Quando l’imperatore Traiano scelse di condurre a Roma le acque delle sorgenti intorno al lago di Bracciano, allora assai copiose, fece inglobare nel maestoso e articolato acquedotto anche edifici preesistenti adibiti al culto delle stesse. Bracciano fu il punto di partenza di questa imponente opera idraulica nota con il nome di aqva Traiana e denominata aqva Pavla a partire dal 1612, quando Paolo V decise di ripristinare l’antico acquedotto lasciato per molto tempo in stato di abbandono.
L’aqva Traiana fu inaugurata nel 109 d.C., secondo i Fasti Ostiensi era il 24 giugno, per rifornire di acqua potabile la XIV regione transtiberina. All’epoca la città di Roma era già ben rifornita, ma era necessario un ulteriore approvvigionamento di acqua potabile.
Le ricerche storico-topografiche dell’acquedotto, e delle sue sorgenti, risalgono al XVI secolo, sono proseguite nei secoli successivi fino all’Ottocento ed erano mirate al controllo, alla manutenzione nonché al potenziamento della portata. Riguardo alle origini, nelle fonti storiche si accenna solo al fatto che esso venne costruito per volere di Traiano per rifornire di acqua potabile la XIV regione transtiberina. Quando Paolo V fece ripristinare gli antichi condotti, l’opera idraulica originaria venne attribuita ad Augusto che fece costruire un acquedotto, l’aqva Alsietina, per la naumachia in Trastevere, prendendo l’acqua insalubre dal lago di Martignano (in antichità Lacus Alsietinus). Incontriamo questa “confusione” nelle lapidi apposte su alcuni tratti a vista come, ad esempio, sul fontanone del Gianicolo e in alcuni testi del XVIII secolo.
Per la corretta identificazione fu indicativo il ritrovamento nel 1830, presso La Storta, dell’iscrizione su lastra di travertino in relazione al condotto principale, oggi custodita nei Musei Vaticani, che testimonia l’opera di condurre acqua a Roma voluta e finanziata da Traiano. Ma questa non è l’unica testimonianza epigrafica: all’interno dei vari condotti, infatti, sono stati trovati numerosi bolli laterizi che forniscono prove inconfutabili della messa in opera in epoca traianea delle varie captazioni, tra il Fosso di Grotte Renara, frazione di Pisciarelli, dove l’acquedotto ha inizio, e le Sette Botti. Si tratta di marchi di fabbrica su mattoni o bipedali, rinvenuti in situ, che ci danno informazioni su quali fossero le officine produttrici. I tipi di laterizi furono forniti dalle officine di Anterote Severiano, con bolli in due varianti, Bruziane e Cepioniane, presenti con le seguenti iscrizioni: DOL ANTEROT SEVER CAES (CIL XV, 811f); DOLIARE ANTEROTIS SEVER (CIL XV 811d); LVPI o –IANA (CIL XV, 29b) delle figline Brutianae; EX CAIVS CVRIATIVS COSANVS (CIL XV, 97b ), figline Cepionianae. Ciò trova riscontro con il Foro di Traiano.
L’acquedotto raccoglie numerose sorgenti in prossimità dei fossi, ove più condotti convergono tra loro partendo da più camere di captazione o catturando l’acqua direttamente dai fossi.
Nella seconda metà del XVII secolo Flavio Orsini chiese alla Reverenda Camera Apostolica di introdurre l’acqua del lago nel condotto dell’aqva Pavla, mescolandola a quella sorgiva, per servizio ed uso della città di Roma. Venne accolta la sua richiesta essendo un’iniziativa di pubblica utilità, ma a discapito della qualità, da ciò deriva il detto popolare “valere quanto l’acqua Paola”.
Fu necessario adottare degli accorgimenti per regolare il regime dell’acqua lacustre e assicurarne la costanza, quindi vi fu la costruzione di un muro di argine con delle fessure regolabili presso l’emissario Arrone, la costruzione di un condotto nuovo e di un edificio di presa, detto castello dell’acqua.
Un ulteriore potenziamento si ebbe tra il 1825 e il 1830, quando venne captata dapprima solo l’acqua dal lago di Martignano, poi fu realizzato un prolungamento del condotto fino al lago di Stracciacappa e un nuovo allaccio dal lago di Martignano, con l’intento di ricavare un supplemento di acqua nelle stagioni di scarsa portata dei laghi. L’opera venne denominata Nuovo acquedotto Alsietino e serviva agli opifici sul Gianicolo, come riportato nella lapide apposta nel secondo castello dell’acqua ad Anguillara Sabazia.
Col passare del tempo si sono perse le tracce di alcuni tratti, oppure sono stati distrutti o fortemente danneggiati lasciando solo labili resti difficilmente identificabili, in altri casi le strutture complementari, come le cisterne, sono state modificate o inglobate in strutture moderne, soprattutto gran parte delle opere idrauliche create all’epoca di Traiano e non utilizzate da Paolo V.
Nel 2013 chi scrive ha avviato un progetto di ricerca freelance volto ad approfondire la conoscenza della storia, del percorso e della struttura dell’acquedotto: sulla base dei documenti antichi cutoditi negli archivi storici, comprese le piante del percorso, e della poca letteratura storica che descrive solo alcuni tratti, sono state effettuate delle ricognizioni intorno al lago di Bracciano per individuare le sorgenti e il tragitto effettivo, inoltre sono stati ispezioni alcuni condotti e alcune camere di captazione
Fonte: lagosabatino.com/