AGI – Brucia il West. Uno scenario post atomico: quartieri inceneriti, fumo denso, aria irrespirabile, quasi cinque milioni di acri distrutti, almeno venti morti e decine di dispersi. Solo nell’Oregon l’ordine di evacuazione riguarda 500 mila persone mentre le fiamme si avvicinano ai sobborghi di Portland, si teme una strage. Foto apocalittiche sulle prime pagine di tutti i giornali. Ma Donald Trump tace. Il ‘Twitter in chief’, dal 6 agosto scorso non dedica neppure un cinguettio all’inferno di fuoco in California, Oregon e Stato di Washington. Aspetta l’anniversario dell’11 settembre per rompere il silenzio ma solo per rendere omaggio agli eroi del momento, gli stessi di 19 anni fa: i vigili del fuoco. “Ringrazio gli oltre 28 mila pompieri e primi soccorritori che stanno combattendo contro gli incendi in California, Oregon e Washington”, scrive il presidente, “siamo con loro fino alla fine”, con gli eroi che si sacrificano per il bene della nazione.
Trump e l’attacco al governatore Newsom
Non un messaggio di solidarietà per le vittime (ma si sa che di empatia non brilla) e nessun accenno alla devastazione ambientale. L’ultima volta che ha parlato della California (il mese scorso), Trump lo ha fatto durante un comizio elettorale in Pennsylvania (cruciale Stato in bilico per vincere la Casa Bianca), attaccando il governatore democratico del Golden State, Gavin Newsom: “Gli incendi stanno iniziando di nuovo, occorre ripulire il terreno, pulire i boschi, ci sono anni di foglie cadute e rami secchi che sono così infiammabili… è arrivato il momento di fermare gli incendi”. Quello stesso giorno, il 22 agosto, approva lo stato di emergenza per lo Stato del Sole e poi chiude il discorso. Non soffia neppure sul vento delle cospirazioni social che attribuiscono gli incendi agli estremisti antifascisti di sinistra.
“Il collegio elettorale consente a Trump di ignorare la crisi degli incendi in California perché sa di non poter vincere lo Stato (il prossimo 3 novembre). Non finge neppure di governare l’intero Paese ma solo gli Stati rossi e quelli in bilico”, osserva Mark Joseph Stern del Magazine liberal “Slate”.
Biden e il clima
Quale occasione migliore degli incendi allora per Joe Biden per promuovere il suo Green New Deal: 2 mila miliardi di dollari di investimento in energie pulite nei primi 4 anni del suo mandato. Per non parlare del fatto che la sua candidata vice, Kamala Harris, rappresenta la California al Senato. Invece no, anche lui non brilla: “Il cambiamento climatico è già qui e siamo assistendo ai suoi devastanti effetti ogni giorno. Bisogna cacciare il presidente Trump dalla Casa Bianca e trattare la crisi come una minaccia esistenziale”. Poi punta sull’empatia: “Le immagini che arrivano dalla California, dall’Oregon, Washington e altri Stati occidentali sono davvero terrificanti. Se vi trovate in una delle zone colpite, per favore seguite le indicazioni delle vostre autorità locali e mettetevi al sicuro. Jill ed io preghiamo per voi”. Tutto qui.
Possibile che la questione ambientale abbia così poco peso in questa campagna elettorale? Eppure dai sondaggi non si direbbe. Secondo Pew Research, la quota di americani che considera il cambiamento climatico un’importante minaccia è salita al 60% nel 2020 dal 44% nel 2009 e interessa soprattutto ai democratici (9 su 10). Solo il 31% dei repubblicani lo teme. L’ultima analisi di Climate Power rileva che il 71% degli statunitensi guarda con favore ad azioni decise del governo sul fronte della tutela dell’ambiente mentre è contrario il 18%. Si fanno calcoli elettorali, perché insistere sul Green New Deal per Biden significherebbe ricordare agli elettori di essersi spostato a sinistra, per accontentare la base progressista e l’ala del partito capeggiata da Alexandria Ocasio-Cortez e Bernie Sanders. Prevale l’ambiente e il progressismo o una linea più morbida e centrista per non alienarsi gli elettori moderati? Questo è il dilemma dei dem nella campagna presidenziale.
Trump ha davanti una montagna di problemi: il coronavirus, la disoccupazione, le rivolte sociali: vorrebbe evitare la crisi degli incendi come tema della sua campagna. Esclude un viaggio negli Stati colpiti (sono tutti a guida democratica), mentre è corso in Texas e in Louisiana dopo il passaggio dell’uragano Laura.
La contesa Pannsylvania
Con la stessa logica, il tycoon ha scelto di commemorare gli attentati alle Torri Gemelle non da New York (Stato blu, difficilmente scalabile) ma dalla Pennsylvania, a Shankville, dove precipitò il volo 93 della United Airlines, dopo la rivolta dei passeggeri contro i terroristi per impedire all’aereo di colpire l’obiettivo prefissato. “Gli eroi del volo 93 sono l’indelebile ricordo del fatto che non contano il pericolo, la minaccia, le avversità. L’America saprà sempre rialzarsi e rispondere”, ha commentato Trump.
Biden partecipa prima alla cerimonia di Ground Zero, a New York e poi, come Trump, vola a Shankville, nella contesa Pennsylvania: depone una corona di fiori davanti al memoriale, incontra i familiari delle vittime e si sofferma con alcuni vigili del fuoco, altri eroi, ai quali regala della birra che aveva promesso loro durante una precedente visita.
La settimana da dimenticare del presidente
In una settima da dimenticare sul fronte interno, che lo ha visto costretto a difendersi dalle accuse di aver nascosto agli americani la gravità della pandemia, come scritto nell’ultimo libro di Bod Woodward, Trump segna un goal importante con l’accordo di pace tre il Bahrein e Israele, a meno di un mese dall’annuncio sull’intesa per normalizzare le relazioni tra gli Emirati e Israele. “Un’altra svolta storica”, esulta The Donald mentre il segretario di Stato Mike Pompe è a Doha, in Qatar per la ripresa dei negoziati tra i talebani e il governo afghano.
Fronte interno e esterno, politica interna e affari esteri, economia e sicurezza, eroismi quotidiani e cinici calcoli elettorali. Biden e Trump sono all’ultima curva prima di entrare nel rettilineo che conduce al traguardo, ragionano sul messaggio politico, compulsano i dati dei sondaggi, gli strateghi consigliano di puntare su segmenti precisi dell’elettorato e privilegiano gli Stati in bilico. L’America brucia, la politica è di ghiaccio.
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Fonte: estero agi