8 luglio 1978. Sandro Pertini eletto Presidente della Repubblica


di Anna La Mattina

Sandro Pertini, all’anagrafe Alessandro Giuseppe Antonio Pertini, nato in Liguria, a Stella San Giovanni (SV), il 25 settembre 1896, compagno socialista della prima ora, insieme a Filippo Turati e fervente partigiano, attività per le quali conobbe il carcere, per la sua energica opposizione al fascismo. Fu il settimo presidente della Repubblica Italiana, in carica dal 1978 al 1985, unico esponente del PSI a ricoprire tale carica; fu consacrato il “Presidente partigiano”, perfino da una canzone popolare italiana del tempo.
Non era facile, ai suoi tempi, “essere un socialista”: la politica non si praticava per diletto o per un impegno intellettuale piuttosto generico, né tantomeno per interessi strettamente personali: ai tempi di Sandro Pertini fare politica, in opposizione al regime, era un serio rischio! E lui non si sottrasse mai a tale rischio.
Perseguitato per il suo impegno politico contro la dittatura di Mussolini, nel 1925 fu condannato a otto mesi di carcere, quindi costretto all’esilio in Francia, per evitare l’assegnazione per cinque anni al confino. Continuò la sua attività antifascista anche all’estero e per questo, dopo essere rientrato sotto falso nome in Italia nel 1929, fu arrestato e condannato dal Tribunale speciale (fascista) per la difesa dello Stato, prima alla reclusione e successivamente al confino.
Ma come si dice in gergo, il diavolo fa le pentole… ma non i coperchi! E fu così che, in un’Italia finalmente libera dal fascismo e libera dalla fame e dalla miseria generale, l’8 luglio 1978, a due mesi esatti dall’omicidio di Aldo Moro e di Peppino Impastato, anni difficilissimi e bui, il compagno socialista e partigiano Sandro Pertini, viene eletto settimo Presidente della Repubblica Italiana, rimanendo in carica fino al 1985.
Chi meglio del Presidente Pertini poteva guidare e rappresentare l’Italia, in uno dei periodi più neri e pericolosi del secondo dopoguerra, come l’era delle stragi di stato e del terrorismo, che caratterizzarono gli anni Settanta, gli Anni di piombo e delle Brigate rosse?
I più anziani tra noi, ricordano del Presidente Pertini, il presenziare con sincero dolore, quasi quotidianamente, ai funerali di stato di politici, magistrati, uomini delle scorte, servitori dello Stato, caduti sotto il fuoco nemico degli stragisti e dei nemici della democrazia!
Andando spesso oltre il basso profilo tipico del ruolo istituzionale di Presidente della Repubblica, il suo mandato presidenziale fu caratterizzato da una forte impronta personale che gli valse una notevole popolarità, tanto da essere ricordato come il “Presidente degli italiani”.
Come capo dello Stato conferì l’incarico a sei presidenti del Consiglio: Giulio Anreotti (del quale respinse le dimissioni di cortesia presentate nel 1978), Francesco Cossiga (1979-1980), Arnaldo Forlani (1980-1981), Giovanni Spadolini (1981-1982), Amintore Fanfani (1982-1983) e Bettino Craxi (1983-1987).
Nominò cinque senatori a vita: Leo Valiani nel 1980, Eduardo De Filippo nel 1981, Camilla Ravera nel 1982 (prima donna senatrice a vita), Carlo Bo e Norberto Bobbio nel 1984; infine nominò tre giudici della Corte Costituzionale: nel 1978 Virgilio Andrioli, nel 1980 Giuseppe Ferrari e nel 1982 Giovanni Conso.
Esponente democratico e riformista del socialismo italiano, durante la sua carriera si prodigò per la crescita del PSI e per l’unità dei socialisti italiani, opponendosi strenuamente alla scissione del 1947 e sostenendo la riunificazione delle sinistre.
Il 27 marzo 1949, al Senato, Pertini dichiarò il voto contrario del suo partito all’adesione dell’Italia al Patto Atlantico (NATO), perché inteso come uno strumento di guerra e in funzione antisovietica nell’intento di dividere l’Europa e di scavare un solco sempre più profondo per separare il continente europeo. Sottolineò, inoltre, come il Patto Atlantico avrebbe influenzato la politica interna italiana, con conseguenze negative per la classe operaia; difese anche la pregiudiziale pacifista dei socialisti, esprimendo la solidarietà nei confronti dei compagni comunisti – veri obiettivi, a suo dire, del Patto Atlantico –, concludendo con le seguenti parole:
«Oggi noi abbiamo sentito gridare “Viva l’Italia” quando voi avete posto il problema dell’indipendenza della Patria. Ma non so quanti di coloro che oggi hanno alzato questo grido, sarebbero pronti domani veramente ad impugnare le armi per difendere la Patria. Molti di costoro non le hanno sapute impugnare contro i nazisti. Le hanno impugnate invece contadini e operai, i quali si sono fatti ammazzare per la indipendenza della Patria! »

Come Capo dello Stato, nel 1979 conferì, per la prima volta dal 1945, il mandato di formare il nuovo governo a un esponente laico, il repubblicano Ugo La Malfa, incaricando quindi, con successo, nel 1981, il segretario del PRI Giovanni Spadolini (primo non democristiano ad assumere la guida del governo dal 1945), e nel 1983 il segretario del PSI Bettino Craxi, primo uomo politico socialista a essere nominato presidente del Consiglio nella Storia d’Italia.
Durante il periodo presidenziale non rinnovò la tessera del PSI, al fine di presentarsi al di sopra delle parti, pur senza rinnegare il suo essere socialista. Del resto, lasciato il Quirinale al termine del suo mandato presidenziale e rientrato in Parlamento come senatore a vita di diritto, si iscrisse al gruppo senatoriale del Partito Socialista Italiano.
Unì la sua vita a quella di Carla Voltolina, anch’essa partigiana e antifascista, sposandola nel 1946 e rimanendo con lei fino alla sua morte, avvenuta a Roma, il 24 febbraio 1990, alla splendida età di 94 anni.
Amatissimo dalla sua gente, che fieramente ha rappresentato nel suo settennato ed oltre, l’eredità etica, politica e culturale di Sandro Pertini rimane parte integrante del popolo italiano e faro illuminante per le presenti e future generazioni.