Badaloni: «Quel post un errore, la scelta politica è del governatore»


L’ex numero uno della Regione Lazio: da Meloni richieste chiare

di Fabrizio Caccia

” Sì, nel 1995 appena eletto firmai la mozione che chiedeva chiarezza sul ruolo di Fioravanti e Mambro, ma né io né il comitato mettemmo in dubbio la matrice neofascista
Piero Badaloni, 76 anni, era l’inviato di punta del Tg1 sulla strage di Bologna del 2 agosto 1980: «Avevo conosciuto Giusva Fioravanti a Roma quando lui era un lupetto di 11 anni e io ero il suo capo scout — ricorda il giornalista —. Perciò averlo ritrovato ventenne tra gli esecutori materiali di quella carneficina fu per me un grande choc».
Però, il 22 dicembre del 1995, eletto da pochi mesi presidente della Regione Lazio (col centrosinistra), firmò anche lei la mozione del consigliere di An Andrea Augello che chiedeva chiarimenti sul ruolo di Francesca Mambro e Giusva Fioravanti alla Commissione stragi presieduta da Giovanni Pellegrino.
«Ho voluto chiamare in questi giorni Giovanni Pellegrino per rinverdire i ricordi di quella mozione».
E che le ha detto?
«Non ve lo dico. Io so solo una cosa. Attenzione alle date: la Cassazione a novembre del ‘95, un mese prima, condanna in via definitiva Mambro e Fioravanti per la strage. Ma già nel luglio ‘94 nasce a Roma il comitato “E se fossero innocenti?” formato da avvocati, intellettuali, giornalisti, politici anche di sinistra: da Mimmo Pinto a Liliana Cavani, da Carla Rocchi a Luigi Manconi. Perché Mambro e Fioravanti, che avevano sempre rivendicato gli atroci delitti dei Nar, sulla strage di Bologna invece continuavano a dirsi innocenti. Il garantismo all’epoca era molto più trasversale. Ed ecco che Augello fu abile politicamente a portare anche in Regione il dibattito. Ma la matrice neofascista della strage e il ruolo centrale avuto dalla P2 e dai servizi segreti deviati, nessuno del comitato li mise mai in discussione e tantomeno io».
Il presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca
(di centrodestra) ha deciso di non cacciare l’ex estremista nero Marcello De Angelis, suo collaboratore, per il post su Facebook a favore di Mambro e Fioravanti. Lei al suo posto che avrebbe fatto?
«De Angelis ha sbagliato, perché ha mischiato il risentimento personale (per la morte in carcere nell’ottobre 1980 del fratello Nanni, arrestato ingiustamente per la strage di Bologna, ndr) con il ruolo pubblico che riveste. La decisione di Rocca invece è una chiara scelta politica, di cui si assumerà tutte le responsabilità. Oggi vanno seguite con interesse le dinamiche interne al mondo della destra: radici ingombranti che si fa fatica a ricordare, prese di distanza complicate: Gianni Alemanno che esprime solidarietà a De Angelis, mentre Ignazio La Russa si mostra in perfetta sintonia con le parole del presidente Mattarella e riconosce in pieno la verità delle sentenze».
E quel silenzio di Giorgia Meloni, invece, sulla «matrice neofascista» della strage?
«Non sono d’accordo. La Meloni ha parlato, invece. Ha fatto parlare La Russa al posto suo, secondo me. E sul caso De Angelis lei ha parlato ancora attraverso Rocca, quando il presidente della Regione ha detto che Meloni non era felice… Era la chiara richiesta di una marcia indietro, che puntualmente è arrivata».
De Angelis che diceva di essere pronto al rogo per le sue idee e poi invece ha chiesto scusa a tutti. Della serie: tengo famiglia.
«Diciamo di sì».

Fonte: Corriere