Tra mobilità obbligatoria, ruolo unico e licenziabilità dei dirigenti, abolizione dei segretari comunali, l’annuncio è passato quasi inosservato, perso tra i 44 punti di riforma della p.a. su cui Matteo Renzi ha avviato una consultazione pubblica con lavoratori e cittadini fino a fine maggio. Il governo, si legge al punto 29 della «lettera ai dipendenti pubblici» firmata dal premier e dal ministro Marianna Madia, è intenzionato a eliminare l’obbligo di iscrizione delle società alle camere di commercio. E di conseguenza anche il versamento del contributo annuale camerale. L’esecutivo mantiene il più stretto riserbo sull’operazione che in poche ore ha gettato nello scompiglio l’intero sistema delle camere di commercio preoccupato di perdere i contributi necessari al mantenimento del registro delle imprese. Se si considera che in Italia ci sono circa 6 milioni di imprese che versano in media 110 euro l’anno di contributi, il conto è presto fatto: alle Cciaa verrebbero a mancare circa 700 milioni di euro.
Il progetto di Renzi è ambizioso e, secondo quanto risulta a ItaliaOggi, va nella direzione di una liberalizzazione «spinta» delle attività produttive. Non verserebbero più un euro non solo le società di persone, ma nemmeno le più grandi società di capitali. E senza obbligo di iscrizione alle camere di commercio, verrebbe meno anche l’obbligo di versare i diritti di segreteria che oggi si pagano ogni qual volta, per esempio, si cambia la ragione sociale o si aggiorna l’atto costitutivo. Una vera rivoluzione, dunque, che consentirebbe agli imprenditori di alzare la saracinesca un minuto dopo aver costituito la società. Mentre oggi invece bisogna attendere 30 giorni dal momento in cui si comunica l’avvenuta iscrizione alla Cciaa. Tuttavia, la rivoluzione liberale che il governo ha in mente si scontra con alcune difficoltà pratiche e operative con cui sicuramente Renzi farà i conti in questo mese di consultazioni.