AGI – Il 2022 sarà un anno difficile per la birra: se ne stanno accorgendo i consumatori per eccellenza, ossia i cittadini britannici e anche irlandesi. Una pinta di ‘chiara’ è salita da 3,96 euro nel 2010 a 4,80 euro nel 2020 fino a oltre 5,30 euro nelle ultime settimane.
A questo rincaro dei prezzi, si aggiunge la previsione di un calo della produzione mondiale del 16%, a causa del riscaldamento globale che incide sulla produzione degli alimenti che compongono la famosa bevanda ‘bionda’ ossia malto, orzo e luppolo.
Anche in Belgio negli ultimi dieci anni il prezzo della birra è aumentato in media del 2,5% all’anno, ma tra marzo 2020 e marzo 2021 l’aumento è stato del 4,4%. Un’impennata dei prezzi che, secondo i produttori AB InBev e Alken-Maes, è essenzialmente dovuta al vertiginoso aumento dei costi di produzione. Ed infatti per le industrie alimentari che producono birra, è aumentato non solo la bolletta energetica ma anche i costi degli imballaggi in plastica, dell’alluminio e del trasporto in container e soprattutto le materie prime.
È proprio di oggi la notizia che il produttore di birra danese Carlsberg – quarto al mondo – nonostante gli utili in crescita del 13%, si aspetta una crescita limitata dell’utile operativo nel 2022 proprio a causa dei costi delle materie prime.
“Il 2022 sarà un altro anno difficile. Il coronavirus continuerà a influenzare i nostri mercati in misura diversa”, si legge in una dichiarazione di Carlsberg, che possiede anche i marchi Tuborg, Baltika, Kronenbourg e 1664. “Allo stesso tempo, il nostro business sarà influenzato dal notevole aumento delle materie prime”, sottolinea il gruppo. Carlsberg intende compensare questo effetto negativo aumentando i suoi prezzi di vendita e mantenendo cosi’ il controllo dei suoi costi, ma avverte che far lievitare il costo del boccale “potrebbe avere un effetto negativo” sui consumi.
Quanto all’Italia, con un consumo di circa 31,5 litri pro capite e una produzione nazionale di 15,9 milioni di ettolitri il settore è composto da grandi, medi e piccoli operatori dal campo alla tavola, dalle materie prime al settore alberghiero e della ristorazione fino alla distribuzione.
Nella scorsa manovra di bilancio, il governo è venuto già incontro alle difficoltà dei piccoli birrifici artigianali con una produzione sino a 10.000 ettolitri applicando uno sconto sulle accise fino al 50%; per chi produce sino a 30.000 ettolitri sarà pari al 30%. Nonostante il crollo dei consumi di oltre il 15% (con picchi negativi anche del 30%) nel 2020 rispetto allo stesso periodo pre pandemia Covid, il comparto è comunque riuscito a generare un valore globale di oltre 8,1 miliardi.
Peccato che la pandemia ha frenato quella che il comparto stava vivendo e cioè un momento di vera “primavera” con la nascita e lo sviluppo realtà artigianali e industriali e un crescente utilizzo di materie prime agricole nazionali. Secondo Coldiretti, la filiera, tra occupati diretti e indotto, offre lavoro a oltre 140 mila addetti. E la birra artigianale è molto apprezzata nel nostro paese visto che conta circa 550.000.000 litri prodotti ogni anno. Di questi, circa un terzo arriva da aziende agricole che trasformano direttamente i prodotti agricoli per fare birra.
Source: agi