Aisha


 

Di Massimo Campanini fonte@enciclopediadelledonne

La beneamata di Muhammad. Questa fu Aisha, la moglie favorita del Profeta dopo Khadija, la prima sposa, cui egli restò fedele, monogamo fino alla morte di lei (nel 619). Ma Aisha brilla anche di luce propria, non è semplicemente illuminata dal riflesso del prestigio del Profeta: fu una protagonista della vita del suo tempo.

Aisha era figlia di Abu Bakr, intimo amico di Muhammad e tra i primissimi convertiti all’Islam, primo dei califfi ben guidati successore del Profeta (regnò dal 632 al 634). Secondo le fonti, che non sono omogenee, Aisha fu promessa al Profeta quando aveva sei anni (o nove). Il matrimonio fu celebrato presto, ma venne consumato quando la fanciulla ebbe raggiunto la pubertà, a nove o dieci anni (o a quattordici). È infatti uso nella maggior parte dei popoli mediorientali e africani di porre le mestruazioni a discrimine tra l’infanzia e il raggiungimento dell’età matura. Subito Aisha ottenne un posto privilegiato nell’harem di Muhammad (che dopo Khadija si sposò più volte, alcune volte per passione altre per ragioni politiche e diplomatiche). È presumibile che le altre mogli del Profeta provassero invidia per lei, presso la cui casa più spesso l’Inviato di Dio si recava. Così come – pare – Aisha stessa nutriva invidia e dispetto per il ricordo che il marito serbava di Khadija, seppur morta e sepolta. “Non capisco cosa ci trovasse in quella vecchia sdentata”, sembra dicesse Aisha alludendo al rimpianto di Muhammad per colei che l’aveva preceduta. Dal connubio di Aisha e del Profeta non nacquero figli, ma quest’ultimo la portava spesso con sé, anche durante le spedizioni militari.

Durante una di queste, venne tolto il campo mentre Aisha si era appartata per certi suoi bisogni, cosicché la fanciulla venne “dimenticata” dalla carovana e lasciata indietro. Avrebbe potuto perdersi o fare brutti incontri, se non fosse stata intercettata da un giovane (e avvenente) cavaliere beduino, che la riportò al campo del Profeta. Subito corsero voci maligne e le malelingue si interrogarono su cosa mai fosse potuto succedere quando Aisha e il giovane beduino si erano trovati soli. Il genero e cugino di Muhammad, ‘Ali, destinato a diventare il quarto califfo, consigliò al Profeta di ripudiare la giovane moglie per far tacere i sospetti. Aisha si infuriò per questa intromissione di ‘Ali, nei cui confronti, da quel momento, provò un odio sincero e irremissibile (e questo odio sarebbe stato decisivo per le sorti dell’Islam, come vedremo in seguito). Fortunatamente discese una rivelazione a risolvere la spinosa questione e a scagionare Aisha: “Certo, quelli che hanno inventato la calunnia sono parecchi fra di voi… e ognuno di quelli che l’han propalata riceverà in cambio quanto si è guadagnato col suo peccato…”1.

Aisha rimase vicinissima al Profeta negli ultimi anni della sua vita. Questo ne fece una delle più affidabili fonti di informazione dei detti e dei fatti dell’Inviato di Dio, detti e fatti che compongono la sunna o “comportamento”, cui ogni buon musulmano credente è obbligato a adeguarsi. Moltissime tradizioni furono tramandate da Aisha che così si procurò un ruolo eminente nel pantheon tradizionalmente maschile dei trasmettitori della sunna.

Ci dicono le fonti che fosse una donna indipendente che non temeva di rimbeccare e rimproverare il venerato marito quando i due addivenivano a qualche alterco familiare. Inoltre, proprio tra le braccia di Aisha il Profeta andò a morire. Agli inizi dell’estate del 632, quando era molto malato, travagliato tra l’altro da lancinanti dolori alla testa, Muhammad amava posare il capo nel grembo della moglie favorita. E proprio in quella posizione un giorno di giugno lo colse la morte.

Aisha era ancora giovane. Il suo ruolo di vedova del Profeta le imponeva il ritiro e la riservatezza, ma possiamo immaginarla insofferente di una situazione che non la collocava al centro della scena. Nulla ebbe da dire quando vennero eletti al califfato prima suo padre Abu Bakr, poi ‘Omar (634-644), poi ‘Othman (644-656), ma quando ‘Othman cadde assassinato, ebbe la sua occasione per ritornare protagonista. Innanzitutto elevò la voce a condannare senza riserve l’omicidio, pretendendo con due prestigiosi compagni del Profeta, Talha e Zubayr, che i colpevoli fossero severamente puniti. Ma al califfato, a Medina, venne eletto ‘Ali, il suo arci-nemico, e ‘Ali (gesto gravido di conseguenze che provocarono una guerra civile), non volle o non seppe perseguire con la necessaria durezza gli assassini di ‘Othman. Aisha dunque converse con Talha e Zubayr a condannare l’atteggiamento di ‘Ali e a rifiutare di riconoscere la legittimità della sua carica. Si trattò di un’ulteriore scissione all’interno della comunità musulmana, la seconda dopo quella che aveva portato all’omicidio di ‘Othman. Si impugnarono le armi e gli eserciti di Talha e Zubayr, da una parte, e di ‘Ali dall’altra vennero a una battaglia decisiva nel basso Iraq (fine del 656). Aisha assistette al combattimento in un baldacchino montato su un cammello fulvo. Tanto era straordinaria la contingenza che la battaglia fu appunto denominata “del cammello” (di Aisha). Il baldacchino venne trafitto da molte frecce e la moglie del Profeta fu anche leggermente ferita. Le sorti dello scontro però volsero a favore di ‘Ali. Talha e Zubayr furono uccisi e la ribelle Aisha rimandata a Medina e obbligata a un silenzio ritenuto più consono al suo destino di vedova.

Da questo momento non si sa pressoché più nulla di lei. Di certo vi è che visse ancora molti anni, morendo probabilmente più che sessantenne attorno al 678. È stato detto che se Aisha fosse stata dalla parte dei vincitori alla battaglia del cammello, qualche cosa sarebbe cambiata per il futuro delle donne nell’Islam. Di sicuro la beneamata del Profeta fu pienamente consapevole del suo grado e delle sue capacità, e la sua vicenda terrena dimostra che il maschilismo che ha avuto il sopravvento nell’Islam non era iscritto per forza nelle origini di quella religione.