Ahed Tamimi, “la bionda” per via della folta chioma di capelli riccissimi, arrestata oggi in Cisgiordania dall’esercito israeliano, è da anni una spina nel fianco di Israele. Nel 2018, a soli 17 anni, scontò 8 mesi di carcere inflitti dal tribunale militare per aver schiaffeggiato due soldati israeliani nel villaggio cisgiodano Nebi Saleh. Un gesto che l’aveva trasformata nel simbolo della lotta popolare palestinese contro l’occupazione israeliana. Con lei era stata condannata la madre Narimam.
L’episodio che l’aveva portata in carcere risaliva al 19 dicembre quando, al culmine delle proteste innescate dalla decisione di Donald Trump di trasferire l’ambasciata statunitense da Tel Aviv a Gerusalemme, aveva schiaffeggiato, spintonato e preso a calci due soldati israeliani che si trovavano accanto alla casa di famiglia.
I due militari, ai quali la giovane aveva intimato di andarsene, non hanno reagito a quella che sembrava più una provocazione che un tentativo di fare del male. L’incidente però era stato ripreso con il telefonino e rilanciato su Internet, acquistando grande popolarità. Pochi giorni dopo l’esercito israeliano aveva arrestato la ragazza.
La famiglia Tamimi non era nuova alle proteste: Bassem, il padre, è un noto esponente di al-Fatah, il partito del presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) Abu Mazen, e giocava un ruolo importante nelle proteste a Nabi Salih, villaggio 20 km a nord-ovest di Ramallah.
La figlia Ahed già nel 2012 era stata ripresa mentre agitava il pugno contro soldati israeliani, guadagnandosi così un incontro con l’allora premier turco, Recep Tayyip Erdogan. Ancora, nel 2015 era stata fotografata mentre mordeva la mano di un militare nel tentativo di impedire l’arresto del fratello.
Anche in Israele il video era diventato un caso: alcuni lodavano la capacità dei soldati di non reagire e altri li criticavano per essersi dimostrati deboli. (AGI)
UBA