“Putin può vincere in Ucraina. E la guerra sarà la nuova normalità in Europa”: parla lo storico Sebag Montefiore


“Putin può vincere in Ucraina. E la guerra sarà la nuova normalità in Europa”: parla lo storico Sebag Montefiore

Parla lo storico inglese, amico di Carlo III e letto da Putin: “L’Occidente deve armare l’Ucraina, se Kiev vince Putin è finito. Israele e Palestina devono iniziare i negoziati da subito, i due Stati sono l’unica via d’uscita possibile.
“Nel mondo è tornato a valere il volto violento del potere”. Putin “potrebbe vincere in Ucraina, e Kyiv avere nuovi confini”. Per questo le democrazie ”devono riprender fiducia e affrontare la Russia”. Perché alla fine “niente batte la libertà”. Mentre in Terrasanta il ritiro dei coloni con la creazione di una libera Palestina a fianco di Israele “è l’unica via per la pace”. L’intervista di Fanpage allo scrittore londinese
Guerre, relazioni tra Stati simili a quelle tra gangster, violenza nell’esercizio del potere: è un mondo brutto, quello su cui sta affacciandosi il 2024. Ma la situazione attuale “non è un eccezione: è la norma, nella storia dell’umanità”: è quanto dice a Fanpage.it uno dei più letti e rispettati autori di Storia in circolazione. Dopo ottant’anni di pace in Europa, chi la dava ormai per scontata era un illuso. Ora c’è il pericolo che le democrazie liberali “perdano il loro potere in una febbre di moralismo ipocrita e di disprezzo di sé”. Le società aperte, secondo Sebag Montefiore, “devono mobilitare il potere flessibile degli stati democratici, riconquistare la fiducia perduta”. E affrontare con coraggio i tiranni. Con la coscienza che “niente batte la libertà, e la capacità delle democrazie
Simon Sebag Montefiore ha studiato a lungo la Russia e il Medio Oriente. Ora ha scritto la storia del mondo. Già autore di libri di grande successo come i “I Romanov” e “Gerusalemme. Biografia di una città” , con la sua ultima opera è andato oltre: “Il mondo. Una storia famigliare” (Mondadori, 2023) è la storia degli esseri umani da un buon mezzo milione di anni fa a oggi. Dal punto di vista delle famiglie, delle dinastie. Di cui Sebag Montefiore, non certo solo perché buon amico di re Carlo III e consorte, sa molto. E lo sa raccontare. I grandi temi come la guerra, le epidemie e le migrazioni, si intrecciano con i tradimenti, le vendette e le tragedie private. L’affresco, attraverso le figure dei Cesari, dei Moghul, degli Han, dei Medici, dei Bonaparte, consente una prospettiva tutt’altro che ovvia sul tempo presente.

Simon, lei ha appena scritto un libro parecchio ambizioso: “Il mondo” in pratica è la storia del pianeta. Che è piena di catastrofi ma anche di umane speranze perfino nei tempi più bui. Come questi che viviamo. C’è qualche ragione, oggi per sperare?
Il mio libro è un atto d’accusa e al contempo una celebrazione della vita umana. È pieno di poesia, letteratura, arte, amore, gentilezza e creatività. Ma anche di uccisioni, torture e crudeltà. E di guerre. Perché la vita umana è un mix di entrambi gli aspetti. La violenza ne è parte integrante. Paradossalmente, poi, la guerra è un super propellente che accelera il cambiamento.

La violenza è sempre presente, insomma. Lei vede nero?
Se sono pessimista? Stranamente, in mezzo a tanta tragedia e oscurità, ho ancora fiducia nel genere umano.

È ancora possibile una soluzione al conflitto israelo-palestinese? Oppure c’è troppo odio, adesso?
Sì, l’odio adesso ci sta sopraffacendo. Ovunque. Questo era lo scopo dell’attacco di Hamas contro Israele: indignare così tanto gli israeliani da fargli perdere l’approvazione mondiale a causa della loro reazione furiosa. E da fargli intraprendere, per distruggere Hamas, una guerra urbana che sacrificasse così tanti civili da rendere impossibile ogni compromesso. Piango i civili di entrambe le parti; il raid assassino di Hamas è stato così feroce e così perverso da collocare la stessa Hamas fuori dal consesso e dalla protezione del mondo fondato sulle regole. Penso che Israele abbia il diritto di distruggere Hamas e debba farlo, ma i suoi bombardamenti hanno ucciso una quantità enorme di civili e questa è una cosa che aborrisco.

