di Anna La Mattina
Oggi, 9 Maggio 2021, numerose iniziative ricordano Peppino Impastato. Un corteo-diffuso in tutto il territorio nazionale e non solo, con più di 120 iniziative. Perché la voce, le idee ed il coraggio di Peppino sono ancora vivi. Contro mafia, oppressione, razzismo, fascismi, sfruttamento, corruzione, per i diritti umani e civili, per la giustizia sociale, per la libertà di espressione e informazione, per un lavoro sicuro, per il riscatto, per una cultura di pace, giustizia e libertà.
Le dirette da Cinisi e Terrasini si possono vedere su tantissime pagine fb, così come tutti i contributi realizzati in tantissime città.
Il 9 maggio di 43 anni fa, un giovane siciliano, Giuseppe Impastato, di anni 30, conosciuto da tutti come Peppino, veniva barbaramente trucidato dalla mafia, nel suo paese, a Cinisi, a 30 km da Palermo.
Attivista politico, quell’anno candidato alle elezioni comunali nelle liste di Democrazia Proletaria, venne eletto da morto: la gente simbolicamente e nel silenzio dell’urna, lo votò per protestare contro chi gli aveva tolto barbaramente la vita, perché Peppino con coraggio gridava a tutti, attraverso la sua radio libera “Radio Aut”, che “La mafia è una montagna di merda”.. e gridava a tutti che il colpevole di tutto questo, a Cinisi aveva un nome ed un cognome, anticipato da un “don” di ipocrita reverenza popolare: il boss capo di “Cosa nostra” Gaetano Badalamenti, di Cinisi anche lui, che per tutti i suoi “amici” era “Don Tano”.
“Tano seduto” lo chiamava Peppino, con grande senso dell’ironia e sarcasmo, per cercare di far capire alla gente comune che il ricatto della mafia è veramente tale, se noi vi diamo importanza e se attribuiamo potere ai personaggi che costruiscono su quel ricatto il loro falso potere su di noi e sulle nostre comunità.
Per questo suo estenuante impegno, insieme ai suoi compagni, Peppino ha pagato barbaramente con la vita, in un giorno indimenticabile, in cui non fu il solo a morire barbaramente. Un giorno in cui muore barbaramente assassinato Aldo Moro, allora Presidente della Democrazia Cristiana, ruolo al quale era stato relegato, per “farlo fuori” dai giochi di potere interni alla stessa DC. Moro perseguiva il sogno della vera Democrazia in Italia, teorizzando e lavorando per la realizzazione del “compromesso storico” con il secondo partito italiano per numero di consensi, il PCI (Partito Comunista Italiano) di Enrico Berlinguer.
Ma questo progetto non piacque ai potenti, non piacque a chi pensava (e forse ancora si pensa) che l’Italia non potrà mai essere un Paese capace di autodeterminare la propria politica interna, perché si pensa che l’Italia debba essere un paese importante all’interno di uno scacchiere geopolitico.
Allo stesso modo Peppino Impastato sognava una Sicilia ed un meridione d’Italia liberi dalla Mafia, che con il suo granitico potere (se pensiamo che i capi erano allevatori con bassa scolarizzazione, ci si chiede come mai tutto questo potere fosse possibile realizzarlo!), teneva sotto scacco un meridione che si voleva a tutti i costi succube, arretrato e di conseguenza sottosviluppato; quando invece brillava di belle intelligenze costrette all’inespressività ed al silenzio.
Non è un caso che le due barbare esecuzioni avvengono lo stesso giorno: il sospetto è forte. Per capire, si invita il lettore a ricercare nei lavori della “Commissione Parlamentare per il Delitto Moro”, allora presieduta dall’On. Fioroni e condotta, tra gli altri, con molta passione, dal Sen. Gero Grassi. Detta commissione, conclusa la prima parte dei lavori nel dicembre 2017, a fine legislatura, disse: “sappiamo come non è andata”. Con la nuova legislatura, avremmo dovuto vedere una nuova costituzione della Commissione parlamentare, per continuare l’indagine e “sapere” una volta per tutte, com’è effettivamente andata (tale quesito se lo è posto doverosamente, anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella), ma i lavori non proseguirono…
Quella commissione, tra gli altri fatti, aveva appurato la presenza di Gaetano Badalamenti in Via Fani, prima di quel tragico 16 marzo 1978, in cui persero la vita gli uomini della scorta di Moro, per il suo rapimento. Badalamenti era riunito lì, nel Bar Olivetti, formalmente chiuso per fallimento, insieme a uomini dei dell’intelligence italiani e americani.
La domanda sorge spontanea: le due morti, nello stesso giorno, in due punti diversi dello stesso Paese, sono un caso..o no? Speriamo che presto arrivino delle risposte, come chiede giustamente il nostro caro Presidente della Repubblica, anche lui colpito, con l’uccisione del fratello Piersanti, negli affetti familiari, dalla stessa logica, quella politico-mafiosa.