Avicènna


 

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Nome col quale è noto in Occidente il filosofo e medico musulmano Abū ῾Alī Ibn Sīnā (Afshana, presso Buchara, 980 – Hdmadhān 1037), di stirpe iranica, ma le cui opere sono per la massima parte composte in arabo. In medicina l’opera sua maggiore è al-Qānūn fī -ṭibb (“Il canone di medicina”), stampato nel testo arabo per la prima volta a Roma nel 1593, ma assai studiato nel Medioevo nella versione latina di Gherardo da Cremona (sec. 12°), poi migliorata da Andrea Alpago (1a ed., post., Venezia 1527). Grandiosa opera rivolta a ordinare sistematicamente le dottrine mediche di Ippocrate e Galeno e quelle biologiche di Aristotele, essa, tuttavia, non rappresenta nella storia del pensiero medico un sostanziale progresso. Fondato come era su vasta cultura più che su cognizioni derivanti da esperienze personali, il canone costituì, prima per l’Oriente e poi anche per l’Occidente, il testo autoritario che contribuì a rafforzare, fino al 16° sec., il dogmatismo imperante. Le opere filosofiche si possono dividere in enciclopedie (comprendenti anche la teoria musicale, matematica, geometria, astronomia e scienze naturali) e trattati, in generale non molto estesi, su argomenti singoli. Del primo tipo sono ash-Shifā’ (“La guarigione dall’errore”), vasta enciclopedia filosofica (nel Medioevo furono tradotte in latino alcune parti: la Metaphysica, la Physica, il De coelo et mundo, il De anima, il De animalibus); il suo compendio an-Nagiāh (“La salvezza”), la Ḥikma Mashriqiyya (“Filosofia orientale”), ecc. Su argomenti speciali verte invece una quantità di scritti minori, tra cui varî trattatelli mistici ed esoterici. Si hanno di A. anche alcune quartine in persiano, che anticipano motivi della poesia scettica e bacchica posteriore, culminata in ῾Omar Khayyām. La dottrina filosofica di A. è l’aristotelismo fortemente commisto di neoplatonismo, col tentativo di conciliarlo con la teologia musulmana ortodossa (ash᾿arita). Da al-Fārābī egli deriva la cosmogonia emanatistica e la tendenza alla mistica filosofica. Il mondo è coeterno a Dio, ma potenzialmente, in quanto le forme delle cose, eterne possibilità del mondo, sono tutte in Dio, essere eterno, necessario, unico, che le imprime alla materia, increata ed eterna, quali potenze delle cose e quali forze realizzatrici delle potenze. Ma poiché alla perfezione di Dio ripugna il contatto con la materia, tale azione si esplica per mezzo di esseri intermedî, emananti in ordine degradante: l’intelligenza prima, o della prima sfera celeste, che procede dall’unità assoluta di Dio, quindi l’intelligenza della seconda sfera, e così di seguito fino all’intelligenza della sfera lunare, da cui emana l'”intelletto agente” il quale, come dator formarum, è la vera causa delle trasformazioni che avvengono nel mondo sublunare. L’anima umana – sostanza spirituale e individuale – intende per l’azione che su di essa svolge l’intelletto agente universale e unico, imprimendo gl’intelligibili astratti (l’intendere resta però un’attività individuale, in quanto l’intelletto possibile è più o meno “preparato” a ricevere l’illuminazione dell’intelletto agente); al vertice del processo conoscitivo – per una più intima congiunzione dell’intelletto umano con il dator formarum e poi più su con le altre intelligenze celesti – si pone la profezia e l’estasi. A. ebbe influenza notevole, sia come autorità medica sia come filosofo, sul pensiero del Medioevo latino, in seno al quale fu tentata una conciliazione di agostinismo e avicennismo che trovavano punti di accordo nella comune ispirazione neoplatonica.