Asif Ali Zardari, eletto presidente del Pakistan per la seconda volta, è da tempo un simbolo odiato della corruzione delle classi dirigenti per molti dei suoi concittadini, che tuttavia ne riconoscono la l’abilità politica.
A 68 anni, l’uomo che fu marito dell’icona Benazir Bhutto, prima donna dell’era moderna a guidare un Paese musulmano, torna a ricoprire l’incarico che aveva già svolto tra il 2008 e il 2013. Questo politico che più volte sembrava essere arrivato alla fine della sua carriera dimostra ancora una volta la sua capacità di risollevarsi.
Deve il suo ritorno alla ribalta all’accordo di coalizione concluso tra il Partito popolare pakistano (Ppp), che guida insieme al figlio Bilawal Bhutto Zardari, e il tradizionale rivale, la Lega musulmana pakistana (Pml-N).
Agli occhi dell’opinione pubblica e dei media pakistani, è l’archetipo del leader corrotto. È soprannominato da tempo “Mr. 10%”, per le commissioni nascoste negli appalti pubblici che è stato accusato di aver riscosso come ministro nei governi Bhutto negli Anni ’90.
Ma se resta odiato da gran parte dell’opinione pubblica, in molti ne apprezzano il senso del compromesso e la capacità di stringere alleanze, qualità che gli riconoscono anche i suoi avversari politici.
Asif Ali Zardari ha conquistato la poltrona più alta del Paese dopo l’assassinio di Benazir Bhutto nel dicembre 2007, in un attacco perpetrato quando era appena tornata dall’esilio e stava facendo campagna per un terzo mandato al potere.
In assenza di un successore credibile alla guida del Ppp, è tornato da un lungo esilio volontario per assumerne la leadership. Approfittando dell’ondata di empatia per la tragedia, il partito vinse le elezioni legislative e lui fu eletto presidente dal Parlamento nel settembre 2008.
Ha presieduto la Repubblica islamica fino al 2013, il suo mandato segnato da devastanti attacchi da parte del Tehreek-e-Taliban Pakistan (Ttp), i talebani pakistani, e da una crisi energetica che ha rallentato la crescita economica.
Era in carica anche quando Osama bin Laden fu ucciso in un raid clandestino delle forze speciali americane sul suolo pakistano nel maggio 2011, episodio vissuto come un’umiliazione da molti suoi connazionali.
Nato da una famiglia di grandi proprietari terrieri nel Sindh, provincia meridionale del Paese, ha sposato Benazir Bhutto nel 1987, matrimonio combinato dalla suocera. Allora era visto principalmente come un playboy, un giocatore di polo e un amante delle belle macchine.
All’epoca, la sua unione con l’erede di una delle più grandi dinastie politiche del Pakistan fece sollevare molte sopracciglia. Asif Ali Zardari non aveva terminato gli studi universitari e soprattutto aveva la fama di combattente, festaiolo e seduttore.
Inizialmente aveva promesso di restare fuori dalla scena politica, poiché alcuni membri del Ppp temevano che avrebbe messo in imbarazzo la moglie, primo Ministro dal 1988 al 1990, poi dal 1993 al 1996.
Quei timori si dimostrarono fondati quando nel 1990 venne accusato di estorsione e rapimento e fu incarcerato per tre anni. Tuttavia, durante questo periodo in prigione fu eletto deputato, poi divenne ministro degli Investimenti durante il secondo mandato della moglie. Appena mezz’ora dopo la caduta del governo nel 1996, è tornato in prigione, dove è rimasto fino al 2004. In totale ha trascorso 11 anni dietro le sbarre.
Lui e sua moglie sono stati accusati di aver riciclato 12 milioni di dollari in tangenti negli Anni ’90; per questo caso è stato assolto definitivamente da un tribunale pakistano nel 2017. Nel 1997, è stato rieletto ma questa volta senatore. Nel 2008 diventa il primo capo di Stato eletto non proveniente dalle fila dell’esercito, dopo oltre tre decenni di potere militare.
Alla guida del Paese dopo gli anni del generale Pervez Musharraf, ha fatto adottare nel 2010 un emendamento costituzionale che trasferisce parte dei poteri del presidente alla Camera bassa del Parlamento e rafforza quindi le prerogative del primo ministro. Nonostante tutto, ha continuato a tirare le fila dietro le quinte. Fino a quando la vittoria del Pml-N di Nawaz Sharif alle elezioni legislative del 2013 lo spinse verso l’uscita. Nel 2019 è stato nuovamente incarcerato per corruzione per sei mesi, prima di essere rilasciato per motivi medici. (AGI)
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