A  Perugia l'università sperimenta il 'tampone a distanza'


AGI – Con uno strumento innovativo prodotto dall’azienda britannica Hyris Global Diagnostics, l’università degli Studi di Perugia sta mettendo a punto un nuovo modello di monitoraggio del Covid-19 sul territorio: si punta a eseguire e refertare tamponi e test antigenici direttamente sul posto, senza passare per il laboratorio. Il progetto ‘Diagnosticando’, basato sulle nuove tecnologie di informatica diagnostica, rappresenta il primo esperimento nel suo genere in Italia.

Test in loco e gestione dello strumento in remoto

Il sistema prevede che i test, molecolari e antigenici, vengano eseguiti in loco – che sia una scuola, una Rsa, un carcere – in un’unità mobile, analizzati in tempo reale e trasmessi in formato digitale al laboratorio di Microbiologia dell’ospedale di Perugia, che dà l’input alle procedure di sanità pubblica che scattano quando viene riscontrata una positività al virus. “I test molecolari standard richiedono varie fasi analitiche, uno strumento estrattore, un amplificatore e sedute per una novantina di campioni che durano 4-6 ore – spiega la professoressa Antonella Mencacci, del dipartimento di Medicina e Chirurgia, responsabile del progetto – tutte le fasi in questo caso avvengono all’interno dello strumento, al cui interno il tecnico di laboratorio inserisce un supporto metallico, il campione e i reagenti”. Lo strumento, insomma, esamina da solo il campione e, collegato alla relativa app, può essere gestito anche a distanza.

Risultati in minor tempo

“La rivoluzione è che il software è manovrabile da qualsiasi dispositivo digitale – continua Mencacci – da un i-pad o da un telefono, senza bisogno di collegarlo a un computer”. In questo modo, dunque, i risultati arrivano direttamente in laboratorio e vengono inseriti nei database, risparmiando tempo prezioso, fino a 24 o 48 ore in meno rispetto ai tempi attuali. Ad esempio, “se un bambino a scuola ha la febbre – ipotizza la professoressa, responsabile del laboratorio di Microbiologia dell’ospedale di Perugia – si chiama Diagnosticando, che va sul posto. Un tecnico di laboratorio nel giro di due ore valida i risultati, noi li vediamo in tempo reale da laboratorio, refertiamo e le procedure dell’Usl possono partire subito”.

Ancora più rapido il test antigenico: questo viene effettuato sul posto da un tecnico, il risultato viene fotografato e inviato tramite software, insieme ai dati del paziente, direttamente nel gestionale del laboratorio. Queste modalità di screening potrebbero essere particolarmente utili per raggiungere più semplicemente persone non autosufficienti o coloro che non possono o che hanno difficoltà a recarsi di persona ad effettuare i tamponi: persone con disabilità, anziani e detenuti. 

Nella fase iniziale della sperimentazione, l’unità mobile gestita da personale specializzato, munita di strumentario di laboratorio e reagenti, interverrà nelle comunità individuate come a rischio di sviluppo di focolai di Covid-19, per raccogliere dati utili a valutare l’efficacia delle diverse tipologie di tamponi. Al termine della fase di test, verranno raccolti ed elaborati i dati relativi ai campioni di popolazione, numero dei test effettuati, tempi di esecuzione e refertazione, efficacia delle misure applicate e idoneità dei diversi campioni biologici.

Paradigma innovativo nel campo della diagnosi

“Prima della sperimentazione – assicura la professoressa Mencacci – abbiamo già confrontato il nuovo modello di diagnostica con quello tradizionale e abbiamo visto che la corrispondenza è ottima”. Il progetto è realizzato in collaborazione con l’Azienda ospedaliera di Perugia, il dipartimento di Prevenzione della Usl Umbria 1 e l’Albo dei Tecnici Sanitari di laboratorio biomedico. 

Per il rettore dell’Università di Perugia, Maurizio Oliviero, “si tratta di una prima, importante pietra per la costruzione di un vero e proprio paradigma innovativo nel campo della diagnosi e dell’assistenza sanitaria, ma soprattutto ci darà la possibilità di garantire la giusta attenzione al benessere delle persone più fragili che non possono, allo stato attuale, accedere ai servizi sanitari centralizzati. La medicina 4.0 – prosegue – può veramente consentirci un salto di qualità nella democratizzazione della medicina”. 

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Fonte: cronaca agi