Lo sbarco di Anzio


Lo sbarco di Anzio

Churchill disse che pensava di aver lanciato un gatto selvatico e invece si era ritrovato con una balena arenata. Se la prese con le indecisioni del generale Lucas, che perse il posto, “assolto” però da Kesselring che su ordine di Hitler contrattaccò sfiorando la vittoria

AGI – Il gatto selvatico si era rivelato una balena spiaggiata: nella metafora di Winston Churchill tutta la delusione per una delle occasioni perdute dagli anglo-americani per dare un svolta alla Campagna d’Italia incanalata dai tedeschi sulla “Guerra del centimetro” e divenuta per gli Alleati “Tug of war”.
All’alba del 22 gennaio 1944 una flotta di oltre 200 navi appartenenti alle marine da guerra statunitense e britannica, ma anche francese, olandese, greca, polacca, agli ordini del contrammiraglio Frank J. Lowry, effettuava uno sbarco in grande stile a nord e a sud di Anzio. Churchill ne informava in tempo reale Stalin, parlando di «grande attacco contro Roma del quale vi parlai a Teheran», ovvero nella conferenza di fine novembre 1943, e auspicando di potergli fornire a breve buone notizie. Aveva voluto lui quello sbarco, per aggirare le difese tedesche tenacemente impegnate a Montecassino, e per disimpegnarsi dal già previsto sbarco in Normandia.
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I tedeschi erano stati messi in preallarme il 18 gennaio, in previsione di un attacco dal mare, il giorno dopo che gli inglesi avevano superato il fiume Garigliano, ma il contrattacco della Wehrmacht aveva spento entusiasmo e velleità sul fronte di Cassino, lungo la Linea Gustav. Lo Stato maggiore del Feldmaresciallo Albert Kesselring temeva che l’utilizzo delle riserve avrebbe scoperto la via di Roma in caso di una temuta operazione anfibia. Il 20 il generale Mark Clark ordinò al generale Geoffrey Keyes di passare il fiume Rapido, ma l’operazione si era risolta in un mezzo disastro per la 37ª divisione americana a causa della decisa reazione tedesca.
Il 21 lo stato d’allarme sulla costa era stato revocato e l’Operazione Shingle scatenata poche ore dopo aveva messo in crisi il quartier generale della Wehrmacht. Le poche batterie costiere e antiaeree erano state ridotte al silenzio e a metà mattinata la 3ª divisione americana aveva già costituito una testa di ponte profonda 5 chilometri, mentre la 1ª inglese, a nord, si estendeva su tre. Tra Anzio e Roma i tedeschi avevano in quel momento appena due battaglioni, un sottilissimo filo che poteva essere spezzato se solo gli americani se ne fossero accorti e avessero osato il colpo del k.o. Kesselring reagì dando subito il via libera alla prevista Operazione Richard, con lo spostamento di unità mobili che dovevano impedire il disastro strategico, bloccando nel frattempo la via dei Colli Albani con truppe corazzate, paracadutisti, carristi e persino personale di terra e unità combattenti della Luftwaffe.
In un giorno appena la testa di ponte alleata si estendeva su 25 km e 11 di profondità. In quel fazzoletto di terreno erano sbarcati 36.000 soldati del 6° corpo d’armata statunitense e un numero esagerato di mezzi a motore, per la maggior parte Jeep, che avevano ingolfato la spiaggia perche non si trovava chi li spostasse rapidamente. Non c’erano, nella prima fase, i carri armati che sarebbero stati invece decisivi per lo sfondamento. Sempre Churchill commenterà: «Quanti uomini teniamo a guidare o a custodire 18.000 autoveicoli in uno spazio tanto ristretto? Dobbiamo essere nettamente superiori quanto ad autisti, ma temo che il nemico abbia più fanteria di noi». E non sbagliava.
Le esitazioni degli alleati
