Kamala Harris, il profilo della candidata in corsa per la Casa Bianca


di Maddalena Maltese

“Kamala, potresti essere la prima a fare molte cose, ma assicurati di non essere l’ultima”. Questa raccomandazione della mamma che campeggia nella pagina del profilo ufficiale della vicepresidente statunitense Kamala Harris spiega chi è la futura candidata alla presidenza Usa.
In quella frase ci sono le sfide affrontate e i traguardi raggiunti, ma anche la responsabilità di farlo per altre donne, per le minoranze, per chi è ancora escluso per il colore della sua pelle e le sue origini dal governo del Paese.
Kamala Harris ha fatto la storia nel 2020 come la prima donna nera eletta vicepresidente degli Stati Uniti,infrangendo le barriere che hanno mantenuto gli uomini, in gran parte bianchi, radicati ai massimi livelli della politica americana per più di due secoli.
Da 24 ore potrebbe tornare a rifarla, dopo che domenica 21 luglio, il presidente Joe Biden si è ritirato dalla corsa alla Casa Bianca e ha lanciato la candidatura della sua vice alla presidenza degli Stati Uniti.
Il ritiro di Biden “patriottico ed eroico”

Il passo indietro di Biden chiesto da settimane, è stato dipinto dalla stampa Usa come una decisione patriottica ed eroica, di un uomo che ha messo il Paese prima dei suoi interessi e che attorno alla figura della Harris ha provato a riunificare il partito e a spingerlo verso un obiettivo unico: sconfiggere il candidato repubblicano Donald Trump, la vera minaccia alla democrazia americana. Se la Harris vincerà otterrà un altro primato: quello di essere la prima donna di colore a sedere nello Studio Ovale.

La vicepresidente è finora l’unica candidata democratica dichiarata e in appena un giorno ha battuto il record di raccolta fondi, oltre 80 milioni; ha riportato nel partito i donatori che si erano allontanati; ha ottenuto il supporto di governatori ed ex presidenti e oltre 1340 delegati si sono schierati al suo fianco: ne mancano ancora oltre 600 per arrivare ai 1976 che gli garantirebbero la nomination democratica. Se la vicepresidente toccherà quella soglia, sarà la prima donna afroamericana a guidare i Democratici.

La biografia di Kamala racconta una realtà presente negli Usa
Nata a Oakland, in California, da genitori riconosciuti come attivisti per i diritti civili, racconta spesso di aver partecipato alle manifestazioni già in passeggino e di essere cresciuta con adulti “che passavano tutto il tempo a marciare e a gridare per la giustizia”. Quando i genitori hanno divorziato, Kamala e la sorella Maya sono state cresciute dalla madre indiana, mentre il papà era giamaicano. È cresciuta nell’induismo e nel cristianesimo: il primo ereditato dalle radici, il secondo conosciuto attraverso una vicina di casa che la portava spesso alla Chiesa di Dio della 23esima Avenue a Oakland.

Harris si considera una battista nera ed è sposata con Douglas Emhoff, un avvocato di Los Angeles ebreo. La sua biografia etnica, religiosa e culturale racconta una realtà molto presente negli Stati Uniti, ma spesso poco rappresentata a livello politico.

La laurea in giurisprudenza e la scelta della carriera di pubblico ministero sono state un risvolto anche dell’impegno sociale respirato in famiglia, il suo ruolo di procuratore distrettuale di San Francisco e poi quello di procuratore generale in California hanno mostrato il suo volto battagliero, al punto che lo stesso Donald Trump ne ha finanziato la campagna.

Fonte: Santalessandro