Ethel Anderson


Di Michela Salani fonte@enciclopediadelledonne

Ethel Anderson nasce a Leamington, in Inghilterra, nel 1883 da genitori australiani: Cyrus Mason, allevatore di bestiame, e Louise Campbell. Tornerà però a vivere in Australia a Picton, nel Nuovo Galles del Sud, e poi a Sydney.

Ethel è una ragazza minuta e aggraziata, ha un gusto particolare per la vita e uno spiccato sense of humor. A ventuno anni sposa Austin Thomas Anderson, ufficiale inglese che presta servizio nell’esercito indiano; tre anni dopo dà alla luce Bethia, la sua unica figlia (che nel 1992 curerà la biografia dei genitori nel volume Ethel and the Governors’ General).

Per seguire il marito nei suoi incarichi, lascia l’Australia per vivere in India e, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, in Inghilterra. Qui frequenta corsi di disegno ed espone le prime opere. Anderson ha ricevuto una buona istruzione: conosce un po’ di greco e molto bene il latino; ha una discreta conoscenza della letteratura inglese e francese.

Col passare degli anni Ethel si distingue come acuta critica d’arte, mentre approfondisce la passione per la pittura e il pianoforte. In Inghilterra frequenta il Cambridge Group e fonda il Young Worcestershire Arts and Crafts Club. Diventa una delle maggiori sostenitrici dell’arte moderna, conosce diversi artisti e sostiene la loro arte scrivendone recensioni in riviste e quotidiani come «Art in Australia», «Home», «Sydney Morning Herald», «Australian Quartely» e «Undergrowth». Organizza per loro mostre sia presso la propria abitazione che in altre sedi.

Ethel non farà ritorno in Australia finché suo marito non si ritirerà dall’esercito nel 1926. Rientrata quindi in terra australiana, fonda il Turramurra Wall Painters Group, cui vengono commissionati affreschi per cinque chiese locali: tra queste si ricorda la cripta della Chiesa di St. James a Sydney, in particolare la Children’s Chapel, in cui gli artisti raffigurano il canto natalizio inglese I saw three ships. Decidono però di ambientarlo nel porto di Sydney, servendosi degli scatti del famoso fotografo locale Harold Cazneaux per dipingere i particolari del porto e dei dintorni, e rendere il paesaggio familiare ai bambini che avrebbero visitato questa parte della cripta.

Negli anni della vecchiaia, Anderson viene colpita da una forte sordità. Durante i loro incontri nel salotto pieno di oggetti collezionati in India, John Douglas Pringle osserva divertito come Ethel utilizzi un grosso corno acustico d’argento, adorno spesso di nastri di stoffa intonati al vestito, e annota come, nel momento in cui si stanca di ascoltare o vuole prendere la parola (ovvero il più delle volte), si tolga semplicemente il cornetto acustico, “spegnendo” l’interlocutore. Ma le conversazioni con lei sono sempre briose, erudite e pertinenti.

Anche se ama i suoi amici, non si perde in dimostrazioni di affetto, non si dimostra né dolce né gentile: preferisce osservare con distacco e interesse al tempo stesso. Nel 1949 muore il marito e lei, rimasta praticamente senza soldi, si dedica alla scrittura per assicurarsi un’entrata economica. Ethel Anderson muore a Turramurra nel 1958.