Per il 2024 dobbiamo aspettarci ancora violenza o si può sperare nell’inizio di un processo di pace?
Entrambe le parti sono così traumatizzate che ci vorrà molto tempo prima che vogliano prendersi rischi politici. Ma devono comunque iniziare subito i negoziati per un accordo a due: tra Israele e Palestina. E intraprendere quindi immediatamente la strada per la creazione di uno Stato palestinese. Sia israeliani che palestinesi dovranno avere una nuova leadership. Ci vorrà del tempo. Ma non c’è altra via che quella di due repubbliche affiancate, con la sicurezza di entrambe garantita. D’altro canto, dopo il massacro di Hamas, non ci si può aspettare che Israele vada molto avanti in questa direzione se i palestinesi non dimostreranno la volontà e anche la capacità di rispettare una simile soluzione.

Quindi secondo lei la soluzione dei “due Stati” resta realistica?

Non esistono soluzioni alternative?
No.

Lei ha scritto su The Atlantic che la narrativa della decolonizzazione, utilizzata dagli attivisti pro-Palestina è “falsa e pericolosa”, perché non descrive né la tragedia palestinese né su cosa si fonda Israele. Che esprime una società “multipla”, diversa da quella tipica dei “bianchi colonizzatori”. La narrativa in questione, poi, sempre secondo lei, finisce per giustificare mattanze come il 7 ottobre, corretto?
Quell’articolo dice anche molte altre cose.

Ma le azioni violente contro i palestinesi in Cisgiordania non devono esser fermate? L’esercito israeliano non deve smettere difendere i coloni? Il diritto internazionale non deve valere, per Israele?
La risposta alle sue tre domande sono tre sì senza alcun indugio. Su The Atlantic ho spiegato perché ritengo negativa una specifica narrativa. Ma ho anche sostenuto, in modo molto chiaro, proprio queste tre cose: che i coloni della Cisgiordania sono colonizzatori e nell’ambito di un processo di pace tra Israele e Palestina dalla Cisgiordania devono andarsene di corsa; che finché persiste l’occupazione, Israele deve proteggere i palestinesi; e che Israele deve rispettare il diritto internazionale.

Anche molti attivisti palestinesi “non violenti” sono restii a pronunciare una condanna esplicita di Hamas per il 7 ottobre: dicono che anche solo chiedere loro una condanna è una forma di “razzismo occidentale”. Hanno ragione o torto?
Si sbagliano. La vita civile è sacra e deve essere protetta. E poi perché Israele dovrebbe assumersi dei rischi per arrivare alla pace — come certo deve fare — se le milizie palestinesi vengono in qualche modo legittimate a ripetere il 7 ottobre? Questo atteggiamento non è solo ripugnante, ma significa anche che non ci sarà mai pace.

Da una guerra all’altra: Putin in Ucraina sta vincendo?
È possibile. L’attuale stallo gioca a suo favore.

Nel 2024 vedremo l’avvio di negoziati tra Mosca e Kyiv?
Forse. Lo stallo potrebbe portare a trattative che comporterebbero nuovi confini per l’Ucraina. Potrebbe venir fuori qualcosa di simile alla divisione della Palestina tra Israele e arabi nel 1948/49. (divisione che restò sulla carta perché poi non nacque lo Stato della Palestina, ndr). O alla spartizione di territori tra India e Pakistan dopo la fine della dominazione britannica. Poi l’Ucraina, seppur ridimensionata, potrà svilupparsi come democrazia europea. Ma certo questa è solo un’ipotesi. Se Kyiv ottenesse un grosso successo sul campo di battaglia, Putin sarebbe finito. Se l’Occidente continuerà ad armarla, l’Ucraina potrebbe ancora vincere.

E la guerra, per ora solo ideologica, contro quello che il Cremlino definisce come “Occidente collettivo”? Putin la sta vincendo? Il Sud del mondo è con lui? Che devono fare le democrazie liberali per contrastare l’offensiva?
Le società aperte devono mobilitare il potere flessibile degli stati democratici, riconquistare la fiducia perduta e armare l’Ucraina e altri alleati per affrontare la Russia putinista.

Nel suo ultimo libro ha scritto: “L’invasione dell’Ucraina da parte di Putin non è un nuovo modo di esercitare ed espandere il potere […], è un ritorno alla normalità in un modo che i “principi” di questo libro – signori della guerra, re e dittatori – troverebbero routine:il normale disordine è tornato ad agire” . Vuol dire che le attuali “thug IR” le relazioni internazionali sempre più violente e banditesche, sono del tutto normali?
Sì, questo è un ritorno al modo tradizionale di acquisire ed esercitare potere.

