Alfonsina Russo, Roma e l’Egitto, storia di fascinazione

L'Amato di Iside INAUGURAZIONE - DOMUS AUREA Fig. 15 - Domus Aurea, Grande Criptoportico, credit Parco archeologico del Colosseo, Foto di Sergio Pregagnoli


(di Francesca Chiri) Il fascino dell’esotico e del mistero, la contaminazione con i culti orientali, le aspirazioni alla deizzazione, il desiderio di conoscenza e anche di apertura verso mondi e culture diverse. E’ questo il filo lungo il quale scorre il racconto del legame di Roma. con l’antico Egitto: alla Domus Aurea va in scena L’Amato di Iside.

Nerone, la Domus Aurea e l’Egitto, la mostra ideata e organizzata dal Parco archeologico del Colosseo e curata dalla direttrice, Alfonsina Russo.
“L’Egitto ha sempre esercitato un fascino sui Romani perché è una terra di scienza e di filosofia, una terra esotica da cui provenivano merci preziose, come l’incenso. L’Egitto era un luogo di smistamento di merci che provenivano dall’Arabia: dal Nilo risalivano fino ad arrivare al porto di Alessandria e da lì queste merci preziose venivano portate in tutti i luoghi del Mediterraneo, tra cui Roma. L’Egitto era un luogo per eccellenza di fascino ma anche dell’ignoto. Nerone, ad esempio, inviò delle spedizioni alla ricerca delle sorgenti del Nilo, una questione che è sempre stata un enigma per gli antichi e che venne risolta solo nell’ 800. Attraverso queste spedizioni c’era quindi un avvicinamento verso il luogo Egitto anche come luogo di conoscenza. Era insomma un luogo di fascinazione” a tutto tondo, racconta all’ANSA, l’archeologa Alfonsina Russo.
E da fascinazione fu colto anche Nerone, formato da precettori come Cheremone, direttore della biblioteca di Alessandria e, Seneca, autore di un’intera opera sull’Egitto. E poi influenzato nella vita adulta dalla vicinanza con Poppea Sabina, la moglie che apparteneva ad una famiglia vicina ai culti di Iside. Anche lui, da imperatore, forse venne sedotto dall’accezione divina del potere che il culto isiaco gli offriva.
“Nerone aveva una concezione della regalità e del potere che era quasi teocratica; basti pensare al Colosso di Nerone, l’enorme statua di bronzo dorato che raffigura l’imperatore nelle sembianze di un dio. Lì si rappresenta come Ammone, il dio del sole: questo tipo di concezione ha un’ascendenza orientale, egizia, perché anche il faraone si identificava con Ammone e quindi il sole. La stessa Iside è una divinità legata al concetto di regalità e la stessa parola Iside nella lingua egizia significa Trono. Quindi, l’intronizzazione dei faraoni fu poi l’intronizzazione dello stesso imperatore. E il trono era il simbolo del potere ma con un richiamo politico e religioso”.
La mostra, però, è nata “perché restaurando il monumentale Criptoportico che collega i due cortili pentagonali, e ripulendo una parete di questo lunghissimo corridoio, sono emerse delle figure che rimandano a Iside, Anubi e a tutti i sacerdoti isiaci portatori d’acqua, l’acqua sacra del Nilo. Partendo da questo spunto abbiamo approfondito il rapporto tra Nerone e l’ Egitto, quindi non solo con Alessandria ma anche con l’ Alto Egitto.
Sono stati ritrovati dei cartigli nei templi di Dendera e Philae dove sono stati riscontrati dei cartigli con il nome di Nerone Autokrator, l’amato di Iside, perché i due grandi templi erano in diversi modi legati ad Iside”.
Poi c’è la seconda sezione della mostra dedicata all’Egitto a Roma, dove sorgeva l’Iseo Campense, il Tempio dedicato ad Iside e al suo consorte Serapide a Campo Marzio, inaugurato nel 43 a.c. “subito dopo l’uccisione di Cesare che portò a Roma Cleopatra e che, proprio per assecondarla, le fece istituire una serie di templi dedicati ad Iside. E quindi anche l’Iseo Campense. Ma i culti di Iside, come racconta la mostra, ebbero alterne fortune: Tiberio nel 19 d.c. per una vicenda legata ad una donna concupita nel tempio lo fece distruggere, ne distrusse le statue e le gettò nel Tevere, dove sono state ritrovate e i cui resti si possono vedere nella mostra. Poi, con la dinastia dei Flavi, ci fu di nuovo una grande diffusione dei culti isiaci: tant’ è che possiamo vedere Domiziano in veste di faraone, una statua che viene dal museo di Benevento. Poi abbiamo delle teste in marmo che provengono dal Palatino e quindi da un palazzo imperiale. E questo – conclude Russo – la dice lunga sull’importanza che Iside ebbe per tutti gli imperatori”. (ANSA).