L’aver passato un lungo periodo in Inghilterra e in India può aver dato vita a risentimenti e incomprensioni nei colleghi australiani, pronti a rinnegare qualunque scrittore avesse avuto l’ardire di vivere oltreoceano1. Inoltre, l’essere moglie di un ufficiale inglese, salito al grado di Generale di Brigata e poi di Segretario Privato e Controllore del Governatore Generale, suscitò scetticismo e diffidenza nei confronti della sua opera: “Gli australiani ritenevano che chiunque passasse gran parte della sua vita sociale intorno al palazzo del governo non potesse essere una scrittrice seria (lei lo era), tanto meno, quando suo marito morì nel 1949, che dovesse scrivere per guadagnarsi da vivere (lei lo fece)”2. Il suo atteggiamento può forse aver favorito l’idea di una grande dame aristocratica, ma chi le faceva visita negli ultimi anni passati a Turramurra, rimaneva colpito da questa signora deliziosa e divertente. In realtà, Anderson era sia un’intellettuale eclettica che amava vivere circondata da funzionari, scrittori e artisti, che recensiva e promuoveva, sia una scrittrice acuta e dalla particolare forza lirica. Anderson ha pubblicato due libri di poesia, Squatter’s Luck (1942) e Sunday at Yarralumla (1947), due raccolte di saggi, Adventure’s in Appleshire (1944) e Timeless Garden (1945), e tre di racconti, Indian Tales (1948), At Parramatta (uscito tra il 1950 e il 1955 sul «Bulletin» e pubblicato in volume nel 1956) e The Little Ghosts (1959). Ha curato il libro di memorie del marito sulla Prima Guerra Mondiale, History of the British in India, raccogliendo informazioni dai diari di Austin e dalle lettere inviatele. Nel 1973 J.D. Pringle ha pubblicato The Best of Ethel Anderson, una scelta di racconti tratti dalle ultime tre raccolte pubblicate.

Ethel Anderson si considerava prima di tutto una poeta. Le sue poesie sono permeate da uno stile altamente personale: la sperimentazione di rime e metri è incessante. In Squatter’s Luck e in Sunday at Yarralumla adatta le egloghe bucoliche alla campagna australiana, nel tentativo di cogliere la bellezza di quel paesaggio profondamente amato, offrendone un ritratto a coloro che non lo conoscono o non lo apprezzano abbastanza. I versi sono raffinati, eleganti e al contempo freschi e semplici. Ciò nonostante Anderson non è riuscita a trovare piena realizzazione in questo genere, arrivando a uno stile che sentisse propriamente suo: è nella prosa, infatti, che è riuscita a dare vita agli aspetti più distintivi della sua opera.

Nei racconti traspare la ricerca di uno stile che riesca a esprimere al meglio la sua potenza lirica. La sua prosa è un amalgama di fantasia e commedia, caratterizzata da un’arguzia particolare e da un sottile sense of humor. Nonostante i temi possano apparire frivoli, Adventure’s in Appleshire, ambientato nel Warwickshire, in Inghilterra, non manca di sorprendere per le descrizioni liriche della natura e le osservazioni divertite delle ossessioni umane. In Indian Tales (la raccolta da cui, dopo la sua morte, saranno estratti cinque racconti che, aggiunti a nove storie inedite tutte ambientate in India, verranno pubblicati con il titolo The Little Ghosts), prende spunto dall’esperienza vissuta in India e mostra tutto il suo interesse per questo paese, soprattutto per le figure dei ragià e delle loro mogli, meno per i poveri e gli emarginati.

Come nella vita privata, anche nei racconti Anderson non ama perdersi in profusioni di affetto e non prova nessuna simpatia per i lavoratori sfruttati in India o per i forzati dei racconti australiani. Indugia piuttosto in descrizioni minuziose, in cui le condizioni altrui vengono osservate con occhio analitico e distaccato. I racconti sono scritti con perspicacia e ironia, i commenti sono acuti e sobri. Sebbene possano sembrare un po’ datati nella visione sociale, riescono a evocare riccamente il sapore della vita indiana. At Parramatta è la raccolta dove l’arte di Anderson raggiunge la maturità. Sono racconti in cui si fondono intuizione e poesia, satira e immaginazione. Ambientato nella campagna che circonda la città di Parramatta all’epoca della Guerra di Crimea, il libro si situa a metà tra romanzo e raccolta di short stories: ogni storia è conclusa in sé e al tempo stesso collegata alle altre, grazie al ricorrere dei personaggi in ognuna di esse. La trama subisce quindi uno sviluppo: le ragazze protagoniste di queste short stories crescono, si sposano e hanno figli. Anche in questa raccolta è evidente l’amore della scrittrice per il paesaggio australiano e l’interesse per le assurdità del comportamento umano che scandaglia con minuzia. Tutte le immagini vengono osservate con occhio attento anche ai più piccoli dettagli, che uno sguardo distratto potrebbe reputare insignificanti, ma che alla fine riescono nell’intento di dare vita a quadri precisi, accurati e concreti, arrivando quasi, nelle descrizioni, a una sorta di pedanteria. Ogni oggetto, albero o frutto, viene infatti nominato con il suo nome esatto: ad esempio, non scrive mai di generiche pere, bensì di jargonelle, bergamotte o pere golden di Xaintonge. La figlia Bethia scriverà che Ethel colleziona parole come un naturalista colleziona farfalle3. Nei racconti, la frase è sempre vivida e precisa, la scrittura fresca. L’arguzia è delicata, ironica e a volte sottilmente acida. Sia nella narrativa che nei saggi, il potere lirico di Ethel Anderson è sorprendente.

