Agli esami di maturità con un singolare atto di protesta


Il 22 giugno a preso il via il primo esame di maturità post-covid, con la ripresa dei compiti scritti e colloquio orale…ma anche con un chiaro messaggio: “la scuola italiana fa schifo”, che ci costringe a riflettere

di Anna La Mattina

 Francesco Intraguglielmo, studente 19enne del Liceo scientifico “Pietro Farinato” di Enna ha esordito così, con una maglietta “provocatoria”, il primo giorno degli esami di maturità, che ha fatto tanto discutere il mondo della scuola.

“Mi hanno detto di vestirmi in maniera consona alla prova che affronterò oggi. Non c’è modo più consono di questo”. È il testo di una lettera inviata alle redazioni giornalistiche dallo studente, fondatore di un movimento studentesco che si intitola “Rivoluzioniamo la scuola”. Tuttavia l’intervento del docente-scrittore Prof. Enrico Galiano fa sicuramente riflettere. L’intellettuale si esprime così, in merito alla singolare protesta pacifica:

 “Francesco ha fatto bene. Come ogni adolescente appassionato è andato sicuramente fuori dalle righe, ma solo un cieco non vedrebbe che dietro questo gesto c’è una grande sofferenza”. E ancora: “Ascoltiamolo questo grido e pensiamo di dare a Francesco delle risposte concrete, non solo commentini e reprimenda”.

Mi pare che il discorso non faccia una grinza! Il giovane studente, conosciuto come uno studente serio ed intelligente, continua asserendo:

Mi hanno detto di vestirmi in maniera consona alla prova che affronterò oggi. Non c’è modo più consono di questo! In questo paese la scuola è l’ultima ruota del carro. Noi maturandi abbiamo perso quasi due anni di scuola. Siamo uno dei paesi in Europa che ha fatto più DAD. In quel momento non capivamo appieno quanto ci stavano togliendo, ma adesso che siamo alla fine del percorso, abbiamo preso consapevolezza”.

E poi ha aggiunto: “Non mi sarei mai dato pace se non avessi tentato di attirare l’attenzione su una scuola ormai in cenere”.

L’ultima edizione del rapporto Ocse, Education at a glance 2021, disegna un ritratto abbastanza impietoso della scuola italiana, soprattutto su un aspettoquanto investiamo sulla scuola? Molto poco, rispetto agli altri Paesi. In Turchia e in Colombia, spendono quasi il doppio dell’Italia!

Malissimo la dispersione scolastica. Malissimo il coefficiente di ansia scolastica, che misura lo stato di benessere degli studenti a scuola: vi sono zone del Paese (specie al Sud) dove certi edifici scolastici somigliano a delle baraccopoli: strutture fatiscenti con pochi spazi e mezzi, sia didattici che tecnologici.

Ogni tanto si fanno acquisti “disordinati”, con qualche PON che impingua le casse d’istituto, ma spesso tutto ciò poggia su una struttura che meriterebbe un assetto diverso, su cui far poggiare la modernità delle infrastutture; per intenderci: che me ne faccio di una bellissima LIM, se poi non ho uno straccio di tenda per oscurare un po’ le grandi vetrate delle aule? O peggio ancora, non ho un buon sistema di amplificazione acustica che mi permette di diffondere la voce di un filmato o di un documentario e catturare l’attenzione degli studenti? Questa è l’amara realtà, purtroppo, in molti casi.

Il giovane studente, che ha provocatoriamente (e, secondo me, anche responsabilmente) deciso di manifestare il suo pensiero, come atto di protesta (sapendo in fondo che questo suo pensiero è condiviso da altri), attribuisce, ovviamente il degrado della scuola soprattutto agli ultimi due anni di DAD, in seguito alla pandemia; ma ciò che Francesco non sa è che la scuola italiano ha perso quota insieme al Paese, tra gli anni Novanta e Duemila, quando si decise il “ridimensionamento” socio economico dell’Italia, in vista del suo ingresso nell’UE (Maastricht 1992) e nell’Euro, declassata da quinta potenza industriale nel mondo, con un “Made in Italy”  che ha sempre svettato su tutti, ad una condizione come quella attuale: alto tasso di ignoranza a tutti i livelli, sparizione dei posti di lavoro, con conseguente tasso di disoccupazione e inoccupazione e conseguente aumento della violenza e della criminalità.

Zero investimenti nei settori produttivi, specie al Sud, dove il turismo dovrebbe farla da padrone. Le energie rinnovabili dovrebbe diventare il settore trainante nel “Paese del sole” ed invece notiamo che si sta cercando di “azzoppare” questo processo, rendendo burocraticamente sempre più difficoltosa questa conversione, favorendo invece le banche, piuttosto che le aziende ed i cittadini!

Secondo noi, tutto questo scempio sulla società italiana, si sarebbe mai potuto realizzare, senza una scuola che “fa schifo” (per dirla con le parole dello studente), pensata e destrutturata scientificamente in circa tre decenni? Ma no di certo! Perché una scuola siffatta produce cittadini inermi, incapaci di esprimersi e di formulare il benché minimo pensiero critico… e tutto ciò piace ad una politica perversa e malata. La politica invece deve tornare ad essere sana, a restituire dignità al nostro Paese… e questo processo deve assolutamente partire dalla “Rivoluzione culturale” della scuola, quella che le restituirà spessore e dignità e che utilizzerà le moderne conoscenze pedagogiche, in maniera democratica e non demagogica, com’è fino ad ora avvenuto.

E quindi, anche se la scuola italiana non fa schifo, in molti casi non ci va molto lontana, se la paragoniamo a quella di altri paesi, con standard qualitativi molto più alti… e non parlo soltanto del cosiddetto Occidente sviluppato, ma anche di scuole appartenenti a paesi in via di sviluppo (come per esempio la Martinica!), sono organizzate con una certa logica e conseguente funzionalità.

La scuola è il termometro di una società. E’ il progetto futuro che la Politica (quella con la “P” maiuscola), deve dare per costruire la serenità dei propri cittadini, per continuare a nascere e crescere, non nel benessere opulento delle cose inutili da acquistare, anche quando manca il pane sotto i denti, ma con il necessario per essere non felici, ma almeno sereni… e quindi poter andare a scuola, comprare dei libri e studiare, con dei genitori che non devono lavorare dodici ore al giorno, con uno stipendio di 800 euro al mese, senza avere nemmeno il tempo di dedicarsi ai propri figli (o gli dai il pane o gli dai i libri!). Questa non è società. Questa non è vita. Questo non è neanche un paese civile: è un Paese che ha smarrito la rotta e la propria memoria, perché non è più interessato a tramandare la propria storia e le proprie conoscenze acquisite. Basti pensare che anche nel produttivo Nord-Est italiano, molte piccole e medie aziende chiudono per mancanza di continuità: appena il padre fondatore va in pensione o per altre ragioni viene a mancare, non c’è un figlio in grado di prenderne in mano le redini.

Bravo Francesco! A tuo modo, con la maniera irriverente dei giovani, costringi noi adulti (ex giovani irriverenti, ma ormai pericolosamente moderati), quanto meno ad attivare il cervello per formulare necessarie quanto urgenti riflessioni… a cui, si spera, seguano presto conseguenti azioni politiche.