4 marzo 1943. Nasce Lucio Dalla


di redazione

Dice che era un bell’uomo / E veniva, veniva dal mare / Parlava un’altra lingua però sapeva amare / E quel giorno lui prese mia madre sopra un bel prato /
L’ora più dolce prima d’essere ammazzato…

4 marzo 1943 è la data di nascita di Lucio Dalla ed anche il titolo di una delle sue più celebri canzoni.

Per uno strano scherzo del destino il 4 marzo è anche la data in cui, nel 2012, fu  celebrato il suo funerale, nella basilica di San Petronio della sua Bologna, dove era nato. Quel giorno in “Piazza Grande” (Piazza Maggiore) c’erano 50mila persone a salutarlo.

Lucio Dalla è stato un genio della musica italiana, un musicista completo, cantautore eclettico, un grande sperimentatore, sempre alla ricerca di nuovi stimoli, Nato come jazzista ha percorso tutta la strada che lo condotto fino al pop.

Lucio era cresciuto nella sua città natale. Dopo la morto del padre, nel 1950 fu mandato a studiare al Collegio Vescovile Pio X di Treviso, ma nell’adolescenza tornò a Bologna. Non fu mai ciò che si dice “uno studente modello”, finite le scuole dell’obbligo, iniziò a studiare ragioneria, per passare poi al liceo classico e infine al linguistico.

A dieci anni ricevette il suo primo clarinetto, che imparò a suonare da autodidatta, poi venne la fisarmonica, ma presto si  appassionò alla musica jazz.

E le sue qualità emersero subito, già dagli inizi in una una jazz-band emiliana, quando ebbe la fortuna di incontrare il leggendario trombettista Chet Baker, che all’epoca viveva a Bologna e di esibirsi alcune volte insieme a lui.

Lasciata Bologna per trasferirsi a Roma, Lucio continuò a formarsi come jazzista di straordinario talento. Divenuto leader del gruppo Flippers, nella capitale cominciò a farsi notare con i suoi gorgheggi.

Fu Gino Paoli a convincere il giovane Dalla ad abbandonare il gruppo per seguitare la strada del successo da solista. Il primo disco a 45 giri lo incise nel 1964, a 21 anni. Nel 1966 uscì il primo album e giunse l’approdo al Festival di Sanremo con la sua prima hit, Paff…Bum!, dove tornò anche l’anno successivo con Bisogna saper perdere, insieme ai Rokes di Shel Shapiro.

Sarebbe tornato sul palco dell’Ariston soltanto nel 1971, con un brano che fece scalpore e segnò un’epoca: 4 marzo 1943. Fece discutere la censura esercitata sul testo della canzone ed anche sul suo titolo originale, Gesù bambino, fu ritenuto sconveniente.

L’anno dopo tornò ancora a Sanremo, con l’evergreen: Piazza Grande.

Lo straordinario successo di Lucio Dalla, anche grazie al connubio artistico con il poeta bolognese Roberto Roversi, e con musicisti come Ron,  si tradusse in una continua ricerca di rinnovamento, che generò per lui una nuova vita artistica.

Gli anni Ottanta del Novecento furono un decennio straordinario per Lucio, che tenne anche una serie di concerti negli Stati Uniti, culminata in un evento speciale al Village Gate di New York, il 23 marzo 1986. Da tale concerto venne estratto il doppio album live DallAmeriCaruso, che lanciò il brano inedito Caruso, dedicato al grande tenore Enrico Caruso, un pezzo che rese universale  il successo di Dalla.

Da allora la carriera del musicista bolognese non ha fatto che passare da un trionfo dopo l’altro, negli anni Novanta maturò la sua definitiva conversione al pop d’autore, Attenti al lupo fu il brano di maggior successo di quella stagione.

Nel 1999 ricevette la laurea honoris causa in Lettere e filosofia dall’Università di Bologna.

La sua irrefrenabile voglia di sperimentare strade nuove lo portò, negli anni Duemila, ad avvicinarsi al mondo della lirica e della musica classica.

La morte, prematura, lo colse all’improvviso il 1° marzo 2012. Rimase fulminato da un infarto mentre si trovava in un albergo a Montreux, in Svizzera, mancavano tre giorni al suo 69esimo compleanno.

Credente e cattolico, uomo di sinistra, Dalla era gay ma non fece mai coming out, solo rari e discreti accenni alla sua sessualità.

L’impresa eccezionale, dammi retta, è essere normale” diceva il suo “Disperato erotico stomp”. Ma Lucio non riuscì mai in quest’impresa, perché la sua musica, la sua arte, la sua vita furono, e resteranno per sempre, straordinarie.