Autonomia differenziata, si son fatti i Conti senza i LEP


Dott. Cracò Pietro
Si sono fatti i Conti senza i LEP. Parafrasando l’espressione idiomatica si sono fatti i conti senza l’oste, in tempi di Autonomia Differenziata, possiamo azzardare la metafora paragonando i nostri politici ai viandanti del tempo. La politica, sin dal lontano 2001, ha innovato la carta costituzionale con la Riforma del Titolo V prevedendo questa novella forma di Autonomia. Nel lungo viaggio della Riforma, dopo più di vent’anni l’attuale Governo ha approvato la legge sull’Autonomia Differenziata senza fare i conti con l’oste, il bilancio statale.

Intanto, dal 13 luglio è entrata in vigore la legge sull’Autonomia Differenziata. Il provvedimento già si è preso la scena pubblica rientrando fra i più divisivi della storia repubblicana recente. Finalizzato a dare attuazione all’articolo 116, comma 3, della Costituzione, il quale prevede la possibilità alle regioni a statuto ordinario di ottenere “forme e condizioni particolari di autonomia” in relazione ad alcune materie espressamente individuate e che attualmente sono assegnate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato o concorrente.

Si precisa che le materie oggetto di potenziale devoluzione regionale per competenza sono in totale ventitré. Le Regioni, su nove materie, possono accedere ad un percorso diretto, non semplice e neppure nel breve termine, richiedendo la competenza e gestione amministrativa autonoma attraverso delle intese con il Governo nazionale. Le restanti quattordici materie sono, invece, soggette ad un preventivo vincolo, la definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP).
Cuore della riforma sono appunto i LEP, ossia il servizio minimo di prestazioni che deve essere garantito in modo uniforme sull’intero territorio nazionale. Premesso che è prioritario riuscire a misurare il fabbisogno, sempre che sia misurabile, ancora non sono chiari i criteri di definizione. Ai fini di un’augurata ed attenta valutazione dei fabbisogni territoriali, auspichiamo si tenga conto non semplicemente della spesa storica a disposizione delle Regioni ma della spesa standard da ridistribuire. Ritornando al quadro finanziario dell’incipit della metafora dei conti, il trasferimento delle materie e delle relative funzioni dallo Stato alla Regione sarà possibile, quindi, solo alla successiva determinazione dei LEP ma possibile nei limiti delle risorse disponibili in legge di bilancio, quindi con annessi problemi di costi.

Se è Legge l’Autonomia Differenziata, occorre prima definire e garantire i LEP, ma soprattutto con quali soldi?
Prima di parlare del reale impatto politico della Riforma nella scadente e semplicistica divisione tra il Nord che sarà più ricco e il Sud che sarà più povero, occorre necessariamente definire per legge i LEP, soprattutto secondo criteri chiari legati a principi di equità territoriale e perequazione per garantire servizi e diritti essenziali a tutte le regioni italiane in settori cruciali come sanità ed istruzione.
Visti i limiti delle casse statali, secondo i vincoli di finanza pubblica, con quali soldi il regionalismo differenziato potrà essere quindi attuato? Il piano finanziario precede il programma politico, poiché senza copertura economica le funzioni devono restare in capo allo Stato.

Il viaggio è ancora lungo e difficile, e mi chiedo per quali vie il governo della Repubblica potrà dare attuazione a questa stessa legge visto che il percorso attuativo previsto presenta più ombre che luci sotto il cielo della finanza pubblica. Questa Autonomia Differenziata appare precipitosa e velleitaria, perché priva di una visione d’insieme che rischierà di essere un flop o dividere ulteriormente il Paese. Immagino ancora l’opportunità di avere un’Autonomia ben diversa, nel segno del rilancio del sistema-Paese con una mission politica che attraverso le singole realtà regionali possa realizzare lo sviluppo.