 40% dei baresi avrebbe percepito un peggioramento nei livelli di sicurezza, con il 61% convinto che i furti siano aumentati (rispetto al 47% nazionale). Il 43% avrebbe paura delle rapine (contro il 33% nazionale), il 26% dell’usura (18%), ben il 29% delle estorsioni (in Italia il dato è fermo al 16%). Tra i commercianti che hanno dichiarato di essere stati oggetto di minacce o intimidazioni dirette, in testa ci sono i gest ori di negozi alimentari (1 1%) seguiti dai responsabili di pubblici esercizi con il 10 %, venditori ambulanti e benzinai.
Le statistiche – Secondo dati forniti dal Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell’Interno, a Bari nel corso del 2017 sarebbero state presentate 194 denunce per estorsione, con una media di 15,427 ogni 100mila abitanti. Nella classifica delle città più colpite da questo fenomeno Bari occupa il 28mo posto con una variazione rispetto all’anno precedente di -5,83%.
La recrudescenza delle estorsioni è dei ricatti finalizzata al recupero di crediti usurai storicamente concentrata nei quartieri a più alta incidenza criminale, come il Libertà, Japigia, San Paolo, Barivecchia, Madonnella. Attraverso una paziente attività di «intelligence» gli investigatori stanno raccogliendo una serie di spunti di indagine utili a ricostruire le trame di questo fenomeno.
Sono stati intensificati i controlli e le attività di prevenzione. Secondo gli esperti il costo medio annuo sopportato dal sistema produttivo barese raggiungerebbe una percentuale vicina al 2% della ricchezza prodotta sul territorio.
(gazzettadelmezzogiorno.it)