Anche il disastro ambientale è una pandemia


di Antonello Longo

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È vero che il coronavirus non è la principale causa di mortalità in un pianeta Terra ormai popolato da quasi otto miliardi di persone. È vero che le campagne di vaccinazione di massa rappresentano un mega-affare per le grandi multinazionali del farmaco, il cui giro d’affari globale è stato stimato nella cifra incredibile di 77mila miliardi di euro! Ed è vero anche che non esiste una scienza “neutra”, ma il pensiero scientifico implica pur sempre una visione del mondo che ha riflessi sociali, filosofici, etici.

Avere queste consapevolezze non giustifica atteggiamenti di noncuranza di fronte al pericolo di contagio né rende sensati negazionismi e complottismi. Piuttosto, il Covid 19 non deve far dimenticare i tumori, le cardiopatie, gli ictus ischemici, le infezioni respiratorie, il diabete, le polmoniti, l’Alzheimer e tutte le malattie legate alle condizioni ambientali, all’inquinamento, ai pesticidi, alla contaminazione dell’acqua, alla fame come alla cattiva alimentazione, che fanno milioni di morti. È difficile pensare che i cambiamenti climatici sempre più devastanti e la sistematica distruzione della natura non abbiano qualcosa a che fare con il nostro stato di salute.

Non va dimenticato che, nella sola Italia, ogni giorno si contano centinaia di morti per tumori dovuti in gran parte a quello che mangiamo e a ciò che siamo costretti a respirare. Nel 2018, in Europa, i tumori hanno mietuto 1milione e 900mila vittime. Nel mondo, 1milione e 800mila persone sono morte di cancro al polmone. In Italia si contano 200mila ammalati di Epatite C, anche queste sono emergenze.

Ecco, dobbiamo temere il Covid 19 e prendere ogni precauzione per evitare il contagio, ma i governanti non possono, non devono attendere che sparisca la pandemia per correre ai ripari di fronte all’emergenza ambientale

. A causa della pandemia è stata rinviata di un anno la conferenza ONU sul clima, COP 26 per limitare le emissioni di CO2 nell’atmosfera, ma forse non si è pensato al costo sociale (ed economico) di questa scelta, se la stessa OMS (Organizzazione mondiale della sanità) prevede 250.000 morti in più ogni anno per i cambiamenti climatici.

Da un anno ormai il dibattito pubblico è concentrato sui tamponi e le mascherine, le chiusure, la limitazione degli spostamenti e tutte le altre misure restrittive delle libertà civili ed economiche. Ma forze politiche e mass media devono sentire il dovere di tenere viva, anche nell’emergenza del momento, la sensibilità sulle campagne ambientali come, per esempio, quelle per abolire i finanziamenti alle estrazioni fossili, bloccare le trivellazioni selvagge, eliminare gli imballaggi e i prodotti di plastica che stanno soffocando mari e oceani.

I danni che le misure di contrasto al Covid 19 stanno provocando all’economia fanno sì che gli Stati si indebitino sempre di più e questo deve consigliare di alzare ogni opportuna barriera politica e giuridica perché non si affermino le strategie e gli interessi del capitale globale dirette ad impadronirsi di tutti gli asset di mercato.

Centralizzato il potere economico, eliminata la mediazione politica, privatizzati i beni pubblici, ridimensionati i servizi, distrutte moltissime delle attività economiche più minuscole, sostituiti milioni di lavoratori con macchine “intelligenti”, annichilita la vita sociale, messe sotto controllo totale le persone attraverso la tecnica cibernetica,i governi nazionali rischiano di diventare meri esecutori di un “Impero globale”.

La pandemia deve essere l’occasione per invertire, non per assecondare queste tendenze. È una questione di volontà politica: il valore prodotto dalle grandi accumulazioni di capitale può essere condiviso con la collettività, le capacità scientifiche e tecniche possono essere rivolte a riparare i guasti fatti alla Terra, alla natura, alla vita. Il ripristino di condizioni di vivibilità dove la natura e la salubrità dell’ambiente sono stati distrutti o degradati è il campo in cui vanno investite le risorse e può diventare il più grande parco-progetti per creare lavoro.

Per il profitto, sì, ma non sotto forma di denaro e potere,bensì profitto fatto di utilità per la salute, il benessere, la prosperità comune. L’avvio di questo processo è ineludibile; lo si chiami come si vuole: riconversione ecologica dell’economia, rivoluzione, diritto alla felicità. L’importante è non aspettare che sia troppo tardi, non perseverare sulla via del disastro, di cui la pandemia che oggi ci affligge non è che un assaggio.