Dopo quasi 80 anni di pace, l’Europa è tornata ad essere “il luogo della guerra”. La guerre potrebbe essere la nuova normalità, nel nostro continente?
Sì, potrebbe essere la nuova normalità.

Autoritarismo e totalitarismo sono vincitori, nella storia del Mondo? La “fuga dalla libertà” è parte integrante del genere umano? Oppure le idee liberali sono alla fine la carta vincente?
Nessuna delle due. Non è per forza in un modo o nell’altro. Le due cose hanno sempre agito in parallelo e spesso hanno formato degli ibridi. Ma le società democratiche del mondo aperto hanno perso la fiducia in loro stesse. E c’è il pericolo che perdano il loro potere in una febbre di moralismo ipocrita e di disprezzo di sé. D’altra parte, niente batte la capacità delle democrazie di mettere in campo il proprio genio. Niente batte la libertà.

Perché i dittatori amano la Storia?
I dittatori aspirano al nudo potere dei primi conquistatori. Ecco perché studiano la Storia. Sono solitamente appassionati della materia. Spesso addirittura pedanti. Non ha forse voluto darci la sua lezione di storia, per metà farsesca e per metà disgustosa, anche il macellaio Bashar Al Assad (il dittatore siriano, in un discorso del 20 dicembre 2023, ha affermato che “non ci sono prove” dello sterminio di sei milioni di ebrei durante l’Olocausto e che gli Usa “hanno sostenuto il nazismo nel dopoguerra”, ndr).

Ma è vero che Putin legge i suoi libri, Simon?
Confermo. Ha letto il mio libro su Caterina la Grande e Potemkin. Visto che furono loro a conquistare Ucraina e Crimea, immagino che cercasse qualche dritta.

L’ideologia messa insieme dal regime è abbastanza forte da sostenere Putin al potere per sempre? Il “putinismo” rende davvero Putin forte?
No, ha costantemente bisogno che si prendano nuovi rischi, che si facciano nuove scommesse. Per questo, le guerre. Ma c’è un punto importante a favore di Putin: i russi sono disposti a subire perdite maggiori in guerra, rispetto ai cittadini di altre nazioni.

La capacità dei russi di subire è quindi un plus, per il regime. Cosa si aspetta dalle presidenziali russe del marzo 2024? Putin vincerà per forza, ma con quali percentuali?
Stravincerà. E regnerà così a lungo da battere il record di Stalin (il dittatore sovietico governò per trent’anni, dal 1922 al 1952. Putin finora è al potere da quasi 24 anni, considerando anche il periodo in cui passò la presidenza a Dmitry Medvedev ma restò di fatto il leader della Russia, ndr).

Il regime di Putin finirà?
Tutto è possibile. Se viene sconfitto, cadrà. E la caduta degli zar sconfitti è una faccenda parecchio caotica. Se invece esce dalla guerra con una situazione di stallo o con una vittoria, governerà finché la salute glielo consentirà.

La Russia potrebbe mai essere un paese “normale”? La democrazia è preclusa in Russia? Ci sono ragioni storiche che la rendono impossibile?
Nessuna ragione storica. Un russo potrebbe godere della democrazia come chiunque altro. Ma ha una specie di riflesso automatico a cercare rifugio nella dittatura.

Srivere un libro come “Il mondo” è un’impresa gigantesca. Deve essere stata dura, in termini di energie, tempo impiegato e così via. Chi glielo ha fatto fare?
Era un progetto folle. Siccome lo cercavo e non l’ho trovato, ho voluto scrivere un libro di storia che combinasse l’arco della storia mondiale con l’intimità della biografia. E poi ho capito che la famiglia, l’unità fondamentale della vita umana, era un modo perfetto per farlo. È un nuovo tipo di storia mondiale, nessuno ha mai scritto un libro del genere prima. La Storia è raccontata attraverso famiglie e personaggi in un’unica narrazione. Ci sono tutti i continenti, tutti i tempi, tutti i luoghi. Dall’età della pietra a quella dei droni. Mi ha quasi ucciso scriverlo, ma è il libro di cui sono più orgoglioso.

Ma dopo aver studiato tutta la storia dell’umanità e aver scritto questo libro, davvero crede ancora nel futuro del genere umano?
Sì, ci credo ancora. Ma del resto sono un incorreggibile ottimista, no?

A cura di Riccardo Amati

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