Intervenire in modo sistematico per ottimizzare e razionalizzare le procedure per il finanziamento, la realizzazione e il monitoraggio degli interventi di contrasto e mitigazione del dissesto idrogeologico, alla luce di specifiche aree di criticità rilevate. È il suggerimento dell’Anac, che, sul tema specifico delle opere per la prevenzione delle emergenze e la riduzione dei rischi idrogeologici, ha formulato proposte di modifica in relazione alla normativa di settore: con una delibera del Consiglio dello scorso 20 novembre, è stato infatti approvato un atto di segnalazione al Governo e al Parlamento, basato sui risultati dell’indagine conoscitiva sul tema del dissesto, avviata da Anac lo scorso anno. Dall’indagine, Anac riferisce che emerso un quadro “caratterizzato da difficoltà in vari ambiti”, a partire dall’essenziale azione di monitoraggio, con numerose e differenti banche dati da alimentare “che però non sono interoperabili, cosicché si rende necessario inserire le medesime informazioni varie volte in sistemi differenti, che tengono traccia sostanzialmente dei flussi finanziari ma non riescono a controllare la concreta esecuzione delle opere”. I commissari straordinari, quindi, “sono spesso chiamati a curare anche attività di manutenzione ordinaria, in mancanza di una concreta discriminante tra interventi di ripristino di danni causati da precedenti emergenze e interventi di effettiva prevenzione” e “spesso i lavori effettuati sono di importo modesto e circoscritti ad aree limitate in singoli Comuni”. E ancora: “vi sono difficoltà nel possibile esercizio dei poteri concessi in deroga, spesso a causa di carenze di personale nell’organizzazione regionale, col risultato che la struttura commissariale rischia di limitarsi a svolgere un’attività meramente burocratica di validazione delle richieste dei territori e assegnazione dei finanziamenti, anziché quella di strategico coordinamento progettuale”, osserva l’Anac.
Alla luce della ricognizione effettuata, nell’atto di segnalazione Anac avanza alcune proposte operative: un primo suggerimento è quello di “espungere dalle procedure di valutazione degli interventi, finalizzate all’erogazione dei finanziamenti, le piccole manutenzioni ordinarie, spesso di modestissimo importo”. Nel documento, inoltre, si sottolinea l’”importanza assoluta per la corretta gestione del territorio di questi interventi, che però dovrebbero essere curati dagli enti locali: la mancata pulizia dell’alveo e delle sponde dei torrenti, ad esempio, può causare esondazioni anche per piogge non eccezionali, così come dalla mancata cura dei pendii prospicenti gli abitati possono ingigantirsi i danni di frane pur superficiali. Si tratta però di interventi che – spiega l’atto – potrebbero essere ben garantiti con normali procedure di affidamento, in modo più celere ed efficiente, da parte delle amministrazioni locali”.
Per Anac, poi, è necessario un “coordinamento, in capo al commissario, sulla progettazione di tutti gli interventi proposti dagli enti territoriali”, fermo restando il potere di avvalersi dell’ausilio di organismi competenti. Serve inoltre, “rafforzare le Autorità di bacino, eventualmente sollevandole dal compito di valutare opere di piccola entità”.
Sul piano del monitoraggio, per Anac, “un’utile semplificazione sarebbe quella di mantenere soltanto la banca dati Rendis (Repertorio Nazionale degli Interventi per la Difesa del Suolo) di Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), preposta all’acquisizione delle informazioni sui dissesti e con le risorse impiegate nel campo della difesa del suolo regione per regione, e la Banca dati nazionale dei contratti pubblici di Anac, rendendole interoperabili e popolandole in modo da evitare ripetizioni: la prima per tutto quanto richiesto fino alla gara, la seconda dalla gara in poi”. (AGI)
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