Allarme dell’Interpol sul terrorismo di estrema destra in Europa


In un momento di forti tensioni sociali alle porte, con la posizione privilegiata dell’Italia nel Mediterraneo che fa gola a tanti Stati, il rischio di una nuova strategia della tensione è quanto mai concreto. Eppure, nel nostro Paese né i media né la politica sembrano avvertire il pericolo

di Mauro De Virgilio

Pochi giorni fa, il rapporto annuale dell’Europol (il coordinamento di tutte le forze dell’ordine del Vecchio Continente) ha ribadito ciò che da mesi mette in subbuglio i servizi segreti europei: il terrorismo che minaccia di destabilizzare l’Europa e di riportare il terrore non è quello islamico (come nel biennio 2015-2016), ma quello di estrema destra.
Sono mesi che nelle principali potenze economiche europee come Germania, Francia e Italia, si susseguono arresti di piccole cellule terroristiche (o anche di “schegge impazzite” come sono definiti i terroristi che agiscono in solitaria) di matrice neonazista o neofascista. E non sono semplici gruppi, magari con ideali eversivi ma tutto sommato inoffensivi: possiedono armamenti pesanti e sono allenati a combattere. Il terrorismo di destra si dirige soprattutto verso impianti 5G, ma anche verso strutture ospedaliere, a rimarcare l’ostilità contro la “dittatura sanitaria”, ma -richiamandosi al suo “glorioso” passato – progetta anche attentati di matrice omofoba e antisemita.
Viene da chiedersi chi e che cosa stiano favorendo il sorgere di questi movimenti: a fare da concime vi è sicuramente l’insicurezza sociale che dal 2008 attanaglia il Continente, e che permette a movimenti generalmente complottisti, antieuropeisti e anticapitalisti di fare proseliti tra gli strati sociali più colpiti. E, ovviamente, correlato a questo, vi è la progressiva ascesa di partiti che si richiamano a ideali di estrema destra, quali AfD in Germania, PiS in Polonia e Fidesz in Ungheria.
Ma quale può essere il fine di questi movimenti, che ci suggerisce qualcosa sui possibili finanziatori? Basti pensare che l’Europa unita potrebbe essere uno dei maggiori attori geopolitici del pianeta, se solo riuscisse a superare tutti i suoi particolarismi e i suoi egoismi in politica estera. C’è dunque tutto l’interesse al che l’Europa resti divisa, soprattutto da parte delle grandi potenze avversarie al nostro continente: potenze che in molti casi hanno (e hanno avuto) al potere, fino a poco tempo fa, partiti e personalità con ideali vicini al mondo dell’estrema destra. Non vi è però ombra di dubbio che un Paese come il nostro, che ha già patito due tipi diversi di strategia della tensione (dal 1969 al 1980, e dal 1992 al 1994), sia particolarmente sensibile a tale questione, e sia perciò suscettibile di una nuova stagione di terrore.
Nel 1969 la stagione di tensione tra lo Stato e le forze studentesche e sindacali era sul punto di apportare cambiamenti politici sostanziali al Paese, e si doveva impedire tale cambiamento; lo stesso avvenne nel 1992, quando la fine della Guerra fredda e l’avvio delle indagini del pool milanese di Mani Pulite avrebbero potuto consentire lo smantellamento della commistione di mafia e corruzione che avvelenava il tessuto socio-politico del Paese. In entrambi i momenti, l’estrema destra, in collaborazione con le mafie e la (probabile e mai del tutto provata) ingerenza di servizi segreti stranieri e nazionali, contribuì a portare il terrore nella popolazione. Luoghi come Piazza Fontana, la Stazione di Bologna, Piazza della Loggia, Via Fani, Capaci, Via d’Amelio, Via dei Georgofili, risuonano nella memoria nazionale, riportando nella nostra mente dolore e terrore.
Proprio oggi, in un momento di forti tensioni sociali alle porte, in un momento in cui la posizione dell’Italia nel Mediterraneo fa gola a tanti Stati (piccoli e medi), il rischio di una nuova strategia della tensione è quanto mai concreto. Eppure, in Italia, né i media né la politica sembrano udire le sirene d’allarme che provengono dall’Interpol: sembra riprodursi lo scenario del 1969, in cui un articolo del giornale inglese The Observer diede le avvisaglie di un possibile processo di destabilizzazione imminente in Italia, senza ricevere alcuna reazione: ma anche lo scenario del 1992, quando il ministro dell’Interno Vincenzo Scotti lanciò l’allarme di una possibile strategia stragista a opera di Cosa Nostra, venendo definito dall’allora premier Giulio Andreotti “venditore di patacche”. Il pericolo del terrorismo di estrema destra, insomma, è più che concreto e riguarda soprattutto il nostro Paese: ma per ora, nessuno sembra preoccuparsene. Speriamo di non dovercene preoccupare in futuro, pensando che potevamo chiudere la stalla prima che decine di buoi scappassero.