Prevenzione, un approccio integrato, più spazi per associazioni di volontariato e più educatori, sono gli elementi fondanti per una rinnovata strategia contro la devianza minorile, che fa registrare reati anche molto gravi. In sintesi, è ciò che emerge dagli interventi al convegno intitolato “Devianza minorile a Napoli: quali risposte”, organizzato dalla Corte d’Appello di Napoli con la collaborazione dell’Arciconfraternita dei Pellegrini. L’appuntamento ha fornito un’occasione di confronto e riflessione su un problema che “è un fenomeno altamente complesso, un fenomeno molto urgente, ma è un fenomeno anche risalente ed è un fenomeno che ha varie cause – osserva la presidente della Corte d’appello di Napoli, Maria Rosaria Covelli – innanzitutto bisogna distinguere tra devianza minorile che riguarda minori già coinvolti nella criminalità organizzata e già coinvolti nelle associazioni camorristiche, da quella devianza minorile che invece è una devianza che ha le cause soprattutto in situazioni di degrado sociale, economico, nella povertà economica ed educativa, che è stata messa a fuoco dalla commissione parlamentare sull’Infanzia e l’adolescenza, che ha dato grande risalto al lavoro e alle attività che si stanno svolgendo nel distretto di Napoli”. Tuttavia, “bisogna fare di più”, dice Covelli, osservando che il fronte repressivo funziona, ma “la pena non sembra essere un deterrente”. Facendo riferimento ai dati nazionali della Commissione parlamentare sull’Infanzia e l’adolescenza e ai dati del distretto di Napoli, registrati tra il 1 luglio 2023 e il 30 giugno 2024, Covelli ricorda che i reati “sono spesso collegati all’uso di stupefacenti, all’uso di alcol, all’uso e alla facilità del reperimento di armi. A livello nazionale si parla di oltre 900.000 ragazzi e quindi circa il 40% della popolazione scolastica che fa uso di droghe; c’è un incremento del 10% a livello nazionale di reati correlati all’uso di droghe. A livello del distretto di Napoli, c’è stato un vero e proprio raddoppio dei reati più gravi, omicidi, tentati omicidi, rapine, riduzioni in schiavitù, un raddoppio rispetto all’anno precedente. Addirittura sono state emesse oltre 100 misure cautelari rispetto alle circa 50 dell’anno precedente – afferma – e in Corte d’appello abbiamo avuto l’anno scorso 150 processi, di cui 11 con ragazzi, con minori sotto misura cautelare”. I processi sono stati “tutti definiti anche in tempi brevi, nel giro di pochi mesi” e di fronte a questo serve “prevenzione” e proseguire con una serie di progetti già in campo nella provincia di Napoli, ma si pensa anche alle famiglie che vanno aiutate. “Con la presidente del Tribunale dei minori si pensava anche a dei corsi serali che si potrebbero fare in favore di famiglie, di genitori. Perché tutto questo purtroppo deriva anche da situazioni di isolamento culturale. E invece queste persone, queste famiglie, non devono sentirsi isolate”, aggiunge Covelli. Per dare delle risposte concrete alla devianza minorile, in una città come Napoli, il procuratore generale di Napoli, Aldo Policastro, che parla di “sconfitta”, spinge a interrogarsi sui modelli che gli adulti offrono ai ragazzi che non hanno famiglie forti alle spalle e spiega che se non si è “disposti a modificarli” la prevenzione non funzionerà. “Devianza minorile in realtà è la devianza della società degli adulti. È la società degli adulti che propone modelli, stili di vita su un mercato lecito per chi li può raggiungere questi modelli, e chi non li può raggiungere, invece, usa le scorciatoie”, spiega il procuratore generale di Napoli parlando di “società malata” e aggiunge: “oggi la scorciatoia è quella di sempre, a Napoli: camorra e traffico di stupefacenti”. In particolare guarda alla “cultura di violenza, della competizione sfrenata, dell’arricchimento ad ogni costo” e rileva che “la battaglia per la ricchezza è una battaglia che non è una festa di ballo, è una battaglia che lascia morti e feriti a terra”. Patrizia Imperato, da pochi giorni procuratrice presso il Tribunale per i minorenni di Napoli, traccia il bilancio dei procedimenti attivati tra luglio 2023 e giugno 2024: 470 procedimenti per l’uso di armi proprie, improprie, armi da fuoco e 1086 procedimenti per lesioni gravi e gravissime. Un quadro allarmante quello della devianza minorile e di quella che definisce la “mala movida”, che riguarda anche giovani che provengono da famiglie della ‘Napoli bene’. Imperato ritiene che la risposta da dare passi anche per “un discorso di rete da parte di tutte le Istituzioni; la possibilità di intervenire; ma anche attraverso la Confcommercio per cercare dei decaloghi comportamentali per i gestori dei locali”. Un approccio integrato è ciò che propone anche la presidente del tribunale per i minorenni di Napoli, Paola Brunese, guardando in particolare ai ragazzi che una pena l’hanno già scontata con percorsi che per il prefetto di Napoli, Michele di Bari, “rappresentano un’emergenza”. Mentre associazioni di volontariato attive sul territorio, compresi gli scout, sottolineano che mancano educatori e spazi in cui accogliere i ragazzi, emerge un altro problema, quello del rapporto tra famiglie che hanno bisogno di supporto e lo Stato. Lo sintetizza Stefano Spagnuolo, vicequestore vicario, Primo Dirigente della Polizia di Stato, attraverso le parole di Anna Elia, madre del 19enne Renato Caiafa che ha ucciso per sbaglio il suo amico appena 18enne. “Per me lo Stato è processi, forze dell’ordine, provvedimenti restrittivi. E ho sempre perso con lo Stato”, ha dichiarato la donna in un’intervista in cui fa appello proprio alla Stato per salvare i ragazzi dei vicoli di Napoli. E in questo, la polizia già partecipa a progetti che possono servire a mostrare un volto diverso da quello repressivo e un altro tipo di rapporto con le forze dell’ordine, spesso incentrato su attività sportive. Ma anche su questo versante c’è molto ancora da fare. (AGI)