A differenza di altre donne vissute in Australia, Anderson non ha dovuto preoccuparsi della situazione economica familiare, di affrontare una crudele condizione di isolamento nel bush australiano o di lottare per emanciparsi come nel caso delle protagoniste delle opere di Miles Franklin. Come moglie di un ufficiale, ha goduto di una condizione privilegiata che le ha permesso di coltivare interessi diversi, dalla pittura, alla scrittura, all’organizzazione di mostre d’arte. La sua esistenza e la sua narrativa non hanno nulla dei tratti cupi e violenti delle short stories di Henry Lawson o Barbara Bayton. Le donne descritte nei suoi racconti non soffrono dell’abbandono, della solitudine e della crudeltà di cui potevano spesso essere vittime al tempo. Anderson sfrutta la short story, il genere privilegiato alla fine dell’Ottocento, e il realismo, uno dei caratteri distintivi della letteratura australiana, per scandagliare le stranezze della natura umana e la bellezza del paesaggio, al contrario di scrittori a lei contemporanei che li utilizzano come mezzo di denuncia sociale. Forse gli anni vissuti lontano dalla realtà australiana hanno portato Ethel ad apprezzare maggiormente la natura dell’isola e a portare con sé un ricordo positivo del periodo della giovinezza passata nel Nuovo Galles del Sud. Anche se i racconti non sono certo nostalgici, durante la lettura risulta evidente il legame affettivo che la unisce a questa terra. La natura viene per lo più rappresentata nelle piccole realtà dei giardini, che Ethel adora e di cui descrive fiori, frutti e alberi con l’occhio dell’artista: piccole pennellate danno vita a quadri vividi e accurati. Nelle opere di Anderson non si ritrova quindi nulla di quell’Australia percepita come luogo di punizione, come invece accade in molti autori australiani.

Anche se le sue opere possono essere sembrate frivole ai realisti socialisti del tempo, un lettore attento non mancherà di notare come Anderson riesca invece ad analizzare in modo brillante e raffinato i ruoli di genere e la conformità dell’uomo australiano all’immagine ufficiale modellata su posizioni europee ottocentesche4. Anderson assume quindi nei racconti un punto di vista chiaramente moralista (ricordiamo come il Dr. Boisragon in At Parramatta incarni l’avidità nell’organizzazione patriarcale). Si è portati a pensare che lo stile acuto e affettato sia in verità teso a rivelare la società che descrive, le crude realtà che si intravedono dalla superficie scintillante della prosa. Mentre gli uomini rimangono figure fondamentalmente libere, le donne tentano di ribellarsi alla loro posizione che rimane alla fine subordinata. Da un lato la sua opera si avvicina al realismo per alcune ambientazioni, ma dall’altro costituisce quanto di più lontano si possa immaginare da questa corrente letteraria: le storie originali, l’ironia eccentrica, lo stile elaborato e quasi fantastico, lo sguardo attento rivolto alle strutture sociali, ne segnano l’allontanamento, così che le opere di Anderson non trovarono un terreno comune da condividere con gli scrittori a lei contemporanei e vennero dimenticate dai più. Alcuni critici, come Angela Smith, ritengono che Ethel Anderson meriterebbe di trovare maggiore spazio nelle antologie di letteratura australiana (che spesso ignorano la sua opera o le riservano poche righe) e che le sue raccolte di short stories dovrebbero essere riconosciute come un classico, seppur minore, della letteratura australiana.

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