Kesselring si era subito portato al fronte e aveva capito che il generale John P. Lucas col suo atteggiamento prudente aveva perso un’incredibile opportunità di far cadere Roma nelle sue mani e far crollare il fronte occidentale della Gustav con l’effetto sorpresa e un intero corpo d’armata ben equipaggiato alle spalle delle forze tedesche. Con l’arrivo in tutta fretta della XIV Armata del generale Ebehard von Mckensen i tedeschi avevano consolidato una linea di difesa che per di più forniva alle artiglierie un comodo e completo campo di tiro. Lucas, fedele agli inviti di Clark, si era limitato ad ammassare uomini e mezzi, memore di quanto accaduto a Salerno quando si era rischiato il rigetto a mare, ed era arrivato a poter contare su 70.000 uomini e poco più di 380 carri armati.
Churchill rimprovererà a Lucas di non essere andato oltre l’occupazione della testa di sbarco con veicoli e rifornimenti, col risultato che «l’occasione preparata con tanti sforzi era perduta per sempre». I tedeschi avevano sigillato la via di Roma ed erano pure in superiorità numerica, per quanto le loro otto divisioni fossero incomplete nei ranghi e non omogenee. Lo sbarco di Anzio-Nettuno (Yellow Beach e X-Ray Beach) poteva essere un punto di svolta e divenne invece per Adolf Hitler l’occasione di dimostrare che la Wehrmacht era ancora una temibile macchina di guerra, tanto da ordinare a Kesselring di contrattaccare. Un successo in Italia avrebbe avuto un effetto ritardante sui preparativi per l’apertura del secondo fronte in Francia.
Il contrattacco tedesco e le ragioni del suo fallimento
Il Führer chiese ai suoi soldati di combattere «con odio implacabile». Il 16 febbraio scatenerà il contrattacco sotto la sua diretta supervisione e solo su un fronte limitato, esattamente all’indomani del bombardamento alleato dell’abbazia di Montecassino. Ma il desiderio di vincere in tre giorni non si sarebbe mai realizzato. Il forte appoggio navale e aereo irrobustì infatti la difesa angloamericana e il 20 febbraio l’offensiva tedesca si fermò al prezzo di almeno 5.000 uomini, numero pressoché assimilabile alle perdite alleate.
L’area della testa di ponte era stata saturata dai tedeschi anche con migliaia di manifestini di propaganda su cui spiccava un teschio e la raggelante scritta “Beach-Head. Death’s Head!”. Ma per vincere ci voleva altro: forze e riserve che non c’erano, nonostante il parziale successo di un cuneo nello schieramento alleato di 5 km per 2 contro il quale gli Alleati fecero l’impossibile per evitare che la Wehrmacht raggiungesse la spiaggia. Con i tedeschi combattevano anche italiani dell’esercito repubblichino.
Il 22 febbraio Clark rimuoveva dal comando Lucas, imputandogli il fallimento strategico di sfondamento da parte della 5ª Armata, mentre Kesselring inviava il suo capo di Stato maggiore Siegfried Westphal a Berchtesgaden per spiegare a un furente Hitler i motivi che avevano impedito il successo tedesco: perdite enormi e truppe stremate. La rottura del fronte ci sarebbe stata solo a maggio con la vittoria polacca a Montecassino.
L’ingresso trionfale di Clark a Roma sarebbe passato in secondo piano per la quasi concomitanza del D-Day, lo sbarco in Normandia e l’apertura del secondo fronte. Churchill nelle ore successive all’Operazione Shingle aveva mandato note e telegrammi al generale Harold Alexander e a Maitland Wilson per stigmatizzare l’atteggiamento di Lucas, che sarà però difeso dal suo successore Lucien Truscott: «Senza una solida base per proteggere le spiagge sarebbe stato una follia spingersi verso i Colli Albani», conoscendo anche la risolutezza delle truppe tedesche.
Kesselring dichiarerà nel 1946 che se gli Alleati si fossero allargati sul territorio sarebbero stati fatti a pezzi, perché le forze da sbarco erano all’inizio deboli, solo fanteria e nessun carro armato, ma comunque gli angloamericani commisero l’errore di adottare «una mezza misura» come offensiva. L’immagine suggestiva di Churchill conteneva tutta l’Operazione Shingle: «Avevo sperato di lanciare sulla riva un gatto selvatico e invece ci siamo ritrovati con una balena arenata».

DI Marco Patricelli – fonte: AGI