AGI – Se il cattolicesimo di sinistra, per definizione compreso e serioso come un gesuita nicaraguense, riusciva ad ammaliare le masse altrimenti edoniste, il merito era suo. Nel senso che David Sassoli, scomparso prematuramente in queste ore (e mai “prematuramente” è avverbio di tempo e modo come adesso: lo si vedrà tra poco) riusciva nel capolavoro: prendeva l’eredità di Dossetti e di La Pira e ne faceva materia quasi di svago. Roba da infotainment, quel miscuglio di informazione e intrattenimento che andava per la maggiore ai tempi in cui lui per la maggiore andava sul Tg1 delle 20. Ma non corriamo troppo: alla Rai ci arriveremo poi.
David Maria come Turoldo
Sassoli si chiamava David Maria, ed il nome lo aveva scelto suo padre (un redattore del Popolo sceso a Roma da Firenze negli anni ’60, come ad altri capitava in quegli anni) in segno di ammirazione verso un frate seccatore. David Maria Turoldo – queste le sue generalità – aveva fatto il partigiano in quel di Milano non prima, ma dopo l’ordinazione tra i Servi di Maria. Dopo la guerra eccolo simpatizzare per le teorie conciliatoriste più avanzate, al limite dell’eterodossia. Nel ’55 lo sbatterono a Firenze per farlo tranquillizzare, e lui fece comunella con Balducci e i lapiriani. Pazienza se l’altra metà di Firenze gli storpiava il nome, e lo chiamava a spregio “Padre Biroldo”: sono cose che capitano a tutti i profeti, anche a quelli che non restano in patria.
L’approdo al giornalismo
Sassoli crebbe in questo cotè, cui rimase molto legato anche se la discesa a Roma in tenera età comportò la perdita dell’accento. Restò comunque legato alla Fiorentina. Del resto quello erano i tempi di Miguel Montuori, e come fai a dimenticarlo. Come spesso capitava ai rampolli talentuosi, seguì le orme del padre, partendo dal Giorno e incamminandosi su percorsi sempre più arditi. La prosa era gradevole, il ciuffo pure.
Chiese una volta ad un collega del Giorno, uno storico inviato chiamato Graziano Sarchielli, se fosse o meno il caso di andare alla Rai. L’idea lo allettava, ma gli piaceva anche scrivere sulla carta stampata. Sarchielli, che era di Lastra a Signa, gli dette del bischero: “Guardati allo specchio”. Aveva ragione. Sassoli sbarcò da Santoro da inviato de Il Rosso e il Nero, e non si fermò fino alla conduzione del Tg1 delle 20, che non era più quello da 20 milioni di spettatori a sera, ma era sempre l’ammiraglia dell’ammiraglia.
Il volto del Tg1
Una potenza di fuoco degna della HMS Victory. Lì divenne anchor man, più che del Tg1, di sé stesso. E’ per questo che non si fermò lì. Per contestualizzare: erano gli anni ’90, sul loro estremo degradare verso la fine del millennio. Il momento in cui in Gran Bretagna furoreggiava un suo coetaneo con la stessa ghiera di denti semiperfetti e un ciuffo consimile. Si chiamava Tony Blair, e gli segnò la strada. Ma per capire il cosa e il come bisogna tornare, una volta ancora, alla Firenze di Padre Turoldo.
Questi, ma soprattutto La Pira, era espressione di quel cattolicesimo di sinistra che dava l’orticaria alla maggioranza Dc, tanto che a un certo punto anche Fanfani, con tutte le cautele del caso, ne aveva preso le distanze. Non parliamo nemmeno di De Gasperi, che a un certo punto li prese di petto tutti quanti e li invitò a mettersi a tirare la carretta, invece di fare i professorini. Il leader spirituale e politico di questa parte dell’anima della Democrazia Cristiana era Giuseppe Dossetti, e Dossetti aveva un’idea tutta sua per quel che riguardava i rapporti con la sinistra. Se De Gasperi vedeva la Dc come un partito di centro che guardava a sinistra, Dossetti voleva un partito che verso sinistra marciasse.
La Storia racconta che ad un certo punto si ritirò dalla politica, ma la fine della Dc dette successivamente al cattolicesimo democratico la possibilità di fare quel che avrebbe sempre desiderato. Andare, cioè, verso sinistra. Il bipolarismo imperante era, a riguardo, al tempo stesso causa necessitata e necessitante e, se te lo dice lo spirito dei tempi, vuol dire che puoi.
Sassoli, mentre questi processi maturavano e prendevano forma, era a condurre il Tg1 con il suo sorriso suadente, talvolta maliardo. Perfetto come quello di Tony Blair, che da sinistra guardava al centro. Logico che blairismo e Cosa 2, o Pds, o Pd, o insomma quel che la sinistra progettava e produceva in quei mesi alla fine si incontrassero, anche se solo dal punto di vista dell’elaborazione politica. E che Sassoli ne divenisse, grazie anche alla mascella quadrata, l’epitome.
Lo sbarco in politica
Lo sbarco in politica avviene nel 2009. Dario Franceschini, anche lui partito dall’alveo del dossettismo e per intanto divenuto segretario del Pd, anche lui legato ad una dimensione sorridente del cattolicesimo democratico (e si vedano a riguardo i suoi romanzi), Dario Franceschini insomma lo candida come capolista dell’Italia centrale alle europee di quell’anno. Un successone: quattrocentomila preferenze e anche più. Altri due mandati e addirittura diventa presidente del Parlamento Europeo.
Nel frattempo un altro segretario, Matteo Renzi, di Firenze e autodichiarato erede dei lapiriani, ha portato il Pd nella piena appartenenza al gruppo dei socialisti europei. Quando Sassoli assurge allo scranno più alto di Strasburgo, un giornale italiano titola: “Eletto un socialista”. Il che, nella semplice constatazione dei fatti, racchiude anche la conclusione di un percorso iniziato ancor prima che lui, il Presidente dell’Assemblea, nascesse.
Adesso che ci troviamo a doverlo salutare, ricordiamo David Sassoli come l’uomo che, con il sorriso suadente, ha fatto più per la causa del cattolicesimo democratico che cento scritti di La Pira e di Lazzati. Un sorriso così coinvolgente da renderlo, in qualche modo, una figura eternamente giovanile. Nonostante le foto dell’ultimo periodo ce lo abbiano consegnato, all’improvviso e a sorpresa, invecchiato di colpo. Per questo diciamo prematuramente scomparso: non potrebbe essere altrimenti. Chissà se Padre Turoldo sarebbe contento di questo giovane da lui letteralmente tenuto a battesimo. Ma qualcosa ci dice di sì.
Source: agi